Alpinismo

Moro e Urubko: invernale al Makalu

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LECCO — Un’invernale era nell’aria, dobbiamo dirlo. Ma nessuno, probabilmente, si aspettava che Simone Moro tirasse fuori dal cappello un’avventura del genere. Sarà nientemento che il Makalu, 8.473 metri, l’unico gigante himalayano mai salito in inverno nonostante una serie di illustri tentativi, il suo obiettivo stagionale. E sarà il fuoriclasse kazako Denis Urubko, che l’anno scorso ha vinto la nord del K2, il suo eccezionale compagno di cordata. Tenetevi dunque pronti, cari lettori: si prepara un inverno d’emozioni mozzafiato.

Si stanno chiudendo le porte della Sala Ticozzi, a Lecco, dopo la serata del Premio Riccardo Cassin, quando Moro finalmente decide di scucire i dettagli della spedizione invernale di cui si vociferava da tempo. E lascia tutti a bocca aperta. Perchè se era nell’aria che fosse un altro grande progetto, dopo i due tentativi al Broad Peak degli anni scorsi, di sicuro sentire le parole "Moro, Urubko, Makalu e invernale" nella stessa frase non può che stupire.

"Sì, ci proviamo io e Denis – confessa Moro col sorriso sulle labbra -. Sarà dura, perchè è quasi 30 anni che ci provano. Il primo tentativo lo ha fatto Renato Casarotto nel 1980, poi ci hanno provato tutti i più forti: Reinhold Messner due volte, Jerzey Kukuczka, Christophe Lafaille che purtroppo lassù è morto. E ci ha provato Urubko, l’anno scorso, con Nives Meroi. Insomma il Makalu è stato un banco di prova per una bella fetta dell’alpinismo. Magari, con un po’ di fortuna, stavolta potrebbe andarci bene".

L’avventura non è certo delle più semplici, anzi. E Urubko ne sa qualcosa. "E’ un inferno, lassù non si può sopravvivere" era stato l’agghiacciante commento fatto dall’alpinista kazako, l’anno scorso, dopo il secondo tentativo di vetta fallito a causa di una terribile bufera di vento. Lui e Sergey Samoilov, allora, erano riusciti a salire  fino a 7.500 metri di quota, ma avevano dovuto rinunciare dopo aver pernottato con un vento che soffiava a 135 chilometri orari e una temperatura di 36 gradi sottozero.

Ma evidentemente, è anche una sfida irresistibile, che lo ha spinto a riprovarci quest’anno. Stavolta insieme all’amico Simone Moro, che Urubko conosce da quando aveva vent’anni, che lo ha portato a scalare sui primi ottomila.

"L’idea è nata da me – spiega l’alpinista bergamasco – due mesi fa ho contattato Denis, perchè è tanto che mi chiede di far qualcosa insieme. Ho voluto lasciarlo andare per la sua strada per tre anni, volevo che imparasse a organizzarsi le spedizioni. Ora ha imparato quello che poteva imparare e l’ho invitato a venire con me. Ha detto subito di sì".

I due alpinisti partiranno a fine dicembre. "Non ho voluto parlare prima di questo progetto – spiega Moro – perchè sembrava che ci fossero due cechi intenzionati a tentare la stessa salita, Martin Minarik e Dodo Kopold. Poi invece abbiamo avuto conferma di essere da soli, e così abbiamo preso la decisione definitiva. Mi sarebbe piaciuto anche tornare al Broad Peak, perchè non sono uno che molla. I polacchi mi avevano anche invitato, ma partono già a fine novembre, ed è un po’ presto per i miei gusti visto che l’inverno comincia il 21 dicembre".

Moro e Urubko andranno prima nella valle dell’Everest a fare acclimatamento, poi torniamo a Lukla e da lì raggiungeranno il campo base del Makalu per tentare la salita. Via normale? "Non è detto – dice Moro -.Se io potessi scegliere così, a tavolino, ho un bellissimo ricordo della via Kukuczka, che è molto più corta e meno pericolosa. Ed è stata ripetuta forse solo una volta, da me e Rakoncaj nel 1993, fino a 8200 metri".

"Sarà dura soprattutto nella parte alta – continua Moro -. Il Makalu, essendo così dentro il Tibet, è anche una delle montagne meno protette dagli elementi. Nella parte alta passi sul versante Nord: i venti arrivano da là e ti cacciano a casa. Ma ci proviamo. Lo stile, ovviamente, sarà iperleggero: nessuno Sherpa, niente ossigeno e cercheremo pure di non usare le corde fisse o limitarne comunque al minimo utilizzo indispensabile. Questo lo decideranno le condizioni della montagna".
 
 

Sara Sottocornola


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