Nanga Parbat: Campo Base, tempo di festa!
[:it]ISLAMABAD, Pakistan — Campo Base, è giá come tornare un pò a casa. Il cuoco, i giovani amici pakistani, il tepore e gli odori della tenda cucina, le cose famigliari della tenda personale. Lavarsi per come si può è come liberarsi definitivamente dalle grinfie gelide della montagna, rinascere, rientrare nel mondo.
Gran festa dei cuori, di cibo e di pentole e coperchi sbattacchiati e urla che inneggiano alla lunga vita per Simone, Tamara e Alì e Alex. Poi la rimessa in moto dei computer, le foto da sciegliere per i media e gli sponsor. C’è anche questo a cui pensare e provvedere.
C’è da smaltire le tossine accumulate nei muscoli nei giorni di salita, di disdratazione, di ipossia e per contro di scarsa alimentazione e di poco bere.
Ma ciò che più fa al benessere è il trovarsi di nuovo ad una quota dove la pressione atmosferica consente al corpo di assorbire una dose quasi normale di ossigeno. L’alta e l’altissima quota fanno male, soprattutto al cervello, che soffre la mancanza di ossigeno, ed è per questo che è importante starci il meno possibile.
C’è una considerazione generale che deve essere fatta al termine di questa campagna invernale, la “montagna assassina” come molti giornali oggi hanno titolato e ricordato essere l’appellativo del Nanga Parbat, non ha avuto vittime sacrificali. E certo non è stato garzie alle condizioni della montagna e del meteo, che sono state quasi sempre inclementi, ma alla professionalità, competenza e anche prudenza di tutti. Anche un pizzico di fortuna non è mancato, ma “la fortuna aiuta gli audaci”.
Ora è tempo di consuntivi, di feste e compimenti, anche di nuovi programmi, con un pò di malinconia.[:]