Sicurezza in montagna

Recco, come funziona il sonar che trova i dispersi in valanga

L’incidente della Val Majelama, in Abruzzo, dove quattro escursionisti sono stati sepolti da una gigantesca valanga, ha fatto conoscere al grande pubblico e ai media un sistema di sicurezza nato e prodotto in Svezia, e diffuso sulle Alpi e sull’Appennino. Oggi i rilevatori Recco vengono utilizzati da più di 600 località sciistiche e strutture di Soccorso alpino, in 28 paesi dell’Europa e del Nordamerica.

Un po’ di storia

La storia del sistema Recco inizia nel 1973, nella località sciistica svedese di Åre. Alcuni sciatori vengono travolti da una valanga, ma la lentezza dei soccorsi impedisce di trovarli ancora in vita. Dopo la tragedia uno dei soccorritori, Magnus Granhed, inizia a lavorare a uno strumento che consenta delle ricerche più rapide. I primi rilevatori Recco, realizzati con la collaborazione dell’Istituto Reale di Tecnologia di Stoccolma, entrano in funzione tra il 1981 e il 1982 in Svezia, a Zermatt e in Tirolo, per poi diffondersi in altre zone delle Alpi. Nel 1983 vengono messe sul mercato le prime piastrine riflettenti, da fissare all’abbigliamento o agli scarponi, che facilitano enormemente il lavoro dei soccorritori. Il primo salvataggio di una persona sepolta grazie al sistema Recco avviene nel 1987 a Lenzerheide, in Svizzera.

Come funziona

Il rilevatore Recco è una specie di sonar. Il Recco SAR, trasportato da un elicottero, può individuare un segnale a 80 metri di distanza. Ma anche il rilevatore leggero, che si usa a mano, ha una portata importante” spiega Jacopo Bufacchi, guida alpina e soccorritore valdostano che lavora per la Recco in Svezia.

Il sistema svedese non è un’alternativa all’ARTVA, il trasmettitore che consente a chi lo indossa di essere individuato sotto alla neve e di cercare un compagno di escursione sepolto. Molti modelli recenti di ARTVA includono un’antenna Recco, e facilitano il ritrovamento di uno scialpinista o di un escursionista anche attraverso il sistema svedese.

Il rilevatore è un trasmettitore-ricevitore che emette un segnale direzionale da un’antenna. Se il segnale colpisce un riflettore, viene ritrasmesso verso il rilevatore e convertito in un impulso audio, il cui volume è proporzionale all’intensità del segnale ricevuto. Il segnale passa facilmente attraverso aria, neve asciutta e ghiaccio. L’acqua liquida invece lo assorbe. Nelle stagioni calde, quando la neve è bagnata, la portata del rilevatore diminuisce. Il sistema funziona in modo ottimale se il disperso ha addosso una piastrina, un’antenna con incorporato un diodo, che costa poche decine di euro. Oggi numerosi modelli di sci, giacche, scarponi, zaini e caschi hanno la piastrina già incorporata. Se non c’è la piastrina Recco, i nostri rilevatori possono individuare oggetti elettronici come un telefonino o le chiavi dell’auto, anche se sono ormai scarichi. Anche gli oggetti di metallo producono un’interferenza rilevata dal sistema, ma il segnale è molto più debole” prosegue Jacopo Bufacchi.

Il sistema svedese non serve solo in caso di valanga. In Nordamerica e in Scandinavia, da anni, viene usato con successo per individuare dispersi in zone rivestite da foreste, non coperte da segnale per i telefoni cellulari. E’ utile ricordare che il business della Recco consiste nel produrre e vendere le piastrine, e i rilevatori (manuali e da elicottero) vengono dati in comodato d’uso gratuito. “Utilizziamo il rilevatore da elicottero Recco SAR anche in estate, soprattutto per cercare cacciatori o cercatori di funghi nei boschi. In quei casi l’allarme arriva la sera, e le ricerche con le squadre di terra sono lunghe, faticose e complicate” spiega Adriano Favre, responsabile del Soccorso Alpino valdostano. 

