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Stefano Stradelli e Jerome Perruquet realizzano la prima ripetizione della “Diretta allo Scudo” sul Cervino

Nel settembre 2018 François Cazzanelli, Emrik Favre e Francesco Ratti portavano a termine l’apertura di una nuova via sulla parete sud del Cervino, ribattezzata Diretta allo Scudo. Una via impegnativa di 13 tiri, 460 metri di lunghezza e difficoltà massima stimata fino al 7a, il cui nome deriva dal fatto che risalga in maniera diretta lungo lo Scudo del Pic Tyndall, un triangolo di roccia compreso tra la Cresta De Amicis e la via Casarotto – Grassi. Per aprirla sono state necessarie più tappe, per la precisione 7 tentativi spalmati nell’arco di 6 anni, “una epopea” come l’ha definita Cazzanelli. A distanza di 4 anni e mezzo, è arrivata la prima ripetizione, messa a segno tra il 20 e il 21 febbraio, nel cuore dell’inverno, da Stefano Stradelli e Jerome Perruquet. Dunque non solo una prima ripetizione ma anche una prima invernale. Ancora a caldo, abbiamo deciso di contattare Stefano per farci raccontare qualche dettaglio della salita.

Stefano raccontaci un po’, quando e come è nata l’idea di tentare la ripetizione della “Diretta allo Scudo” e quando e come si è concretizzata?

Tre anni fa io e Jerome, insieme a Michele Cazzanelli, cugino di François, siamo andati a fare una via che corre parallela alla Diretta allo scudo, la via Innocenzo Menabreaz e da quel momento ho sempre pensato di andare a tentare di ripeterla, anche perché mi hanno fortemente ispirato i racconti di François, Ratti e dei miei soci di cordata. Nei giorni scorsi, abbiamo deciso di sfruttare questa fase di alta pressione, caratterizzata da temperature decisamente alte per la stagione, per fare un tentativo. Jerome è rientrato dalla Patagonia la scorsa settimana, ci siamo sentiti al telefono e abbiamo deciso di partire, anche se un po’ dubbiosi perché la via presenta delle difficoltà sostenute e non sapevamo se sarebbe stato fattibile affrontarla in giornata. Avevamo preventivato di fare un bivacco, a metà della via, ma alla fine non è stato necessario. Siamo partiti alle 5 del mattino da casa, salendo con un gatto delle nevi fino alla funivia sotto al Furggen a Cervinia, da lì abbiamo traversato con gli sci verso la base del Cervino, ci siamo cambiati e abbiamo iniziato la salita. Alle 6 del pomeriggio siamo usciti in punta. 13 ore no stop. Come dicevo avevamo pensato di bivaccare a metà, ma a metà siamo arrivati alle 10.30/11 del mattino, ci siamo guardati e abbiamo deciso di proseguire.

O bivacco a metà o niente insomma?

É una via che non offre ulteriori possibilità di bivacco. O ti fermi a metà, dove c’è una piccola cengia, o devi uscire in punta. Una di quelle vie che devi affrontare con convinzione, perché è difficile tornare indietro. E questo era un po’ il timore che avevamo inizialmente.

E quindi avete dormito in cima allo Scudo?

Sì, erano le 18/18.30 quando siamo usciti in punta. Avremmo teoricamente potuto attraversare la Cravatta e scendere alla Capanna Carrel o imboccare la Via Normale e tornare a casa, ma eravamo troppo stanchi. E avendo con noi il materiale per bivaccare abbiamo pensato di dormire lì, sotto le stelle, e il giorno dopo ci siamo alzati con calma per rientrare a valle.

Avete riscontrato particolari difficoltà lungo la via?

Tirare su i sacconi, è stata decisamente la difficoltà maggiore.

Ci parlavi di alta pressione e temperature elevate. Secondo te, se fosse stato un inverno “classico” sareste stati in grado di ripeterla?

Questo è sicuramente un inverno eccezionale. Siamo avanti di 2 mesi rispetto al solito. Lo scudo del Tyndall c’è da dire che è ben riparato a sud e prende sole quasi tutto il giorno, abbiamo avuto luce fino alle 6 del pomeriggio. Ma sicuramente le temperature degli ultimi giorni ci hanno aiutati tantissimo. Abbiamo scalato in fleece, senza neanche dover utilizzare la giacca. In un inverno normale magari scali bene ma in sosta patisci il freddo e devi mettere il piumino (da notare che François, Francesco e Emrik, a fine settembre, abbiano dovuto affrontare una bufera di neve in discesa, nda).

