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Come fotografare in bianco e nero il paesaggio di montagna

La pre-visualizzazione in bianco e nero, la conversione e l'importanza del cielo

Pre-visualizzare una foto in bianco e nero, come diceva il maestro Ansel Adams, è una sorta di processo mentale che consiste nell’immaginare un paesaggio in tonalità e sfumature di grigio, ovvero astrarre uno scenario colorato e trasformarlo in linee e forme, luci e ombre, in un aspetto estetico totalmente monocromatico. Non è certo operazione semplice, ma è il primo passaggio per una fotografia in bianco e nero consapevole. Nel momento in cui il fotografo preme il pulsante di scatto, ha già idea di come sarà l’immagine fotografica, dopo essere stata convertita in monocromia e post-prodotta con cura e precisione, secondo i canoni estetici precedentemente pre-visualizzati.

Le Cascate di Vallesinella a Madonna di Campiglio. Foto Cesare Re

Il fascino del bianco e nero: linee, grafismi e astrazione

La fotografia in bianco e nero esercita un fascino assoluto negli occhi degli appassionati dell’iconografia della montagna. Il bianco delle vette innevate, le sfumature dei pascoli e i prati punteggiati da fiori policromi, le acque trasparenti di uno specchio d’acqua non sono solo soggetti per il colore. Parte di questo fascino deriva sicuramente dal fatto che le immagini dei grandi maestri della fotografia erano in bianco e nero, poiché il colore, come lo intendiamo oggi, non esisteva. I grandissimi della fotografia di montagna, come Ansel Adams e Vittorio Sella, esprimevano, infatti, la loro arte fotografica solo in questo modo, trasformando i colori della montagna, in immagini con bianchi, neri, grigi e sfumature intermedie. Perdendo l’informazione del colore, le immagini in bianco e nero devono sfruttare altre caratteristiche per attirare l’attenzione dell’occhio dell’osservatore. Diventano molto interessanti i soggetti semplici, con motivi grafici, linee e insiemi di ombra e di luce. Nell’ambito del paesaggio di montagna risulteranno molto interessanti scatti con nubi bianchissime che si stagliano da cieli scuri e drammatici, cascate spumeggianti e fragorose, oppure rocce chiare o scure. Le possibilità di interpretazione sono molte e si può scattare per ottenere cieli scuri, ma anche tonalità più soffuse, a seconda del carattere generale dell’immagine che si intende realizzare. Anche nella fotografia monocromatica diventa essenziale la ricerca della luce, proprio come per la classica fotografia di paesaggio a colori. Una luce bassa e radente restituisce forma e profondità all’immagine intensificando la struttura di roccia, ghiaccio e di tutti gli altri elementi naturali.

Interpretazione del soggetto

Se vogliamo ottenere immagini diverse dal consueto è sempre necessario interpretarle, sia dal punto di vista compositivo che da quello tecnico. A maggior ragione, nel bianco e nero, l’interpretazione di un paesaggio diviene ancora più caratterizzante. Visto che il mondo è a colori e che il bianco e nero non esiste, le possibilità di interpretazione sono sicuramente maggiori, non essendoci mai un riferimento di veridicità.

Sensori a colori e scatto in formato raw

Il problema tecnico principale, però, è che le moderne fotocamere digitali scattano con sensori studiati, progettati e caratterizzati per il colore (a parte alcune rare eccezioni, come la costosissima Leica Monochrome e la nuova reflex Pentax K 3 Monochrome che scattano esclusivamente in bianco e nero). Ci sono alcune possibilità di fotografare direttamente in bianco e nero, regolando appositamente il menu interno della fotocamera, ma solo in formato jpeg e con risultati piatti e deludenti. Scattando in raw, anche se impostiamo la funzione bianco e nero on camera, stiamo realmente fotografando a colori. Una volta, infatti, importato il file raw nel software di conversione, lo vedremo a colori. Conviene, quindi, fotografare a colori, ma pensando in bianco e nero, ovvero ragionando su linee, luci, ombre, forme e texture. La conversione si farà poi in post-produzione, nella cosiddetta “camera oscura digitale”, o meglio “camera chiara”. Ogni file dovrà essere notevolmente elaborato, durante il procedimento di conversione. Da tener presente che le varie fasi di lavorazione digitale sono molto simili a quelle che si facevano col procedimento chimico tradizionale. Oggi si sceglie se schiarire o scurire una parte della foto, così come si fa in camera oscura, con il procedimento delle bruciature e delle mascherature (Bruciatura: si espone una parte della foto, maggiormente, ovvero si fa sì che quella parte prenda più luce e diventi, quindi, più scura. Mascheratura: si espone una parte della foto, in parte minore, ovvero si fa sì che prenda meno luce e risulti, quindi, più chiara). In tal senso, per lo meno per il bianco e nero, si può filosofeggiare e discutere a lungo sul fatto che non sia cambiato poi molto tra analogico e digitale, anche se il procedimento attuale è più semplice e più pratico di quello chimico.

