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L’elemento umano nella fotografia di Paesaggio

La presenza umana, nel paesaggio, per rendere l’idea di grandezza e la proporzione con la montagna

La presenza umana, nel paesaggio, serve anche a rendere l’idea di grandezza e la proporzione con la montagna. Un escursionista che cammina su un sentiero è anche utile per illustrare la tipologia dell’itinerario, proprio come vedete negli articoli di Montagna.TV.
In genere i puristi della fotografia di natura e di paesaggio tendono ad eliminare la presenza umana che può essere diretta, con l’uomo raffigurato nell’immagine, oppure indiretta, comprendendo nella composizione l’opera dell’uomo, come un rifugio, una staccionata e altri elementi artificiali. Le Alpi e gli Appennini sono sicuramente da considerare come un ambiente naturale, ma lo stesso paesaggio è stato modellato, nei secoli, dalla presenza umana, così come i pascoli, i boschi e, ovviamente, lo stesso sentiero su cui ci muoviamo per le nostre escursioni.

Lago di Antrona. Foto Cesare Re

Paesaggio Ambientato

Per “paesaggio ambientato”, intendiamo immagini di paesaggio con uno o più soggetti umani che servano come proporzione, oppure per mostrare il tipo di sentiero che si sta calpestando lungo un itinerario in montagna. Non si parla, quindi, di fotografia di reportage, dove la presenza umana è sempre determinante, ma di un soggetto umano che è parte integrante della composizione della foto stessa. Anche Vittorio Sella, il maestro della fotografia di montagna, amava riprendere gli alpinisti con lo sfondo di montagne e ghiacciai, soprattutto per evidenziare le proporzioni e la grandiosità dell’ambiente. Un’escursionista che cammina su una pietraia o in un bosco aiuta a mostrare l’estetica degli alberi e delle rocce, la pendenza di un sentiero e anche il tipo di terreno che può essere di terra battuta, selciato, se è sconnesso o ben battuto, oppure se ci sono tratti attrezzati con catene o corde fisse. Anche l’opera dell’uomo, ovvero strade, case, rifugi, steccati, impianti di risalita, dighe di invasi e altri soggetti artificiali, possono contribuire a raccontare un paesaggio, sia per la sua bellezza estetica, sia per l’impatto ambientale che ne deriva, utilizzando così la fotografia come mezzo di divulgazione per la conservazione dell’ambiente. Da un punto di vista tecnico, quindi, come possiamo fotografare le persone nel paesaggio? Sono molte le possibilità che vadano oltre la semplice fotografia di un soggetto umano. Vediamo quali.

Persona e paesaggio e…abbigliamento

La messa a fuoco si effettua sulla persona, nella maggior parte dei casi. Si ricompone poi l’inquadratura e si scatta. Da un punto di vista compositivo, le regole o “i consigli di composizione” sono esattamente gli stessi di qualsiasi genere fotografico. Solitamente non si consiglia di piazzare il soggetto in centro, anche se nulla è severamente “vietato”. In ogni caso, se avete amici o compagni di escursione con vestiti colorati, la vostra immagine risulterà più interessante e la persona sarà più evidente. Da evitare colori come il bianco, il nero e varie tonalità mimetiche oppure zaini con imbarazzanti scritte di sponsor vari ed eventuali. Pensate ad una bella inquadratura, un prestante escursionista in primo piano e il Cervino sullo sfondo e poi, sullo zaino, una bella scritta fosforescente: “Banca dei Risparmiosi coscienziosi” o similari. Insomma, direi che sarebbe opportuno rimanere sul classico anche per il look.

Grandangolo e teleobiettivo

Si può comprendere l’elemento umano in inquadratura utilizzando varie ottiche. Col grandangolo avremo il soggetto più vicino e incombente. Attenzione alle montagne, potrebbero risultare un po’ lontane. L’effetto opposto si ottiene utilizzando un teleobiettivo, grazie alla compressione dei piani. Mettendo a fuoco la persona, con le cime sullo sfondo, la distanza tra il primo piano e le montagne sembrerà essere minore di quanto non sia in realtà, rendendo le vette ancora più incombenti. Se ti interessa approfondire questa tematica, ne ho parlato in una delle scorse puntate: “Grandangolo e teleobiettivo, nel paesaggio di montagna”.

