Itinerari

Facile, ma lunga, escursione alla Cascata dell’Acquacheta

Si trova nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi il salto d’acqua di 90 metri cantato anche nella Divina Commedia

“Come quel fiume c’ha proprio cammino
prima dal Monte Viso ‘nver’ levante,
da la sinistra costa d’Apennino,

che si chiama Acquacheta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,

rimbomba là sovra San Benedetto
de l’Alpe per cadere ad una scesa
ove dovea per mille esser recetto;

così, giù d’una ripa discoscesa,
trovammo risonar quell’acqua tinta,
sì che ‘n poc’ora avria l’orecchia offesa”

È stato Dante Alighieri che ha fissato la cascata dell’Acquacheta nella storia dedicandole questi versi  nel XVI canto dell’Inferno della sua Divina Commedia.

Il poeta tra la primavera del 1302 e quella dell’anno seguente passò più volte accanto alla cascata  rimanendo colpito dal fragore della caduta nei momenti di piena, tanto da cantarne il rombo per descrivere l’assordante cascata del Flegetonte, il fiume che separa il settimo dall’ottavo cerchio dell’inferno.
Questo ormai immortale salto d’acqua alto 90 metri (e con un salto principale di 70) si trova nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, conosciute per la natura rigogliosa e a tratti selvaggia. E’ alimentato dal torrente Montone, che a sua volta raccoglie le acque del torrente Acquacheta e del Troncalosso.

Un percorso emozionante e senza difficoltà

(750 m di dislivello, 7 ore a/r, E)

Il punto di partenza è dal Passo della Peschiera, che si raggiunge superando San Benedetto in Alpe e proseguendo verso Marradi. Se non si riesce a raggiungere il passo o non si trova uno spazio per il parcheggio, basta spostarsi di alcune centinaia di metri per trovare alternative lungo la strada.

Si parte seguendo il segnavia CAI 555 oltrepassando una sbarra, su un primo breve tratto asfaltato. Dopo alcune centinaia di metri il percorso diviene sterrato. Raggiunto il bivio si prende a sinistra sul sentiero CAI 429. E’ una strada forestale ai cui margini  si incontrano frequentemente animali al pascolo. La presenza di bestiame nell’area spiega i diversi cancelli piccoli e grandi che si incontrano sul percorso.

Si raggiunge Poggio dell’Inferno da cui la visuale si apre sulla vallata del Fosso di Cà del Vento da un lato e del Fiumicino dall’altro:  non c’è nulla di infernale, anzi, si gode di un panorama notevole. Il percorso prosegue sviluppandosi tra boschi di querce e carpini da cui improvvisamente si esce per ritrovarsi in ampie radure erbose. Il sentiero scende rapidamente fino ad arrivare alle case di Pian Baruzzoli (o Baruccioli).
Giunti a questo gruppo di case, che erano dei ruderi solo pochi decenni fa, si può fare un’esperienza del tutto inattesa ma molto interessante. Dal 1977 una comunità di agricoltori, detti i “ragazzi di Piamba”, ha iniziato a restaurare e a vivere in queste abitazioni di sasso, sull’esempio del movimento rurale degli “Zappatori senza padrone” (sorto nel ‘600 in Inghilterra intorno alla figura di Gerrard Winstanley). Vivono solo dei prodotti che coltivano, rinunciando alla corrente elettrica e ai molti confort da 46 anni, lontani da ogni forma di consumismo. C’è chi si occupa degli animali, chi segue l’orto: sono tutti impegnati nei loro lavori ma sempre pronti a rispondere con il sorriso a chi passa e chiede indicazioni sul percorso. 

Proseguendo oltre si superano prima campi coltivati e poi sempre in discesa boschi di aceri e sambuchi, fino ad arrivare al punto di congiunzione con il Sentiero Natura che inizia da San Benedetto. Da qui si inizia a udire distintamente e sempre più intenso il suono della cascata: fa un certo effetto pensare che Dante 700 anni fa udiva lo stesso fragore. In pochi minuti si arriva al belvedere, un punto panoramico posto esattamente di fronte al salto maggiore della cascata, detta anche la “Caduta”.

Il flusso d’acqua sbatte sulla parete di arenaria infrangendosi e rimbalzando su ogni stratificazione, evidenziando l’origine sedimentaria di queste rocce; la scena è incorniciata ai lati dalla vegetazione. E’ il luogo ideale per scattare qualche fotografia e godersi lo spettacolo.

Si prosegue in discesa e dopo poco si arriva alla cascatella del Lavane che si tuffa in un piccolo bacino. E’ un luogo affascinante che durante la stagione estiva è molto frequentato da bagnanti di montagna. Dopo avere guadato il rivolo che esce dal bacino si segue il segnavia CAI 407 che sale ripido tra la vegetazione e in pochi minuti conduce alla Piana dei Romiti. Si tratta di un grande prateria circondata da alberi in cui scorre il torrente Acquacheta. Il luogo prende il nome dagli eremiti che vivevano nell’Eremo dell’Abbazia di S. Benedetto in Alpe, fondato nel 986 da San Romualdo, di cui oggi restano solo poche rovine.

Si può concludere l’escursione salendo fino al margine superiore della cascata per avere una visione dall’alto del suo imponente salto. Per raggiungerlo si devia verso sinistra e si attraversa la piana, poi oltrepassato un ponte si arriva alle rocce sommitali.
Ritorno per la stessa via di salita a ritroso.

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