Conversione in post-produzione

Parlare di conversione in bianco e nero, comporterebbe l’occupazione di almeno mezzo server del sito Montagna.TV. Spiego, quindi, il procedimento, in linea generale. Esistono molti programmi, alcuni specifici e dedicati, per la conversione, e altri, come Photoshop e Lightroom. Scattando in raw, stiamo utilizzando un file che può essere definito come una sorta di negativo, che deve essere, quindi, sviluppato per poi essere convertito in altri formati stampabili, come jpeg (come la maggior parte delle foto del web) o tif (formato prettamente tipografico). È meglio scattare in raw, perché in questo modo si registrano tutte le informazioni del file (per esempio luce, tonalità, ecc) e si può usufruire di maggiori possibilità di lavorazione in post-produzione, anche correggendo eventuali errori d’esposizione. Praticamente tutti i programmi di fotoritocco hanno diverse possibilità per la conversione dei file in bianco e nero, tra le quali una automatica, che agisce semplicemente togliendo la saturazione (Immagine / Regolazioni / Togli Saturazione, per esempio). In questo caso, però, non si hanno mai risultati soddisfacenti. L’immagine risulterà piatta, una sorta di grigio e grigio e non un vero e proprio bianco e nero. In Photoshop, camera raw e Lightroom, un metodo efficace, soprattutto che consente maggiori possibilità di intervento sulle varie tonalità di grigio, è: Immagine / Regolazioni / Bianco e Nero. A seguito del quale, apparirà una finestra con varie funzioni, con la possibilità di scegliere di intervenire con dei filtri, per esempio, come: rosso, verde, giallo. Troviamo poi la possibilità di modificare il nostro bianco e nero, utilizzando dei cursori che consentono un buon controllo sui toni nei diversi canali colore (rosso, giallo, verde, ciano, magenta), un pò come si faceva con i filtri classici del bianco e nero in pellicola. Cambiando il valore di ogni canale colore si interviene sul contrasto della foto e sulla tonalità di grigio, in aree differenti. Modificando per esempio il rosso, aumentandolo o diminuendolo in percentuale, si renderanno i bianchi più netti, più contrastati. Oppure, in un paesaggio, diminuendo la percentuale del blu, avrò un cielo nerissimo, che diverrà, invece, bianco se l’aumento. Troviamo poi un comando “Tinte”, che serve per modificare la tonalità di una foto in bianco e nero, trasformandola in seppia o colori bluastri o simili, un po’ come se fossero dei viraggi, tecniche di fotografia chimica che si otteneva mescolando gli acidi del procedimento di stampa con altre sostanze, come selenio, caffè e molte altre.

Lavorare prima sul colore

Come dicevamo, è opportuno scattare in raw, per mantenere la maggior parte delle informazioni possibili del file e, quindi, a colori, visto che tale formato è gestito dalla fotocamera come un file a colori. Alcuni autori specializzati nel bianco e nero consigliano anche di iniziare a lavorare, in post-produzione, l’immagine a colori, prima di convertirla, in modo da iniziare a ragionare sulla luminosità e sul contrasto della scena e su altri parametri di base. Solo successivamente si converte la foto in bianco e nero e si agisce sui cursori e sui diversi canali (rosso, giallo, verde, ciano, magenta).

E il cielo?

In tutte le immagini di paesaggio il cielo è un elemento assolutamente determinante. Nel bianco e nero è ancora più importante. Sono le nubi a fare la differenza. Avere un cielo azzurro, terso e sereno, significa ottenere una sorta di tonalità piatta, un “grigio topo” poco attraente (con tutto il rispetto per il roditore). La presenza di nuvole che si staccano, nette e ben delineate, dal cielo rende la foto in bianco e nero molto suggestiva, magari interpretandola con un contrasto molto intenso e deciso. Anche la posizione dell’orizzonte dipende molto dalla presenza delle nuvole. Daremo molto spazio ad un cielo dove si stagliano molte nubi, sul cielo azzurro. Al contrario, con un cielo libero e terso, diverrà più sensato minimizzare la presenza dello stesso, altrimenti troppo vuoto. È ovvio che si tratta di semplici consigli e nulle vieta di comporre l’immagine diversamente, a seconda della destinazione e d’uso.


