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Gaeta e Sperlonga: falesie storiche vista mare

Anche Adam Ondra ha arrampicato su queste pareti, tra le più apprezzate dell’Italia centrale per varietà e panorami. E, soprattutto, favorite da un buon clima per tutto l’anno

È un giovedì di ottobre e le temperature sono assolutamente estive: quale momento migliore per mettere le mani sul calcare lavorato dal mare di Gaeta e Sperlonga? A metà tra Roma e Napoli, questa zona offre tutto quello che si può chiedere a un weekend autunnale di arrampicata: ottima roccia, il mare in cui tuffarsi dopo una giornata di scalate, e il sole che non manca mai.

Sperlonga non tradisce: qui c’è un clima a sé, d’inverno capita spesso di partire da Roma con nebbia e pioggia, arrivare qui e scalare col sole”, parola di Carmela Malomo, romana, assidua frequentatrice delle falesie della zona. “Nel Lazio non c’è di meglio per arrampicare. Qui tra Gaeta e Sperlonga si possono trovare vie tecniche e mai banali, per divertirsi con una scalata interessante e assolutamente non ripetitiva su placche lavorate dal sole e dal vento. Tuttavia, il principiante dell’arrampicata dovrebbe farsi accompagnare da qualcuno di più esperto. Infatti, la chiodatura da anni ’80 rende necessaria una certa sicurezza sul grado, onde evitare spiacevoli esperienze sopra il rinvio”, continua Malomo.

A lei abbiamo chiesto quali sono le tre falesie da non perdere. Eccole.

Grotta dell’Arenauta, il “grottone”

Questa falesia di Gaeta, scoperta e chiodata da Federico d’Isep, è un’immensa grotta naturale, caratteristica che le è valso il soprannome di “grottone”. Le vie sono tutte strapiombanti e ingaggiose, e non c’è neanche una singola presa scavata. “Si tratta di una falesia internazionale frequentata addirittura da Adam Ondra, che è un purista dell’arrampicata e scala solo su vie 100% naturali e senza prese scavate. È un ottimo posto per scalare se ce lo si può permettere, perché il grottone è abbastanza selettivo come grado. Tuttavia si trova sulla spiaggia e vale la pena anche solo visitarla prima di fare un bel bagno”, racconta Carmela.

Parete del Chiromante

Una falesia nel cuore della Sperlonga classica, con vie più agevoli rispetto al grottone. La parete del Chiromante si trova sotto alla piana di Sant’Agostino: sull’enorme parete, alta fino a 300 metri e attraversata da cenge, esistono molte falesie distribuite su più livelli. “Qui sono state scritte pagine epiche dell’arrampicata romana degli anni ’80. Su queste pareti la Guida Alpina Paolo Caruso ha piantato il primo fix su una parete di roccia. All’inizio si chiodava con parsimonia, fino ad arrivare alla chiodatura moderna molto più ravvicinata”, continua Malomo.

Su questa placca, chiodata per la prima volta negli anni ’80 dai top climber romani Stefano Finocchi e Andrea di Bari con i rispettivi seguiti, trovano spazio vie dal 5b al 7c. Tuttavia, “le vie sopra il 6b hanno poca continuità, ci sono passaggi boulderosi e difficili ad alzare il grado seguiti poi da sezioni molto più facili”, commenta Carmela. Qui è stato aperto il primo 7a del centro Italia, liberato da Stefano Finocchi.

Quanto al nome, “il chiromante era Guido, padre del mozzarellaro di Gaeta”, racconta ancora Carmela. “Sosteneva di possedere doti magiche, come quella di prevedere alle madri il sesso del nascituro. In suo onore è stato dato questo nome a una delle più spettacolari pareti di Sperlonga classica”. Questa falesia, come le altre della zona, è manutenuta da pochi volontari a proprie spese: tra questi Bruno Vitale, Luigi Filocamo, Bruno Moretti e diversi loro amici.

Monte Moneta

Le pareti del Monte Moneta, in particolare la storica falesia dei Tetti Rossi, sono il luogo dove si è sviluppata l’arrampicata successiva a quella sulla parete del Chiromante. “I Tetti rossi si vedono dalle finestre del ristoro da Guido, il punto di ritrovo dei climber locali. Guido sarebbe il famoso chiromante, e il ristoro è tenuto dal figlio Bruno, che ricorda sempre di aver visto Adam Ondra bambino, portato dalla sua mamma a scalare a Sperlonga.” Sul Monte Moneta sono presenti moltissime falesie con più di 250 monotiri per ogni stagione, e anche diverse vie multipitch. I primi tiri impegnativi sono stati aperti negli anni ’80, quando soprattutto grazie all’avvento degli spit e delle tecniche di chiodatura dall’alto un gruppo di giovani scalatori ha contribuito allo sviluppo del free climbing in Lazio.

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