Valanghe sull'Hornbein: notte di terrore
LHASA, Tibet — Una valanga che fa a pezzi la loro tenda. Una notte all’addiaccio affacciati sull’abisso, su una misera cengia di 40 centimetri. E poi la fuga verso il campo base, per mettersi al riparo da quel canalone che, con il maltempo, si è trasformato in una trappola mortale. Sono salvi per miracolo Alberto Inurrategi, Mikel Zabalza e Juan Vallejo, i tre baschi che nel weekend hanno tentato di salire l’Everest in stile alpino dal verticalissimo Hornbein Couloir. Ma, a quanto pare, non hanno intenzione di arrendersi.
I baschi erano arrivati a 7.200 metri salendo lungo il Couloir dei giapponesi. Stavano bivaccando, sperando di poter proseguire verso la vetta il giorno successivo nonostante le nevicate che, al contrario di quanto sostenuto dalle previsioni, avevano portato circa 15 centimetri di neve fresca sulla parete. Invece, durante la notte, un boato. Appena in tempo di capire cosa stava succedendo, e un’altra enorme valanga si è abbattuta sulla loro tenda, facendola a pezzi.
"Dopo i primi momenti di tensione – racconta Ramon Olasagasti, che li segue dal campo base – Alberto, Mikel e Juan sono riusciti a lasciare la tenda e, nel cuore della notte, nonostante il buio pesto e lo spavento, hanno raggiunto uno spunto di roccia che avevano visto durante il giorno. Si sono rifugiati lì sotto e sono stati per tutta la notte affacciati sull’abisso, temendo ulteriori scariche".
"Tiravamo calci alla parete per evitare congelamenti ai piedi – ha raccontato Zabalza -. Poi alle prime luci dell’alba abbiamo iniziato a scendere in doppia lungo il canale che ormai era diventato molto pericoloso. Tra manovre, messe in sicurezza e discese, ci abbiamo messo sette ore. Sette ore sotto la minaccia di ulteriori scariche".
"Grazie a Dio abbiamo abbastanza esperienza per reagire velocemente a situazioni estreme come questa – ha detto Vallejo -. Ognuno di noi sa cosa deve fare e lo fa velocemente. Ecco perchè siamo riusciti a tornare vivi da lassù. Abbiamo avuto una notte terribile. La neve cadeva così forte che il rumore nascondeva qualsiasi altro suono. Il buio era assoluto. E sotto i nostri piedi c’erano mille metri di abisso".
I tre alpinisti sono arrivati al campo base letteralmente esausti, ma tutti sani e salvi. Chiusa la partita? Nemmeno per idea.
"Forse l’Everest ci darà un’altra chance nei prossimi giorni – ha detto Inurrategi -. Salendo abbiamo trovato neve di tutti i tipi, a volte dura, a volte polverosa. E quelle pendenze ci hanno costretto a dare il tutto per tutto: salivamo quasi sempre sulle punte dei ramponi, Mikel ha detto che ad un certo punto aveva i polpacci che stavano per scoppiare. Ma tutto sommato siamo riusciti ad essere più veloci che nel ’96. Speriamo di avere un’altra possibilità".
Foto courtesy http://www.basqueteam.com/hornbein09