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Fitz Roy

Quella dove si innalza verticale il Fitz Roy (3359 m) è la terra del vento, che qui domina su tutto. Soffia forte e impetuoso a levigare la roccia e a plasmare le montagne. Non è un caso che i locali, ben prima della venuta occidentale, chiamano la montagna Chaltén, letteralmente “montagna fumante”. Un nome ispirato alle nuvole che spesso avvolgono la vetta e che inducono il popolo Tehuelche, questo il nome dei nativi, a immaginarla come un vulcano. Gli antichi testi parlano infatti di “Chaltén che vomita fumo e cenere e fa tremare la terra”.

Geografia

Il Fitz Roy si innalza verticale al confine tra Argentina e Cile appartenendo contemporaneamente a due parchi nazionali: quello di Los Glaciares (Argentina); e quello di Bernardo O’Higgins (Cile). È una montagna simbolo, iconica, la cui vista lascia stupefatti. Forme, profili e scanalature rocciose rappresentano un unicum al mondo, un parco giochi perfetto per alpinisti e appassionati intenzionati a cimentarsi sulle sue verticali e, a tratti, strapiombanti pareti.

Storia

Se i locali vedono nel Fitz Roy un vulcano, stesso pensiero hanno i primi occidentali che avvistano la cuspide verticali nel celo patagonico. Il primo a individuarla è l’esploratore argentino Francisco Pascasio Moreno, meglio noto come “Perito Moreno”. È il 4 marzo 1877 quando osserva le pareti verticali della montagna decidendo poi per un cambio di nome. Al posto del tradizionale “Chaltén” utilizza l’appellativo con cui oggi tutti la conosciamo (Fitz Roy), a onorare l’omonimo navigatore britannico primo a realizzare un’accurata mappatura delle coste patagoniche e della Terra del Fuoco. Alla base di questa decisione il fatto che “il nome Chaltén, che gli indiani gli danno, viene applicato anche da altre montagne. Mi permetto allora di chiamarlo Fitz Roy, come segno di gratitudine che gli argentini devono alla memoria di un saggio ed energico ammiraglio inglese”.

Il primo vero tentativo di salita risale al 1937. Una spedizione guidata e ideata dal conte italiano Aldo Bonacossa insieme ai forti alpinisti Ettore Castiglioni, Giovanni Gilberti e Leo Dubosc. Provano lungo la parete sud, dove pensano di incontrare meno difficoltà tecniche. Alla fine si trovano costretti a rinunciare nei pressi di una sella, che viene ribattezzata “Brecha de los Italianos”. Solo anni dopo una cordata californiana riuscirà a completare questo percorso, per quella che oggi conosciamo come via Californiana.

Tra il 1947 e il 1949 si muove sulla montagna Hans Zechner, alpinista austriaco da pochi anni immigrato in Argentina, che tenta di salire lungo le pareti sud-ovest e ovest. Il primo tentativo lo fa nel 1948 insieme a Mario Bertone e Nestor Gianolini, ma i tre sono costretti a rinunciare. Nel 1949 riprova con un gruppo di alpinisti provenienti, come formazione, dalle Alpi, ma il risultato è lo stesso. Con loro raggiunge per due volte la cima dell’Hombre Sentado (2150 m) ed effettua la prima salita del Cerro Pollone (2600 m). Al concludersi dell’ultimo tentativo l’austriaco scrive che si trattava di una montagna “fantastica, grandiosa, ma molto più difficile di quel che avevo immaginato”.

La prima salita          

Nel 1952, in gennaio, si ritrova sotto al Fitz Roy una spedizione francese guidata dal forte alpinista René Ferlet. I componenti sono i migliori scalatori francesi del periodo: Guido Magnone, Lionel Terray, Marc Azéma, Louis Depasse, Rene Ferlet, Louis Lliboutry, Jacques Poincenot e Georges Strouvé. Con loro si trova poi l’argentino Francisco Ibañez. Poincenot, a cui verrà dedicata una delle cime della zona, perderà tragicamente la vita durante l’avvicinamento alla montagna, annegando nel tentativo di attraversar il Río Fitz Roy.

