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Cambiamento climatico, quale futuro per l’arrampicata su ghiaccio?

Gli ultimi inverni segnati da temperature oscillanti – quasi sempre verso l’alto – e da periodi di prolungata siccità hanno creato notevoli difficoltà agli appassionati dell’attività che, per definizione, ha bisogno di acqua e freddo: l’arrampicata su ghiaccio. È certamente un problema secondario di fronte agli scenari drammatici che i recenti sviluppi del riscaldamento climatico stanno proiettando sulla terra, ma riguarda un comparto economico che contribuisce a sostenere l’economia di specifiche categorie professionali e di molte località montane in cui si è cercato di diversificare l’offerta turistica oltre le discipline più impattanti come lo sci alpino.

“La realtà è che le stagioni per arrampicare sul ghiaccio si sono ridotte moltissimo e ci sono cascate che non si formano da una decina d’anni – esordisce Andrea Prette, Guida alpina di Mondovì in Provincia di Cuneo – perché, banalmente, non fa più freddo come una volta, al di là dei luoghi comuni.”

Un tempo si diceva che gli inverni più adatti per praticare il cascatismo erano quelli secchi e poveri di neve, ma ora sembra che anche questo vecchio adagio sia stato superato.

“Effettivamente – prosegue Prette – le condizioni ideali per la formazione delle cascate richiedono freddo e una moderata siccità perché i flussi troppo abbondanti si solidificano con maggiore difficoltà. Senza dimenticare l’aspetto della sicurezza perché tanta neve significa elevato pericolo valanghe e l’inagibilità di molte strutture che si trovano spesso in veri e propri imbuti per i distacchi valanghivi. Però l’assenza di precipitazioni che abbiamo osservato soprattutto nel corso del 2022 hanno completamente prosciugato molti corsi d’acqua che alimentano le cascate e gli inverni secchi impediscono la formazione di quelle colate generate dallo scioglimento della neve.”

Un disastro, insomma, anche per chi col ghiaccio ci lavora.

“È un peccato perché le richieste da parte di clienti interessati fa fare ghiaccio ci sono – conclude il suo ragionamento Andrea Prette – e tutto sommato questo inverno era iniziato piuttosto bene a dicembre. Poi il caldo del periodo natalizio ha complicato molto le cose e solo ora le cascate hanno ricominciato a formarsi. Questi continui sbalzi di temperatura intervengono sulla sicurezza del ghiaccio. Non è solo una questione di caldo, come è ovvio, ma anche le improvvise ondate di freddo rendono le strutture più rigide e quindi più esposte al rischio di crolli.”

Le cascate semi artificiali

Per ovviare alle difficoltà climatiche la pratica del ghiaccio, in molte zone delle Alpi è stata agevolata dalla nascita di numerose strutture semi artificiali che sfruttano salti di roccia naturali a cui viene portata l’acqua tramite tubi e captazioni. La più storica è quella dell’anfiteatro di Castello, nel comune di Pontechianale in Val Varaita (CN), nata a fine anni ’80 grazie alla geniale intuizione e alla passione contagiosa di Romeo Isaia. Oggi il suo impegno è portato avanti con maggiore fatica, ma medesimo entusiasmo da Sebastiano Faraudo che, ogni anno, lavora estate e inverno per deviare corsi d’acqua, tirare chilometri di tubi, aprire e chiudere rubinetti per regolare l’afflusso di acqua in base alle condizioni climatiche. Ma anche queste realtà fanno i conti con un meteo capriccioso.

“La siccità del 2022 – attacca Faraudo – mi ha obbligato a un lavoro esagerato per individuare captazioni di acqua capaci di alimentare l’anfiteatro. E, oggi con condizioni di freddo ideali, ho sufficiente materia prima solo per uno dei settori. Per di più, è già la seconda volta che si formano le colate perché dopo un periodo di temperature basse a dicembre è seguito il caldo delle vacanze di Natale che ha portato via tutto e a gennaio mi sono trovato a ricominciare da tutto capo. Con il disagio provocato da una situazione generale di magra che concentra qui gran parte degli appassionati. Ci sono giornate che, tra corsi e scuole CAI, l’anfiteatro di Castello è davvero sovraffollato.”

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