Le Pale di San Martino

Controluce sulla Pale di San Martino, precisamente Pala di San Martino e Cima Val di Roda. La mattina presto, nelle giornate serene, la luce del sole filtra tra le cime dolomitiche di questo angolo delle Pale. Il controluce ha richiesto una sovraesposizione, rispetto ai valori dell’esposimetro, per rendere leggibili le rocce delle cime, altrimenti troppo scure. In post sono state schiarite ulteriormente alcune parti in ombra. La presenza di un cielo sgombro da nubi ha determinato un’inquadratura piuttosto bassa, privilegiando il primo piano delle cime.
Nikon D800; Nikkor 24-70 2,8 AFG; focale 70 mm; 1/640 sec; f 11; ISO 200.


Le Sciore, il Cengalo e il Badile

Le Sciore, il Cengalo e il Badile, dalla Val Bregaglia. La giornata era molto nuvolosa, a tratti pioveva. L’immagine era stata già pre-visualizzata in bianco e nero, ma scattata a colori, in formato raw. In post è stato accentuato il contrasto sul cielo, per enfatizzare le nuvole. Dopo la conversione in bianco e nero, si è accentuata ancora la struttura del cielo e anche della texture delle rocce. Il punto di ripresa è sulla dorsale montuosa opposta al gruppo montuoso ritratto.
Nikon D850; Nikon 24-70 2,8 AFG; 1/400 sec; f 8; ISO 200.


Il lago di Colbricon

Uno dei laghi di Colbricon nei Lagorai. Il cielo era molto caratteristico, ricchissimo di nubi, come spesso capita in questa zona. Il filtro polarizzatore ha esaltato lo “stacco delle nubi” dal cielo. La linea di orizzonte è spostata verso il basso, per evidenziare la presenza incombente del cielo, arricchito dalle nuvole.
Nikon D800; Nikkor 18 3,5 ais; iso 100; f 11; 1/100 di secondo.


Il Monte Rosa

Il Monte Rosa, dalla Valle del Lys, scendendo dal Colle della Bettolina. L’alternarsi di sole e nebbia è una delle caratteristiche più favorevoli per la fotografia in bianco e nero. Queste situazioni consentono anche di scattare molte immagini diverse, a seconda del movimento della nebbia.
Nikon D810; Nikon 24-70 2,8 AFG; 1/250 sec; f 11; ISO 100.


La Taillante

La caratteristica cresta della Taillante, dal Colle dell’Agnello, in Val Varaita. È l’insieme di luci e ombre a rendere interessante questo scatto.
Nikon D300; Nikkor 24.120 3,5/5,6 AFG; 1/640 sec; f 8; ISO 200.


Punta della Rossa

Punta della Rossa, all’Alpe Devero. Le nubi si muovono di continuo, regalando scenari sempre diversi. La cima si svela per qualche attimo, giusto il tempo di puntare il teleobiettivo e scattare un paio di foto.
Nikon D850; Nikkor 70-200 4 AFG.


Le cascate di Vallesinella

Oltre al paesaggio puro, anche l’acqua si presta molto alla fotografia in bianco e nero. Le Cascate di Vallesinella, a Madonna di Campiglio, ai piedi delle Dolomiti del Brenta. Foto scattata su pellicola Fujichrome Velvia 50, scansita e poi convertita in bianco e nero con Photoshop. Non si può parlare, in questo caso, di pre-visualizzazione in bianco e nero. La foto è stata scattata a colori, per usi professionali editoriali e poi convertita in monocromia successivamente.
Nikon F5; Nikkor 24 AIS 2,8; treppiede e filtro polarizzatore.


La foresta di Paneveggio

La foresta di Paneveggio, con gli abeti di risonanza, utilizzati per la realizzazione di strumenti musicali, come viola e violini, per esempio. Ai piedi delle Pale di San Martino. La composizione è piuttosto ardita, con un albero centrale, contravvenendo alle classiche “regole di composizione” che prevederebbero un decentramento del soggetto principale.
Nikon D850; Nikkor 18 AIS 3,5; 1/60; f 8; ISO 320.


Le Odle

Le Odle, riprese con la luce, invisibile all’occhio umano, dell’infrarosso. Una tecnica molto particolare che prevede accorgimenti sia in fase di ripresa, sia nella conversione in infrarosso bianco e nero. Ma questa è un’altra storia.
Nikon D7000, modificata con filtro IR720; Nikkor 70-200 AFG; f 4.

Scopri la rubrica Fotografare in Montagna: qui la prima puntata, dedicata all’alba e al tramonto. Qui la seconda puntata, dedicata all’utilizzo di grandangolo e teleobiettivo. Qui la terza puntata, dedicata agli alberi. Qui la quarta puntata, dedicata agli animali. Qui la quinta puntata, dedicata al corredo per il foto-trekking. Qui la sesta puntata, dedicata ai laghi.

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