In Italia

In Italia, fino a oggi, esistono tre rilevatori Recco SAR da elicottero, con base ad Aosta, a Trento e a Bolzano. In Val Majelama sono stati utilizzati per un giorno ciascuno i primi due, poi le ricerche sono proseguite con i rilevatori a mano in dotazione al Soccorso Alpino e Speleologico Abruzzo, al Soccorso Alpino della Guardia di Finanza e alle stazioni sciistiche abruzzesi. 

In estate il rilevatore appeso all’elicottero è utile anche per cercare delle persone disperse su un ghiacciaio, e magari cadute in un crepaccio” prosegue Adriano Favre. “Certo, il sistema funzionerebbe meglio se tutti avessero addosso le piastrine. Il segnale emesso da chiavi o telefonini è molto debole, quello della piastrina arriva nella cuffia dell’operatore come una fucilata”. 

Oggi, gran parte degli scialpinisti, oltre all’ARTVA, porta con sé una piastrina Recco. Il vero problema per la sicurezza sta nell’enorme diffusione che l’escursionismo con le ciaspole, come quello estivo sui sentieri, ha conosciuto negli ultimi anni. Le ricerche di mercato più recenti parlano di circa 700.000 persone. Nell’ultimo anno, anche a causa del Covid, il numero è certamente aumentato. “L’aumento della passione per la montagna è positivo. Il problema è che molte di queste persone non conoscono il terreno, non hanno l’equipaggiamento adatto, partono senza affidarsi alle guide alpine o senza partecipare a un corso del CAI” spiega Walter Milan, portavoce del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico. 

Il risultato sono incidenti come quello della Val Majelama, dove pure le vittime conoscevano la montagna in veste estiva. O quello del 31 gennaio scorso a Estoul, in Val d’Ayas, quando una grande valanga è caduta su una strada poderale percorsa da ciaspolatori, seppellendo quattro persone. In questo caso, però, il Soccorso Alpino le ha recuperate tutte in vita.   

Il sistema Recco, in realtà, è diffuso anche sull’Appennino. “Tra l’Emilia e il Molise, circa 50 tra stazioni sciistiche e strutture emergenza, inclusi il Soccorso Alpino dell’Abruzzo e quello della Guardia di Finanza, hanno a disposizione un rilevatore manuale” spiega Angelo Grilli, tecnico di elisoccorso dell’Umbria e istruttore ufficiale della Recco. Lo stesso Grilli, ogni inverno, insegna a un centinaio di persone (soccorritori del CNSAS, forze dell’ordine, personale delle stazioni sciistiche) come effettuare una ricerca con gli strumenti Recco. Lo stesso lavoro, tra la Liguria e il Friuli, viene svolto da una decina di altri istruttori. “Abbiamo un rilevatore SAR da elicottero pronto anche per l’Appennino. Quando entrerà in funzione, meteo permettendo, potrà entrare in azione nel giro di un’ora o poco più dall’allarme” spiega ancora Jacopo Bufacchi della Recco. 

Negli anni scorsi, però, nessuna struttura di soccorso dell’Italia centrale si è fatta avanti con l’azienda svedese per prendere in carico lo strumento. Oggi, dopo la valanga della Val Majelama e la necessità di far arrivare gli strumenti da Aosta e da Trento, il “buco” dovrebbe essere finalmente colmato. Le tragedie, qualche volta, possono avere delle conseguenze positive. 

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4 Commenti

  1. SONO FORSE completemente sorpassati i palloni “avalanche ball” o le cordicelle colorate a strascico?Nulla vieterebbe di lasciarli penzolare al rimorchio senza aspettare di azionare pulsanti di sgancio quando si vede ( o si dovrebbe vedere)la valanga partire ( e’cosi’ comprensiva di noi umani da scendere al rallentatore ?)Ovviamente in aggiunta a Recco ed Artva, ma se per caso gli aggeggi materiali dovessero emergere, lo si vedrebbe subito senza elettronica.

  2. Interessante articolo,per chi non conosceva questo tipo di ricerca.Peccato pero’ che quando i soccorritori arrivano ad usare il rilevatore Recco,le possibilità di trovare ancora in vita i travolti sono pressoché svanite.Questo va anche detto…

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