Il gruppo raggiunge la base della montagna intorno al 10 gennaio, convinto di poter lavorare bene fin da subito sulla montagna. La meteo non è però clemente e li costringe a un lungo periodo di attesa. Venti giorni che fanno crollare il morale, convincendo gli alpinisti che forse sarebbe stato meglio rinunciare. Poi, d’un tratto, sul finire del mese il cielo si apre. Il 31 gennaio inizia così il tentativo di raggiungere la vetta. Gli alpinisti destinati a toccare la cima sono Guido Magnone e Lionel Terray. Non si tratta di una scalata semplice e veloce, quanto di un itinerario impegnativo che richiese pazienza, tecnica e forza di volontà. Il primo giorno riescono a salire di appena 120 metri, attrezzando la parete con le corde fisse. Il secondo giorno continuano verso l’alto tra placche e fessure. Una scalata veramente impegnativa, fino a quando i due si trovano di fronte a un’impressionante strapiombo che appare impossibile da superare. Dopo averlo osservato Terray è per la rinuncia, Magnone al contrario vuole giocarsi le ultime carte. Sale lui per primo, piantando con parsimonia i pochi chiodi a disposizione: l’ultimo è fondamentale per concedere il superamento del difficile strapiombo. Sbucati in cresta il forte vento patagonico li investe violento, manca ormai poco per raggiungere la vetta. Una cresta nevosa inclinata a quaranta gradi e poi un ultimo tratto più facile a separarli da un commosso abbraccio su una delle più belle montagne della Terra. È il 2 febbraio 1952. I francesi impiegano tre giorni tra salita e discesa realizzando un’impresa che “ha distrutto tutte le leggende, e supera ogni comprensione”.

Prima invernale

La prima salita invernale del Fitz Roy è stata realizzata nel luglio del 1986 da parte di una spedizione argentina composta da Eduardo Brenner, Sebastián De La Cruz e Gabriel Ruiz. Il gruppo sceglie di muoversi lungo la Supercanaleta, via aperta nel 1965 segnando la seconda ascensione alla montagna.

In Patagonia l’alpinismo invernale non è molto radicato, per questo la salita del 1986 ha una grande importanza. Durante l’ascensione gli alpinisti si trovano a lottare con temperature rigide, capaci di rendere la scalata veramente difficile. Al rientro dalla spedizione, a causa di queste, Gabriel Ruiz subisce un’amputazione dovuta a un grave congelamento. Solo pochi alpinisti scelgono di cimentarsi con l’inverno australe.

Vie alpinistiche

Il Fitz Roy è costituito da granito. Ha fianchi molto verticali e anche molto diversi tra loro. Il versante più conosciuto e battuto dagli scalatori è quello sud-est, che è anche il più corto da salire; quello est appare come una grande e mastodontica muraglia rocciosa; a nord e ovest si apre invece una bella parete ricca di diedri e spigoli, perfetta per l’arrampicata libera. Su questi si sono scritte negli anni pagine di memorabile alpinismo dove si sono messi alla prova i migliori alpinisti di ogni tempo.

La via “normale” di accesso alla vetta è la Via franco-argentina, aperta nel 1984. Si tratta di una variante al percorso dei primi salitori Magnone e Terray. Un itinerario più diretto che si discosta diverse volte dal primo tracciato disegnato su questa aerea montagna. I primi tre tiri sono uguali per entrambi i percorsi, quindi si discosta per andare ad attaccare un diedro. Lo si supera ritornando sul primo storico percorso e si continua la salita. La parte alta offre molteplici opportunità di scalata, tutte ugualmente difficili. Molti scelgono di proseguire verso sinistra, ma il percorso dei primi salitori (sulla destra) è molto più facile. Superati questi tratti le asperità si fanno poi sempre più moderate mano a mano che si sale verso l’alto. L’ultimo tratto è costituito da un’arrampicata su misto con pendenze a 45 gradi. A immaginarla, e poi a salirla, sono stati Alberto Bendinger, Eduardo Brenner, Marcos Couch e Peter Friedrich. Una spedizione regolare la loro, senza problemi di sorta se non quelli legati al maltempo. Una condizione con cui gli alpinisti imparano a convivere in fretta quando decidono di affrontare la Patagonia. Prima di riuscirci gli scalatori si cimentano in vari tentativi, tutti falliti per colpa delle intemperie.

Nel corso degli anni sono state aperte numerose altre vie alpinistiche sulla montagna.

Salite degne di nota

Guida al Fitz Roy

La prima cosa da fare per chi fosse interessato a raggiungere il Fitz Roy, per poterlo ammirare con i propri occhi o per scalarlo, è volare su Buenos Aires. Da qui è possibile volare su El Calafate da cui partono regolari corriere dirette a El Chaltén (2 h), campo base da cui partire in esplorazione del Fitz roy. El Chaltén è un paese giovane, fondato nell’ottobre del 1985. Una alternativa per raggiungere il centro è prendere un bus da Bariloche, anche se meno frequenti e il viaggio dura circa 25 ore.

Una volta raggiunta El Chaltén tutti gli spostamenti possono essere organizzati a piedi. Con un trekking di circa 8 ore è possibile raggiungere Laguna de los Tres, da cui ammirare il Fitz Roy. Sempre partendo dal paese, in 3 ore e mezza, si raggiunge Laguna Torre, da cui è possibile ammirare il Cerro Torre.

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