Ferrate

Alta Badia, la mia "Get vertical" experience

[:it]Tre giorni per ferrate in Alta val Badia con Salewa, un’esperienza verticale memorabile. Paura forse no, ma l’emozione di una matricola alla sua prima ferrata c’era tutta. Scambiata alla fine dei 4 giorni con un bagaglio di immagini, ricordi e amicizie. E una consapevolezza: meno milano e più montagna!

L’occasione era troppo bella per rinunciarci. Intendo la possibilità di partecipare alla Base Camp experience in programma in Alta Val Badia a fine luglio, uno dei premi offerti dal concorso Get Vertical di SALEWA, l’azienda di Bolzano specializzata in materiali per la montagna.
Milanese con casa ad Alagna per vent’anni, dai quattro anni in poi ho praticato molti sport con tanta montagna, ma mai ero riuscita a fare una via ferrata. Era ora di lanciarmi in questa sfida verticale.

La poesia delle montagne
Scoprire lo spettacolo del Gruppo Sella dal “ponte sospeso” è qualcosa che ti prende dentro, non solo per la storia di questa ferrata Brigata Tridentina, ma perché respiri un’aria di libertà, vedi panorami che da soli valgono la salita per chi vive in città e dedica all’outdoor non poco, ma non abbastanza del proprio tempo. Così, della prima giornata rimangono impresse la Torre Exner, a 2.496 metri, la Cascata del Pisciadù e naturalmente il Gruppo del Sella. Ma singolo ogni passo avrebbe potuto essere uno scatto fotografico, in primissimo piano o all’infinito, una zoomata di puro ossigeno per gli occhi e per l’anima.

I rifugi: gente della stessa pasta
Ho visto molti rifugi nei miei trent’anni e se c’è una cosa che ho sempre apprezzato è che trovi facce che ti assomigliano. Stessa pasta, stesso passo, stessa allegria alla fine di una camminata impegnativa. E certamente il buon vino aiuta ancora in queste occasioni. Devo ammettere che negli anni qualcosa è cambiato. Per esempio l’architettura e gli interni modernissimi dell’Alpine Lounge Boè, con un menù eccellente all’altezza di un sofisticato ristorante di città, ma con una vista mozzafiato che in pianura puoi solo sognare. Anche l’abbigliamento di chi frequenta i rifugi è cambiato: più tecnico, più leggero, più colorato. Solo la chiara appartenenza a un gruppo speciale di persone non è mutato.

La paura, l’insicurezza, l’allenamento
Non ho paura della montagna. Rispetto sì, ereditato dai miei genitori che io e mia sorella, rispettivamente quattro e sette anni, eravamo “costrette” a seguire in semplici passeggiate che ai nostri occhi erano impegnative avventure. La loro presenza è stato sostegno, insegnamento, aiuto. Le loro voci le ho sentite rieccheggiare in quelle dei miei compagni di ferrata, guide professioniste o appassionati più esperti di me, che della via ferrata sono una vera esordiente.

“Attenzione ai passi”, “attenzione all’attrezzatura”, “stai attenta, si scivola, passa più in alto”. Quelle voci che ti rendono più forte della tua insicurezza davanti ai giganti di pietra, alla vertigine del vuoto, per stringere i denti e affidarti al tuo fitness urbano quando che le gambe sembrano funzionare meno del dovuto.

Le stelle e la tenda
E uscimmo a riveder le stelle, senza il nasone dell’Alighieri. E in testa una frase di Heiner Oberrauch, patron di Salewa: “Cos’è la montagna? Scuola di vita, desiderio di scoprire e di capire. Quando sei sotto la
luna o in tenda, a leggere magari, in attesa del riposo del giusto”. Io sotto la luna ci sono stata ed era naturalmente più vicina, ma non per la quota del base camp. Per per lo spirito del momento, che tocca e affascina tutti i tuoi sensi, con la poesia del momento che ha facilmente la meglio su vaghi ricordi di scuola: moto di rivoluzione, moto di rotazione, moto di traslazione. La tenda era pronta, la mia cuccia accogliente. Così mi sono alzata appena passate le 5, dopo qualche ora di “sonno del giusto”. Felice.

L’attrezzatura
“Devi avere una attrezzatura che ti lascia libera di fare e ti consenta di pensare solo a quello che stai facendo, facile o difficile”. Così mio padre, così in genere il mio comportamento: si tratti di sci, di snow,
o di cavallo, yoga, kick boxing e quant’altro. Mi accorgo subito della semplicità del set da ferrata fornito da SALEWA, e dell’intuitività del suo utilizzo. I moschettoni si aprono e chiudono automaticamente con una
maneggevolezza che fa risparmiare energie fisiche e mentali. Già questo mi toglie una bella parte della mia ansia e mi permette di concentrarmi sul percorso, sul mio corpo, sulla roccia: dove trovare appigli per le mani e dove appoggiare la punta del piede per spingermi verso l’alto – non sembra così difficile perché qualche parete di legno l’ho fatta.

Se c’è una cosa di cui sentivo la necessità tra roccia e cielo era di avere un’attrezzatura che mi facesse sentire sicura. SALEWA mi ha dato quello di cui avevo bisogno. Dalle scarpe Wildfire Pro Gore-Tex con suola
Vibram Megagrip, all’imbrago Rock M, comodo e completo, allo zaino Ascent – 35 litri e tutti dettagli che potete desiderare, ma soprattutto stabile e ed equilibrato sulle spalle – con menzione finale per il casco Duro Helmet. Ho la testa dura, ma lo shock absorption pad, il sistema di trasferimento dell’umidità, la abbondante ventilazione, la piccola visiera per maggior protezione e il semplice sistema di regolazione a una mano, li ho apprezzati parecchio comunque.

testo: Nicole Vitali Knopf
foto: Toni Brey[:]

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