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Castelrotto-Alpe di Siusi: “Vi racconto la cronoscalata che deciderà il Giro d’Italia”

Testo di Carlo Brena

CASTELROTTO, Bolzano — Allora mi mandi il pezzo? Come faccio a farti il pezzo se sono a pezzi. Hahaha, rido da solo. Imbecille, mi dico, ma questa è l’ironia dello sfinimento, dell’esaurimento. Whatsapp chiede cortesemente di spedire un articolo sulla tappa di domani che probabilmente deciderà il Giro, e io penso già all’attacco di un pezzo che dovrà essere attraente per quello che è. Quando appoggio la bici al muro convinto che il calvario sia finito, in quel momento capisco che devo raccogliere le ultime forze rimaste per raggiungere la camera al primo piano di questo splendido albergo di fronte allo Sciliar. Domani i girini si scateneranno in questa cronoscalata di una decina di chilometri che li porteranno uno ad uno da Castelrotto a Compaccio, sull’Alpe di Siusi. E la porta del paradiso per noi, ma che può essere il varco dell’inferno per loro, è questa ascesa che abbiamo voluto pedalare prima di raccontarla in questo pezzo. Pezzo per pezzo.

Il via è dal centro del paese, il cui nome deriva da un vecchio maniero romanico del 1200, chiamato appunto Castelvecchio, i cui ruderi sono ancora visibili e visitabili liberamente. Castelrotto è inserito nel Parco naturale dello Sciliar, ai piedi dell’Alpe di Siusi: mi piacerebbe definirlo un paradiso, ma non essendoci ancora stato, lo descriverei come un luogo di un “verde diverso”. Il verde dei prati, per me, non è uguale dappertutto: qui mi sembra più verde del verde, e questo mi accontenta. Lascio Castelrotto alle mie spalle e spingo un discreto rapporto, perché l’incipit di questa tappa è pianeggiante, persino in leggera discesa. Un chilometro di aria fresca in faccia e al rondo il sollazzo finisce: svolta a sinistra e si butta giù la catena davanti e si scala nei rapporti del pignone. Si va agili, senza forzare, perché, come diceva quel tale al proprio figlio in continua copula con la fidanzatina: “Tieni a mano la candela che la processione è lunga”. E io la candela la centellino per bene. Non sono solo, ovviamente. Qui è un brulicare di amatori che si provano sulla salita che domani, lo ripeto, fisserà una seria ipoteca sulla Maglia Rosa. I primi tre chilometri mettono in chiaro come sarà il resto della salita: la media è del 6-7% e mi viene in mente quello che precipitando da un grattacielo giunto al 30esimo piano dice: “Fin qui tutto bene”.

Al chilometro 4 la rotatoria con l’entrata nella zona ZTL. Qui durante l’anno si accede con la macchina solo se si è ospiti degli alberghi in quota. Diversamente si prende una ovovia in funzione tutto l’anno. Alla rotatoria la pendenza cambia: si passa da una a due cifre. Il Garmin sul manubrio segna 10-12%, e non c’era bisogno di un navigatore satellitare per capire che la ascesa è, per così dire, importante. Il bosco trasmette fresco e cerco di arginare la voglia di mettere il piede a terra. Supero ciclisti. Altri ciclisti superano me. Oggi nessuno vince.
Tornante. Sarà il primo di nove tornanti. Forse sono di più, ma io ne ho contati nove, poi l’acido lattico me lo ha impedito. Camper e tende accampati nei prati a bordo strada, e il contenuto alcolico è quello delle grandi occasioni: boccali di birra per gli altoatesini, vino (di quello bon) per il resto degli italiani.
Non conto i chilometri ma i metri di dislivello che mancano all’arrivo: i girini dovranno farne 800 domani. Io li ho appena fatti con un’ora di pedalata ininterrotta. Domani la Castelrotto-Alpe di Siusi scriverà la storia di questo Giro d’Italia. Io oggi ho scritto la mia, e se le storie si misurassero in “sofferenza e passione” andrei a letto con addosso la Maglia Rosa. Buonanotte.

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