Passiamo ai sentimentalismi, quanto è stato emozionante realizzare questa ripetizione?

É un onore averla ripetuta. Una cosa bella, che non ci aspettavamo, è che François il 20 non stesse lavorando come guida, era a casa e ci ha binocolato. Ed essendo molto amico della ditta di elicotteri di Cervinia, è salito a vederci in elicottero con Alessandro Pellissier e ci ha scattato una foto dall’elicottero. É stato bello vedere che ci tenesse anche lui così tanto ad assistere alla nostra ripetizione.

Due piccoli uomini in un oceano di roccia

Come accennava Stefano Stradelli, François è diventato spettatore a sorpresa della loro ripetizione. Una emozione forte da ambedue le parti, confermata dal post in cui Cazzanelli ha voluto esprimere la sua gratitudine nei confronti di quelli ha voluto definire poeticamente “due piccoli uomini in un oceano di roccia” (così in effetti appaiono nello scatto realizzato in volo).

 

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Un post condiviso da Franz (@francoiscazzanelli)

“Sono emozionato e orgoglioso che siano stati loro a firmare questa salita. La Diretta allo Scudo mi ha cambiato la vita! Per aprirla mi ci sono voluti ben 7 tentativi spalmati in 6 anni con diversi compagni! Poi finalmente grazie a un super Francesco Ratti nell’autunno 2018 ho chiuso i conti con questa splendida salita!! Posso dire che la mia maturità alpinistica cresceva allo stesso ritmo con il quale progredivamo sulla via! A piccoli passi! Grazie mille Stefano e Jerome, non potevate farmi un regalo più bello!”

Per comprendere appieno il carico di emozioni di François, e le ragioni ad esso sottese, vi consigliamo di andare a leggere sul suo blog il racconto della nascita della Diretta allo Scudo. Un sogno, quello di aprire una nuova via sul Cervino, balenato nella mente di Cazzanelli nell’inverno 2012, periodo in cui stava terminando il corso da aspirante guida e aveva una gran voglia di mettersi in gioco. Una storia che, accanto a François, nei suoi 7 tentativi sulla via, ha visto avvicendarsi vari co-protagonisti: Roberto Ferraris, Emrik Favre, Marco Farina e Francesco Ratti.

Un racconto che inizia così (giusto per farvi venire l’acquolina in bocca): “Aprire una nuova via sul Cervino è sempre stato uno dei miei più grandi sogni. Fin da bambino, il desiderio era quello di mettere la mia firma sulla montagna di casa, lasciando così un segno profondo ed indelebile non solo sul Cervino ma anche dentro di me. Ci sono voluti 6 anni per portare a termine il mio sogno, in un certo senso si può dire che la mia esperienza alpinistica sia maturata di pari passo con i progressi sulla via. La sua apertura è stata una grande avventura, la si può definire quasi un’epopea, che adesso vale veramente la pena raccontare.”

E finisce così: “Il 28 settembre alle 5.30 del mattino ripartimmo con il saccone in spalla in direzione della cresta De Amicis. Per me, era il settimo tentativo. La giornata era splendida: neanche una nuvola, sembrava che il tempo si fosse fermato. Arrivammo velocemente all’attacco e iniziammo subito a scalare, per praticità ci dividemmo i tiri equamente. Eravamo in gran forma e in poche ore raggiungemmo la cengia del nono tiro. Entrambi scalammo tutti i tiri in libera: stupendo! Ci ributtammo su terreno inesplorato: la parete era più facile ma la roccia a tratti meno buona. Mi misi davanti a testa bassa, mi sentivo bene e in appena due ore uscimmo in cima al triangolo dello scudo. Eravamo contentissimi ma anche stupiti perché avevamo aggiunto ancora 140 mt alla nostra via e non scontati. Il momento è magico, seduti in cima allo scudo, avevamo finalmente finito la nostra via! Così si conclude la nostra avventura su questa stupenda parete.”

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