Alpinismo

La rivista Alpinist chiude i battenti

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JACKSON, Usa — Niente più Alpinist cartaceo. E forse, nemmeno Alpinist.com. Da questo mese, l’alpinismo perde una delle sue più precise e attendibili fonti di informazioni: la rivista americana Alpinist, costretta a chiudere a causa di un tracollo finanziario che ha portato sul lastrico i suoi editori.

C’è aria di crisi anche nell’editoria di montagna, dove in questi giorni è lutto per la chiusura della celebre rivista Alpinist, una delle testate più apprezzate a livello mondiale in tema di alpinismo e arrampicata. Fondata nel 2002 da Marc Ewing e Christian Beckwith, a pochi mesi dall’uscita del primo numero si era già guadagnata la stima dell’intero settore grazie alla precisione degli articoli e alla spettacolarità delle fotografie.
 
Ma la favola è già finita. Dopo oltre sei anni e 25 numeri trimestrali, Alpinist – che nei mesi scorsi era finita sulle cronache per l’incendio ai magazzini di si è trovata costretta a dare l’estremo saluto ai suoi lettori.
 
"Siamo estremamente orgogliosi di quanto siamo riusciti a costruire in questi sei anni – hanno detto gli editori qualche giorno fa – è davvero triste chiudere dopo così tanto duro lavoro. Ma la crisi finanziaria ci costringe a sospendere l’attività. Un ringraziamento ai nostri lettori, dobbiamo tutto a loro".
 
Nessuna specifica, per ora, sull’origine della crisi. "Stiamo andando in un fallimento – si è limitato a dire Beckwith (nella foto) -. Abbiamo consegnato tutto nelle mani di un amministratore fiduciario che si occuperà dei bilanci, dei magazzini, degli abbonamenti in sospeso".
 
Per ora le uniche speranze di sopravvivenza riguardano la rivista online Alpinist.com, che oggi attrae 50mila visitatori al mese: per lei, ha detto Beckwith, "si stanno esplorando diverse vie di salvezza". Ma l’ultima parola sulla faccenda sembra essere ancora ben lungi dall’essere pronunciata.
 
E’ invece certa la cancellazione dell’Alpinist Film Festival, uno degli appuntamenti di cinema d’alta quota più celebri d’America che consisteva in una quattro giorni annuale dedicata al cinema d’alta e da una serie di serate itineranti negli Stati Uniti.
 
Sara Sottocornola

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