ArrampicataOutdoor

Seb Bouin libera “DNA”, il secondo 9c al mondo

Lo scorso 29 aprile il climber francese Seb Bouin è riuscito nell’impresa di concludere un progetto avviato 3 anni fa: liberare DNA, una nuova via nel settore Ramirole delle Gole del Verdon, in Francia. Via che potrebbe rappresentare il secondo 9c di sempre, dopo Silence, primo 9c al mondo firmato Adam Ondra, liberato nella falesia di Flatanger, in Norvegia, nel settembre 2017. Il condizionale è d’obbligo, come evidenziato dal protagonista dell’avventura che stiamo per raccontarvi. L’ultima parola sul grado di difficoltà spetta a chi si cimenterà in futuro nella ripetizione della via.

Una storia lunga 3 anni

La storia di DNA è iniziata nell’estate del 2019, quando Seb ha avviato il progetto chiodando la via. DNA è nata come una sfida con se stesso. Dopo aver liberato, sempre nel Verdon, La Rage d’Adam (9b/+), Seb si è infatti ritrovato alla ricerca di qualcosa di più complesso, che gli consentisse di spingersi oltre i suoi limiti. Il settore La Ramirole si è rivelato la meta perfetta allo scopo, una falesia che mantiene ottime condizioni tutto l’anno, tra l’altro non troppo distante da casa.

Osservando con attenzione la parete, Bouin ha identificato una linea centrale che attraversa l’enorme grotta, in una sezione con poche prese. “È una scogliera che conosco a memoria. Ci arrampico da più di 10 anni. Se c’è un posto dove affrontare una simile sfida, è qui”. I primi tentativi sono risultati estremamente laboriosi, tutto sembrava troppo grande, troppo difficile. Abbandonato il campo, a fine stagione 2019, ha iniziato a ragionare sulle possibili soluzioni. Ed è tornato in parete nell’estate 2020, tentando nuovamente a salire da luglio a novembre. Ma nulla. Nel 2021 è tornato nuovamente tra le Gole del Verdon, da luglio a novembre, ancora una stagione vana.

Poi è arrivata la primavera del 2022, il momento magico. Il successo non è giunto in maniera immediata. In un primo viaggio primaverile di 14 giorni, nel mese di aprile, Seb ha ripreso contatto con la via, si è poi concesso una settimana di pausa e allenamento a casa ed è tornato per completare finalmente l’opera. Il terzo giorno del secondo viaggio, una giornata dal clima perfetto, con 10°C e la giusta condizione di vento e aria asciutta, è riuscito a liberare la sua indomabile DNA. Di seguito il commento a caldo, diffuso sui canali social il 5 maggio scorso.

Un sogno realizzato

“Ci sono tante speranze cui ci appigliamo, tanti sogni che ci tengono vivi. Anche quando tutto sembra estremamente lontano e impossibile, c’è sempre un piccolo guizzo di luce dentro noi stessi che ci spinge a provare e provare ancora. A volte ci dimentichiamo che questi sogni siano irrealizzabili e ci proviamo ancora – scrive Bouin – . A volte ci sentiamo persi e non ci crediamo più. E quindi tocca andare via per ritornare. Bisogna trovare l’essenza del perché facciamo certe cose, bisogna trovare il DNA delle nostre azioni. Non so se siamo pazzi a provare così tante volte un progetto con così poche possibilità di successo. Mi piace pensare che si tratti di istinto, che sia una cosa che proviene dal profondo, che sia scritta nel nostro DNA, negli acidi nucleici delle nostre molecole che trasportano i tratti genetici. Mi piace pensare che il mio approccio all’arrampicata sia dunque istintivo. Non mi faccio domande, provo e basta, e finché sono in parete sono felice.”

“Questa storia è stata una delle più lunghe, delle più intense e impressionanti – prosegue – . C’è stata tanta passione ma anche tanta paura. Un sacco di gioia, e di frustrazione. Tanta speranza e tanti dubbi. Sono stato schiaffeggiato parecchie volte. Ma ne è valsa la pena perché è una esperienza meravigliosa e di ispirazione. Sono felice di aver completato questo progetto.”

Un progetto che, come evidenzia, lo ha tenuto impegnato in parete in totale oltre 150 giorni, “quasi 200 mi sa”, per un totale di oltre 250 tentativi.

“Si tratta del progetto più impegnativo che io abbia fatto finora. La via più dura che io abbia mai provato e salito nella mia carriera. Questa via segna una pietra miliare nella mia vita da climber. Questa linea completa una serie di altre ascese nel settore Ramirole nel Verdon. Al momento nessuna di queste vie è stata ripetuta.”

9c o non 9c?

La via, come anticipato, potrebbe rappresentare il secondo 9c di sempre. “La faccenda del grado non mi risulta poi molto importante – spiega a tal proposito Seb – ma mi rendo conto che sia inevitabile. Ho trascorso un paio di notti a pensarci. Penso che la questione meriti un post a parte, ma proverò brevemente a spiegare tutto ciò che ritengo di dover inserire nel bilancio. Credo possano esserci due possibili scenari: 9b+ o 9c. Ho elaborato due argomentazioni per entrambi. Ho tenuto in considerazione la sensazione, il confronto con altre vie (Bibliography, Move, Beyond,…) in termini di tempo, sensazione e stile di arrampicata. Mi sono posto domande sulla mia esperienza e la mia legittimità. Ho anche considerato il fatto che sia una FA. Scegliere il 9b+ significherebbe affrontare la questione con sicurezza. Scegliere 9c significherebbe assumersi un rischio.”

“Confrontando la via con Bibliographie, Move, Beyond, sembra un po’ più complessa, (considerando il tempo investito, la sensazione e lo stile. Il settore Ramirole è al 100% nelle corde del mio stile di arrampicata). Scegliere il 9c comporta un rischio, il rischio di veder sgradare la tua viaprosegue – . Dal momento che c’è soltanto un 9c finora proposto al mondo, è abbastanza difficile affermarlo con sicurezza e fiducia. Non ho mai provato una via di simile difficoltà. Potrebbe considerarsi alla stregua di Silence? Forse ho impiegato tutto questo tempo in parte perché si trattava di una prima salita?”

“Al di là di tali dubbi, mi assumo il rischio di proporre il più alto dei gradi – conclude -. Il 9c deve essere dunque preso come ‘proposta’, che ora necessita delle opinioni di altri climbers che possano confermarla o rimodularla. Funzionano così i gradi: la somma delle opinioni rende la attribuzione del grado meno soggettiva. Il nostro sport è meraviglioso e non servono giudici, siamo noi i giudici. Essere un atleta e giudicare la propria performance è bellissimo ma al contempo difficile. Per questo invito altri climber a venire a provare DNA. Una via bellissima in una località incredibile, non troppo lontana dal resto del mondo.”

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close