Profondità di campo ridotta

In alcuni casi, può essere interessante ridurre la profondità di campo, per esempio se vogliamo evidenziare un segnale di sentiero o un cartello escursionistico. Si mette a fuoco il segno di sentiero, un ometto in pietra, oppure un cartello indicante un itinerario e si comprende nell’inquadratura, nello sfondo, una persona. Si utilizza un diaframma aperto, tipo 2,8 oppure 4, in modo da ottenere ben nitido il primo piano (cartello, ometto, ecc) e l’escursionista soffuso e sfumato.

Mosso e fermo

Un’altra caratteristica dell’immagine può essere la scelta di ottenere la persona ferma, oppure con una posa che evidenzi il movimento, ovviando così ad uno dei limiti della fotografia: la staticità. In questo secondo caso è da tener presente che il soggetto assume un’importanza notevole, anche rispetto al paesaggio, poiché attira l’attenzione dell’osservatore. Si utilizzano gli iso più bassi impostabili. Si piazza la fotocamera sul cavalletto e si chiude il diaframma al massimo (tipo f 16, f 22), in modo da ottenere un tempo di posa corrispondente lungo. Si chiede, poi, alla persona di camminare, più o meno velocemente, a seconda delle condizioni della luce che, ovviamente, contribuiscono a determinare il tempo di posa più o meno lungo. Si otterrà così un effetto scia del soggetto.

Silhouette

La silhouette, ovvero la sagoma di una persona nera e priva di dettagli, con lo sfondo di una cima è un modo classico per rappresentare questo tipo di fotografia, considerando anche che la mancanza di colore dell’escursionista non distrae l’occhio dell’osservatore dalla scena generale. Tecnicamente si misura l’esposizione sulla parte più luminosa dell’immagine, per esempio il cielo, e poi si sottoespone in modo da rendere la persona, che si trova già in una zona di ombra netta, priva di dettaglio, insomma totalmente nera. È opportuno prestare attenzione alla posizione del soggetto umano che deve trovarsi totalmente in ombra, dalla testa ai piedi, e non deve essere neanche parzialmente illuminato; rischieremmo, altrimenti, di avere una parte del soggetto, per esempio le gambe, nere, e il torso e la testa illuminate.

Il nero profondo e senza dettagli della persona in silhouette, accentuato in post produzione

Scattando in digitale, la gamma dinamica (la latitudine di posa della pellicola) è notevole e, spesso, risulta più difficile ottenere la persona, o il soggetto principale, con una silhouette completamente nera e prova di dettaglio, anche sottoesponendo notevolmente in fase di ripresa. Sottoesporre, tra l’altro, rende più scura non solo la silhouette, ma anche il resto del paesaggio. È, quindi, necessario intervenire in post produzione. Il metodo più semplice è utilizzare comandi che consentano di scurire le ombre e, quindi i neri. In Photoshop, per esempio, esiste il comando: immagine – regolazione – luminosità e contrasto: si regolano i due parametri, accentuando la silhouette. Si può usare anche: immagine – regolazione – correzione colore selettiva: si selezione il nero (in alto ove c’è il comando: colore) e, successivamente, si accentua la percentuale di colore nero.


Il Monte Bianco

La Silhouette, un modo di rappresentare gli escursionisti, durante un trekking. Il Monte Bianco sembra ancora più grandioso e imponente. La silhouette, ovvero la sagoma di una persona nera e priva di dettagli, con lo sfondo di una cima è un modo classico per rappresentare questo tipo di fotografia, considerando anche che la mancanza di colore dell’escursionista non distrae l’occhio dell’osservatore dalla scena generale. Tecnicamente si misura la parte più luminosa dell’immagine, per esempio il cielo, e poi si sottoespone in modo da rendere la persona, che si trova già in una zona di ombra netta, priva di dettaglio, insomma totalmente nera.  Sottoesposizione di 1 stop. Misurazione spot sulle rocce grigie del Monte Bianco.
Nikon D 300; Nikkor 24-120 AFG 3,5 / 4,5; f 11; 1/50; iso 200.


Il Monte Rosa

Gli imponenti seracchi del Monte Rosa, sul ghiacciaio del Belvedere, a Macugnaga. Senza la persona davanti, la foto avrebbe avuto un impatto visivo molto diverso e non si sarebbe resa la proporzione degli elementi. Lo zaino rosso aiuta!
Nikon D700; Nikkor 24-70 2,8 AFG.


