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Valanghe a lastroni, un’insidia degli inverni poveri di neve

Potrà sembrare paradossale, ma spesso gli inverni poco nevosi sono anche i più pericolosi dal punto di vista del distacco delle valanghe, con la sola eccezione della stagione 2021/2022 che ha segnato soltanto 8 vittime per incidente da valanga lungo l’arco alpino italiano, probabilmente per condizioni di innevamento esageratamente scarse. Al di là della classica eccezione che conferma la regola, l’inverno in corso che sta presentando nevicate davvero scarse, ha già fatto registrare 8 vittime e siamo ancora all’inizio.

I motivi di ciò si possono anche evincere intuitivamente. Innanzitutto, quando c’è poca neve, gli appassionati sono costretti ad andarla a cercare più in quota, lungo versanti più ripidi e male esposti, dove imperversa spesso il vento che rimaneggia continuamente il vecchio manto depositato. Poi, quando finalmente si affaccia all’orizzonte una debole perturbazione, inevitabilmente la voglia di andare a solcare anche il più sottile strato di polvere appena caduta può portare a sottovalutare il grado di pericolo.

Per dare maggior fondamento a queste considerazioni immediate – e un po’ superficiali – è preferibile rivolgersi ai nivologi, gli studiosi della neve che affrontano l’argomento valanghe con un approccio scientifico e che quotidianamente divulgano l’esito dei loro rilievi e delle loro previsioni a tutti gli interessati della materia attraverso il bollettino valanghe.

“Gli inverni poco nevosi – esordisce Igor Chiambretti, responsabile tecnico di AINEVAsono effettivamente molto insidiosi per la formazione delle classiche valanghe a lastroni che rappresentano il pericolo principale per chi pratica attività del tempo libero in montagna. In particolare distinguiamo tra lastroni di neve soffice e lastroni di neve medio-dura in cui la presenza di vento è sempre determinante.”

Iniziamo dai lastroni di neve soffice?

“Buona idea, visto che sono quelli più difficili da riconoscere. Si staccano lungo pendii medio-ripidi caratterizzati da neve che sembra farinosa, ma in realtà ha una minima coesione che provoca il propagarsi di una frattura e lo scivolamento dell’intero manto. Si formano quando nevica con vento o con forti sbalzi termici nel corso della precipitazione, si innescano facilmente e provocano valanghe di piccole e medie dimensioni, sufficienti comunque a seppellire una o più persone.”

Come si riconoscono?

“Non è facile perché questo tipo di neve assomiglia molto alla cosiddetta neve farinosa, che invece è generalmente sicura, anche se è molto più densa. Si pensi che la neve fresca pesa intorno agli 80/110 kg al metro cubo, mentre una neve leggermente ventata è sui 200/250 kg al metro cubo. Occorre osservare attentamente: per esempio se si vedono tracce di erosione sui versanti sopravvento o segni di accumulo su quelli sottovento, oppure se la morfologia del terreno appare particolarmente livellata da un manto che si è depositato maggiormente negli avvallamenti. Anche la traccia lasciata dai nostri sci in salita può darci qualche indizio perché appare più netta.”

Messa così, sembra una trappola senza via d’uscita…

“In realtà qualche lato positivo c’è. Questo tipo di lastroni tende a stabilizzarsi relativamente in fretta, nell’arco di 3, massimo 4 giorni. E i distacchi avvengono generalmente sui pendii medio-ripidi, diciamo dai 30° in su. Il consiglio, quindi è quello di evitare certe pendenze per qualche giorno dopo una nevicata. Oppure seguire dei corsi e imparare a leggere attentamente i bollettini valanghe su cui questo tipo di insidia è indicato.”

Passiamo ai lastroni di neve dura?

“Sono quelli provocati dalla presenza di vento molto forte sia durante, sia dopo una nevicata. L’azione eolica genera una trasformazione dei fiocchi che diventano piccoli grani arrotondati, saldati l’uno con l’altro. Questo tipo di neve è più pesante, sui 3/400 kg al metro cubo, e più stabile, ma causa valanghe di grandi dimensioni perché la frattura del manto si propaga lungo tutta la sua estensione.”

È più facile da riconoscere?

“Generalmente sì, perché la presenza di vento forte che provoca questi lastroni lascia anche segni più visibili sui versanti come sastrugi e profonde erosioni sopravvento e dune o grandi accumuli sottovento. Il problema si pone quando interviene una debole nevicata che copre questi segni. Oppure quando ci si trova in un canale dove è difficile individuare le tracce lasciate dal vento.”

Oltre al vento, quali altri pericoli caratterizzano gli inverni poveri di neve?

“Finora abbiamo parlato dei lastroni, senza accennare agli strati di neve sottostante che possono facilitare notevolmente il distacco di una valanga. È evidente che una nevicata o un accumulo da vento scivoleranno verso valle con maggiore probabilità se si depositano su un manto più liscio. Ed è esattamente ciò che accade quando ci sono meno precipitazioni. Innanzitutto sulla neve che rimane a lungo esposta al sole tendono a formarsi le croste che sono un eccellente piano di scivolamento. Ancor di più in questi ultimi anni quando abbiamo avuto fenomeni di pioggia sulla neve anche a quote molto elevate. Invece nei versanti in ombra si produce il cosiddetto metamorfismo costruttivo, cioè i pendii si ricoprono di brine, cristalli angolari e a calice che non consentiranno ai nuovi strati di aderire correttamente.”

Che prospettive riesci a intravvedere per il resto della stagione?

“Certamente non buone perché le prossime nevicate, quando e se arriveranno, andranno a depositarsi su strati estremamente fragili, cioè piani di scivolamento persistenti che potrebbero durare fino a marzo inoltrato, fino all’arrivo di più decisi aumenti di temperatura.”

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