AlpinismoAlta quota

Valanghe e maltempo in Pakistan, 121 vittime. Bloccate le spedizioni al Broad e Gasherbrum

Il Pakistan sta vivendo negli ultimi giorni una situazione meteo drammatica. Secondo l’Associated Press, da domenica sono morte a causa del maltempo 121 persone, 59 le vittime a causa delle valanghe nel Kashmir pakistano nelle ultime 24 ore. Numerosi i dispersi e i danni, che devono essere ancora stimati.

Anche il Gilgit-Baltistan (regione che ospita il K2, Broad Peak e i Gasherbrum) è record: non nevicava così da almeno 50 anni.

Una situazione difficile che si sta ripercuotendo anche sulle spedizioni che al momento si trovano sul Baltoro.

Broad Peak

Al Broad Peak nessuno si muove e si attende che passi la tempesta. Prima però di poter tornare a lavorare sulla montagna bisognerà aspettare che le pareti scarichino l’abbondante neve caduta e che la situazione si assesti.

Probabilmente per molti alpinisti la parte più difficile di una spedizione è aspettare. Attendere la giusta finestra di bel tempo, di essere abbastanza acclimatati o forse di essere di nuovo in salute. In questi giorni stiamo aspettando che passi la tempesta. Per passare il tempo ci riuniamo nel calore della nostra tenda-cucina per leggere, lavorare, pianificare i prossimi passi, ascoltare musica, scrivere con il satellitare alla famiglia e agli amici o per mangiare l’enorme quantità di cibo che bisogna consumare qui. Altre cose da fare sono asciugare i nostri sacchi a pelo (possono essere necessarie ore), fare il bucato, fissare le tende o, se il tempo lo permette, fare qualche escursione o arrampicata su ghiaccio” racconta Lotta Hintsa.

La prossima rotazione, come ci ha anticipato Denis Urubko, dovrebbe avvenire tra il 17 e il 19 gennaio. Si proverà ad aprire la via oltre campo 2, dove al momento c’è un deposito con 200m di corda e gas utili per il futuro tentativo.

Gasherbrum

Dal vicino campo base dei Gasherbrum, Simone Moro racconta come il team sta gestendo questi giorni di maltempo.

Il vento è stato decisamente il protagonista, ci ha tenuti svegli tutta notte, distrutto la tenda Toilet e la tenda Doccia. Tutto il resto ha resistito perfettamente. L’esperienza mi aveva suggerito di posizionare il campo base in un avvallamento profondo, sede estiva del torrente che nasce dal ghiacciaio. Con il vento anche le nevicate degli ultimi giorni avevano coperto i nostri bagagli e i bidoni in plastica contenenti le provviste. Nulla di grave, bisognava spalare e far riemergere tutto e Tamara si è fatta carico di gran parte del lavoro”, scrive l’alpinista.

Moro racconta anche che, nonostante il meteo sfavorevole, ha provato a tornare con Tamara sul ghiacciaio, una decisione che si è rivelata azzardata, come spiega lo stesso Simone raccontando di aver provocato una valanga con il loro passaggio. Tutto bene, ma poteva andare molto peggio. “Tutta la nostra traccia era sparita, tutto il lavoro delle due settimane precedenti cancellato e abbiamo dovuto ricominciare da capo, spesso senza riferimenti e con un nuovo pericolo, le grosse placche a vento create proprio dal protagonista della notte. Dopo circa un’oretta di partenza dal campo base e alcuni tipici rumori di cedimenti della neve sotto i piedi ( il classico VOOM!) abbiamo provocato un pericolosissimo distacco che seppur di dimensioni non enormi poteva esserci fatale. Noi eravamo a valle in un canale e tutto il pendio sopra di noi ha ceduto ed è scivolato verso di noi fermandosi praticamente ai miei piedi. Un avvertimento chiaro! Fossimo stati sopra uno dei tanti seracchi pendenti del ghiacciaio sommitale, un distacco così sotto i piedi significa scivolare fino al bordo del seracco e poi cadere sotto nel crepaccio e venire sotterrati da tutta la placca di neve. Dietro front, tornati al Base”.

Un’esperienza che ha portato il bergamasco a una riflessione su cosa significa davvero affrontare un’invernale su un 8000, non solo una questione di gradi: “Le invernali non sono un “gioco” per chi osa di più ma per chi ha più pazienza e saggezza. Sono davvero ascensioni per pochi, qua ti salta il tappo velocemente. Non si tratta di essere esposti al freddo per pochi minuti al giorno ma costantemente per mesi, no stop, isolato dal mondo e dalle comodità basilari, dove non è il grado di difficolta a definire la prestazione (magari fosse una questione di numeri e gradi), ma di resilienza e resistenza. Chi non ha mai provato, credetemi, non può né capire né immaginare. Nulla di eroico, ma attenti a non ridurre il tutto alla sola bassa temperatura. I polacchi che hanno inventato questa specialità sono stati davvero “degli ice warriors” e a loro va la mia assoluta ammirazione. Aver raccolto da loro eredità significa ogni volta caricarsi di un peso gigante. Nonostante 16 spedizioni invernali, ogni volta mi viene richiesto il massimo dello sforzo fisico e mentale unito da quello decisionale. Ora aspettiamo il bel tempo. La testa adesso non è più solo al crepaccio in cima al ghiacciaio e alla scaletta da trasportare per attraversarlo, ma ora anche ai distacchi spontanei di neve. Tutto va considerato e affrontato nei prossimi giorni”.

Tags

Articoli correlati

3 Commenti

    1. Chissà tu come ti sentirai appagato a passare la vita al lavoro e sul divano. Voglio esserti di conforto, nessuno potrà dire che te la sei cercata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close