Wanda Rutkiewicz, l’indimenticabile guerriera degli Ottomila. Innumerevoli le sue salite estreme con team di sole donne
La straordinaria alpinista polacca cadde nel 1992 sul Kangchenjunga mentre cercava di scalare il suo nono Ottomila. E’ stata la prima donna della storia a salire sul K2 senza ossigeno
«Ognuno ha il proprio Everest da scalare»
Wanda Rutkiewicz
Aveva lo spirito di una guerriera delle montagne Wanda Rutkiewicz. Considerata una delle alpiniste più forti di tutti i tempi, è stata tra le prime a tentare la corsa agli ottomila. Carismatica, intelligente e ambiziosa, è stata pioniera dell’alpinismo himalayano e delle sfide ardite: la prima donna della storia in vetta al K2, scalato senza ossigeno, e la prima europea sull’Everest.
Sebbene ogni tanto arrampicasse in cordate miste, la scalatrice polacca era particolarmente impegnata nell’alpinismo femminile, organizzava spedizioni composte esclusivamente da donne e ha sempre dimostrato con i fatti che la disparità tra donne e uomini è una questione culturale e non fisica, rivendicando l’uguaglianza in un ambiente molto maschilista come quello che ancora oggi è l’alpinismo. Era convinta che le donne dovessero prendere le loro decisioni ed essere pienamente responsabili di loro stesse. Coraggiosa, visionaria e determinata, Wanda Rutkiewicz, che era anche ingegnera elettrica, superava ogni stereotipo e raggiungeva traguardi ritenuti impossibili prima di lei: così, grazie alla sua tenacia, entrò presto a far parte di quel gruppo di alpinisti di punta che facevano della montagna la loro ragione di vita. Occhi espressivi di un’esploratrice, con una mente brillante, elegante, in montagna Wanda Rutkiewicz aveva una forza di volontà straordinaria e un’eccezionale resistenza fisica e mentale.
Vita privata
Wanda Rutkiewicz è nata a Plungé, in Lituania, allora territorio polacco, il 4 febbraio 1943 ed è morta nel maggio del 1992 sul Kangchenjunga, mentre cercava di scalare la sua nona vetta sopra gli ottomila. Dopo la seconda guerra mondiale si trasferisce con la famiglia in Polonia del sud, a Wrocław, dove si laurea in ingegneria elettrica al Politecnico di Breslavia, e lavora in seguito all’Istituto di Macchine Matematiche di Varsavia. È un imprevisto che cambierà per sempre la sua vita: nel 1961 la sua moto finisce il carburante e una delle persone che si ferma per aiutarla la invita a unirsi a una scalata, così, forse per destino, si accorge della sua passione e del suo talento. Non ci avrebbe mai più rinunciato. Wanda Rutkievicz si è sposata e ha divorziato due volte e non ha avuto figli. Persona molto creativa, ha realizzato diversi film di montagna, scriveva bene e organizzava serate di diapositive e lezioni, sia nel suo Paese che all’estero.
La guerriera delle montagne
La grande avventura alpinistica di Rutkiewicz inizia dapprima sulle rocce di casa, poi su quelle degli Skalki, poi di Jura e degli Alti Tatra (Mnich) dove realizza imprese fenomenali ed estreme. Nel 1967, insieme a Halina Krüger, compie la traversata del Monte Bianco, sale la Est del Grépon e l’Aiguille des Grands Charmoz. L’anno successivo scala il gigantesco Troll Wall in Norvegia. In seguito arrivano le sue prime spedizioni, al Pik Lenin (1970), al Noshaq, in Hindukush (1972). Nel 1973 realizza la seconda ripetizione assoluta, dopo Messner e Hiebeler, del Pilastro Nord dell’Eiger, con Danuta Wach e Stefania Egierszdorff. Queste gesta, unite al suo talento naturale, formano le capacità necessarie per le superbe e difficili salite che avrebbe realizzato in ogni angolo del globo: Alpi, Norvegia, Pamir, Hindu-kush, Ande, Patagonia, Tibet, Yosemite e, in particolare, Karakorum e Himalaya.
Nel 1975 la guerriera polacca guida la prima spedizione di sole donne al Gasherbrum III: Halina Krüger e Anna Okopinska salgono il colosso senza ossigeno. Nel 1977 tenta la salita la Nord del Cervino in inverno, con Anna Czerwinska, Krysztyna Palmowska e Irena Kesa, ma solo Czerwinska raggiunge la vetta. Il 16 ottobre 1978 diventa la terza donna della storia e la prima europea a scalare l’Everest: un successo accolto con immenso clamore mediatico, soprattutto in Polonia dove nessuno prima di lei era salito in cima alla montagna più alta della Terra. Nel 1982 decide di organizzare una spedizione femminile al K2, arrivando al campo base con le stampelle per un incidente che le era capitato l’anno precedente sull’Elbrus (Caucaso). Nel 1985 scala la parete Sud dell’Aconcagua.
