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Dalla baita al bivacco tutti i nomi delle abitazioni di montagna

Vivere o risiedere in montagna. Piccolo glossario completo delle abitazioni di alta quota.

 

 

Osservando una mappa digitale o una cartina di montagna e leggendo la relazione di un’escursione o un’ascensione è facile imbattersi in termini di cui conosciamo vagamente il significato ma che indicano in realtà qualcosa di ben preciso. D’altronde, la differenza di dialetti e lingue parlati nelle Alpi italiane introduce una varietà di lessico in cui è spesso difficile districarsi ma che può determinare la nostra capacità di comprendere fino in fondo il paesaggio.

In particolare, è molto importante la terminologia legata alla dimensione dell’abitare in montagna che, in un ambiente particolarmente ostile e variegato da un punto di vista climatico, ha sempre rivestito un ruolo fondamentale e continua a determinare i nomi dei toponimi in cui possiamo imbatterci durante una gita o che possono servirci da riparo in caso di maltempo. Presentiamo quindi un piccolo glossario dei termini più utilizzati lungo l’intero arco alpino che hanno a che fare con il vivere e risiedere nelle terre alte.

Baita

Probabilmente il termine più utilizzato da ovest a est per indicare quella che in italiano è la casa. Tradizionalmente la baita era il luogo in cui abitavano le famiglie, comprensiva di stalla per la custodia delle bestie, del fienile e dei locali per la lavorazione del latte e per le attività artigianali e agricole. Vista la varietà di funzioni, di ambienti e di culture dell’abitare, veniva costruita in pietra e/o in legno, con una molteplicità di tecniche, forme e funzioni quasi infinita. Oggi è una parola molto utilizzata per i nomi delle attività di ristorazione in alta montagna, in particolare nei comprensori sciistici, per il suo potere di evocare una tradizione antica e popolare.

Malga

Comunemente diffusa nelle Alpi centro-orientali per indicare il luogo in cui le persone abitavano, custodivano il bestiame e svolgevano attività di caseificazione. In particolare la malga sorge spesso nelle aree di alpeggio, cioè l’attività zootecnica che prevede il trasferimento di greggi e mandrie verso i pascoli d’alta quota in estate. Oggi il termine viene spesso utilizzato per indicare le strutture turistiche che offrono servizi ricettivi e di ospitalità con vendita di formaggi e prodotti locali.

Maso o, più precisamente maso chiuso

Si tratta del complesso costituito dall’abitazione del contadino, dagli edifici per la trasformazione dei prodotti e per la custodia di bestiame e dai terreni agricoli attinenti, diffuso in Alto Adige e in alcune zone del Trentino. Costituisce un’unica proprietà regolamentata ancora oggi da uno specifico regime giuridico, codificato sotto l’Impero Austroungarico durante il regno di Maria Teresa d’Austria, che ne impedisce la divisione in fase di trasmissione ereditaria. Ha consentito di evitare l’eccessiva parcellizzazione delle proprietà in montagna proteggendo le attività agricole e zootecniche nelle aree in cui è ancora diffuso.

Casera

Termine tradizionalmente diffuso nelle Alpi orientali che definisce un ricovero costruito in aree remote e utilizzato per periodi di tempo brevi dal personale delle malghe al seguito del bestiame al pascolo o durante i lavori forestali. Oggi la casera può essere una struttura non gestita destinata a uso turistico.

Balma o barma

Nelle Alpi occidentali si tratta di un ricovero ricavato in una grotta naturale, prevalentemente al riparo di una roccia strapiombante o sotto un masso erratico che forniscono la copertura superiore a cui vengono appoggiati muri a secco o di legno per le pareti. Veniva utilizzato per custodire il bestiame, il foraggio o per ospitare temporaneamente i pastori. Oggi le balme si presentano soprattutto in condizioni di abbandono, ma la loro importanza nella tradizione si può misurare dalla quantità di toponimi e nomi che ancora conservano la radice balma o barma.

Rifugio

Struttura di accoglienza situata ad altitudini molto elevate, al di sopra dei territori antropizzati, utilizzata come ricovero per gli alpinisti nelle ascensioni che richiedono lunghe percorrenze e per gli escursionisti impegnati in traversate di più giorni ad alta quota. Il rifugio nasce, dunque, con il turismo alpino e l’alpinismo; il primo costruito in Italia è il rifugio Alpetto, eretto nel 1866 alle pendici del Monviso. Con il passare del tempo e l’evoluzione dei gusti tra i frequentatori di montagna, il numero di rifugi nelle Alpi è cresciuto notevolmente e molte strutture sono state costruite a quote più basse, talvolta in zone raggiungibili da strade carrozzabili, assumendo anche la funzione di alberghetto alpino. Gran parte di queste strutture sono gestite soltanto durante la stagione estiva e hanno un locale invernale incustodito ma accessibile nella stagione fredda, anche come appoggio in caso di emergenza.

Bivacco

Questo tipo di ricovero nasce con le medesime finalità del rifugio, ma viene eretto in aree di scarsa frequentazione alpinistica e turistica dove non è giustificata la presenza di un gestore incaricato di fornire accoglienza. I bivacchi sono strutture estremamente spartane con spazi particolarmente ridotti e ottimizzati per ospitare piccoli numeri di persone. Solitamente sono sempre aperti per accogliere eventuali persone in difficoltà che vi si possono riparare. Alcuni di essi hanno esclusivamente una funzione di soccorso, cioè devono essere utilizzati soltanto in caso di emergenza.

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