I ghiacci del Breithorn

Lungo i ghiacci del Breithorn, nel mondo dei 4000 m, con vista sul Cervino e il mare di nubi che incombe dalla Valtournenche. I due alpinisti in proporzione rendono l’idea della grandiosità dell’ambiente. Senza le persone? Sarebbe stata comunque una foto suggestiva. La presenza umana, però, rende ancora meglio l’idea.
Nikon F90x; Nikkor 24.120 AFD 3,5/ 4,5; Fujichrome Velvia 50.


Il Parco Puez Odle

L’inquadratura è nettamente più stretta e selettiva, senza un paesaggio grandioso, ma descrive un angolo di bosco, nel Parco Puez Odle. In questo caso la figura umana è rappresentata con l’ombra.
Nikon F90x; Nikkor 24 2,8 AIS; Fujichrome Velvia 50.


Il Lago di Antrona

Lago di Antrona ed escursionista con effetto mosso. Fotocamera su treppiede, tempo di posa lungo e leggera corsa del soggetto. In questo modo si riesce ad ovviare ad uno dei limiti della fotografia, ovvero la mancanza del movimento. Quale tempo di posa? Dipende dalla velocità del soggetto e dalla quantità di luce. Ovviamente è una sorta di fotografia empirica. Si prova, sino ad ottenere il risultato voluto. Qui, il tempo di posa è di 1/15 di secondo.
Nikon D850; Nikkor 24.70 2,8 AFG.


L’Alpe di Mera

Nei pressi dell’Alpe di Mera, in Valsesia. La messa a fuoco è sul cartello, in primo piano. Il diaframma è aperto a f 2,8, in modo da avere una profondità di campo molto ridotta e ottenere lo sfondo meno leggibile.
Nikon D850; Nikkor 24.70 2,8 AFG.


Il Monte Moro

A Macugnaga, scendendo dal Monte Moro. La messa a fuoco sul primo piano e il diaframma molto aperto, consentono di rendere l’escursionista soffuso, sullo sfondo, rendendo anche l’idea del movimento.
Nikon D850; Nikkor 24.70 2,8 AFG.


La Val Gardena

Un ambiente di pascolo, in Val Gardena, dove la mano dell’uomo è evidente, anche senza la sua presenza fisica. Il pascolo è stato sicuramente disboscato, molti anni fa. La baita, in alto, caratterizza molto la foto.
Nikon D800; Nikkor 24.70 2,8 AFG.


Il Passo dello Stelvio

La strada che si inerpica sul Passo dello Stelvio, con un grafismo particolare, descrive un forte impatto umano. Nikon D 700; Nikkor 24-120 AFG 3,5 / 4,5.


L’Alpe Pedriola

Tra i ghiacciai del Monte Rosa, dall’Alpe Pedriola, sovrastante Macugnaga. L’escursionista sulla roccia è ripreso in silhouette.
Nikon D810; Nikkor 24.70 2,8 AFG.


La Valgrisenche

Uno sguardo verso il Rutor, dalla Valgrisenche, con la persona in silhouette che osserva il fondovalle.
Nikon F5; Nikkor 35-70 2,8 AFD.


La Val Ferret

Il ghiacciaio di Prè de Bar, in Val Ferret, nel gruppo del Monte Bianco, salendo al Bivacco Fiorio. E’ un “quasi ritratto”, con l’alpinista a far da quinta alla foto e da proporzione al ghiaccio e alla roccia.
Nikon F5; Nikkor 35-70 2,8 AFD.


La Valtournenche

Non sempre è necessario comprendere la figura intera della persona. A volte un paio di scarponi sono messaggio e sinonimo di escursionismo. Ai piedi del Cervino, camminando verso il rifugio Duca degli Abruzzi, in Valtournenche.

Scopri la rubrica Fotografare in Montagna: qui la prima puntata, dedicata all’alba e al tramonto. Qui la seconda puntata, dedicata all’utilizzo di grandangolo e teleobiettivo. Qui la terza puntata, dedicata agli alberi. Qui la quarta puntata, dedicata agli animali. Qui la quinta puntata, dedicata al corredo per il foto-trekking. Qui la sesta puntata, dedicata ai laghi. Qui la settima puntata, dedicata ai paesaggi in bianco e nero. Qui l’ottava puntata, dedicata alla fotografia con lo smartphone. Qui la nona puntata, dedicata ai fiori.

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