Riesce a salire in cima ad altri sette ottomila nel giro di poco tempo. Conquista il Nanga Parbat il 15 luglio del 1985: non è la prima salita femminile, compiuta l’anno prima da Liliane Barrard con il marito Maurice, ma è la prima spedizione di sole donne ad arrivare in cima. Con lei c’erano with Krystyna Palmowska e Anna Czerwinska. Il 23 giugno del 1986, al suo terzo tentativo, riesce in un’altra epica impresa: conquista il K2, prima donna al mondo, senza ossigeno supplementare, ad arrivare lassù, insieme ai coniugi francesi Liliane e Maurice Barrard, che perdono la vita durante discesa, e a Michel Parmantier. Tocca la sommità dello Shishapangma, il suo quarto ottomila, nel 1987. Con l’amica Ewa Pankiewicz tenta invano il Cerro Torre, poi si unisce a una spedizione femminile inglese al Gasherbrum II, e mette piede sull’apice nel luglio 1989.
Nel 1990 l’alpinista polacca annuncia ufficialmente la sua intenzione di raggiungere la sommità di ognuno dei quattordici giganti della Terra, chiamando questo suo desiderio «a caravan to dreams». Scala con Ewa Panejko-Pankiewicz, in stile alpino, il Gasherbrum I nel 1990. Sale in solitaria sia il Cho Oyu nel 1991 sia l’Annapurna nel 1991, dalla famigerata parete sud. I suoi sogni vengono tragicamente troncati nel 1992 sul Kangchenjunga, che sarebbe stato il suo nono ottomila, quando partecipa a una spedizione polacco-messicana, che tentava la parete Nord. Il 12 maggio Wanda Rutkievicz fu vista l’ultima volta dall’alpinista messicano Carlos Carsolio a 8.300 m, circa 250 metri dalla vetta. Viene data per scomparsa il 13 maggio 1992: aveva 49 anni. Tre anni dopo, nel 1995, il suo corpo è stato ritrovato sul versante opposto rispetto a quello dove era stata vista l’ultima volta, da una spedizione italiana composta da Silvio Mondinelli, Simone Moro, Fausto De Stefani, Marco Galezzi, Mauro Mabellini, Omar Oprandi e Josef Rakonkaj: gli alpinisti le diedero un ultimo “addio” lasciandola andare, delicatamente, in un crepaccio liscio e obliquo.
Curiosità
Il nome di Wanda Rutkiewicz diventerà famoso in tutto il mondo e fonte d’ispirazione per tutti gli scalatori quando l’alpinista polacca raggiungerà la cima dell’Everest il medesimo giorno dell’elezione di Papa Giovanni Paolo II, della sua stessa nazionalità (è anche lo stesso anno in cui Reinhold Messner e Peter Habeler raggiungono la sommità senza ossigeno, per la prima volta nella storia). L’anno seguente l’alpinista avrà l’onore di incontrare il pontefice di persona. A distanza di 41 anni dalla sua grande impresa sull’Everest, l’alpinista polacca è stata celebrata con un doodle di Google, cappello in testa e zaino in spalla, mentre raggiunge l’apice della montagna innevata. La straordinaria guerriera ha ricevuto anche un altro omaggio, questa volta dal mondo della creatività street art, diventando un murale enorme su una casa di Breslavia, città polacca dove l’alpinista è crescita ed ha vissuto. L’espressione artistica è stata realizzata da alcune creative del collettivo Red Sheels, per il progetto “Donne sui Muri”: Wanda Rutkiewicz era stata votata dai lettori del giornale Wyborcza come donna polacca più importante del secolo.
Film di Wanda Rutkiewicz
- Tango Aconcagua, Krzysztof Lang, Polonia / 1989 / 15′ – documentario
- Donne di neve, Wanda Rutkiewicz
Libri di Wanda Rutkiewicz
- Wanda Rutkiewicz. La signora degli ottomila, Gertrude Reinisch, Cda & Vivalda Editori.
- Ritratto scritto nel 1999 da Gertrude Reinisch, sua amica e compagna di spedizione.
«Tutto ciò che mi mancherà dopo la morte saranno le montagne».
Wanda Rutkiewicz
Articolo scritto originariamente da Marta Manzoni, aggiornato dalla redazione di Montagna TV il 10 maggio 2024
Fascino allo stato puro.
Se a qualcuno interessa la vera storia del presunto ritrovamento delle spoglie della sfortunata alpinista, dovrebbe leggere Wikipedia inglese dove così si controbatte all’insistenza della versione italiana: “…un’analisi più dettagliata del ritrovamento degli scalatori italiani, basata sul colore degli abiti e sulla presenza, assieme al corpo, di tavolette di marca bulgara, indicano che sia molto più probabile che si tratti del corpo della scalatrice bulgara Yordanka Dimitrova, che è stata uccisa da una valanga sul fianco sud-ovest del Kangchenjunga nell’ottobre del 1994”. Questo spiega come, nella letteratura estera, tale fatto (il ritrovamento) non sia mai stato citato.
personaggio forse meno noto di quanto meriterebbe, a mio, modestissimo, giudizio affascinante e straordinario