Alpinismo

Everest: soldati verso il campo base

PERICHE, Nepal — "Mai uomini in armi avevano violato questa terra di pace e serenità. Ma ora l’esercito mandato dal governo di Kathmandu sta salendo al campo base dell’Everest". Queste le parole preoccupate del Rinpoche del Monastero di Tengboche, capo del buddhisti della valle del Khumbu, di fronte agli squadroni armati che stanno salendo al campo base nepalese della montagna in occasione dell’imminente salita della fiaccola olimpica. Lassù,nei prossimi giorni, quasi mille alpinisti, sorvegliati a vista da uomini armati, non potranno muoversi dalle loro tende.

Ecco il racconto del nostro collaboratore locale Lakhpa Tenzing, che ha incontrato il Rinpoche proprio nelle scorse ore.
 
Tengboche è il nome del monastero lamaista più sacro del Nepal. Il fuoco di un grande incendio lo distrusse nel 1989, ma la comunità internazionale fece a gara in solidarietà per ricostruirlo: in breve tempo, accadde il miracolo. Solo quell’incendio, nella storia, violò il monastero e il territorio attorno fino all’estrema vetta ell’Everest.
 
Mai nella storia, gli uomini con le armi hanno turbato la sacralità, l’equilibrio e la pace di questa regione. Oggi, però, è diverso.
 
“Sono felice di aver ricevuto la notizia da Dharamsala (residenza del Dalai Lama e sede del governo tibetano in esilio) che il governo Cinese ha finalmente deciso di parlare con il Dalai Lama. E’ una notizia importante per la pace“. Lo dice con il sorriso illuminato, il mite e carismatico capo dei Buddhisti della regione del Khumbu, Rinpoche e Reincarnato, voce ascoltata in Nepal e in questa valle mitica dell’Everest come quella del Dalai Lama.
 
Una luce intensa penetra dal finestrone che si apre sul Kantega e sui ghiacciai del Thanserku, vette che incombono sul monastero ma che non lo schiacciano, anzi, gli danno luce, forza, energia.  Seduto su uno scranno, avvolto in uno scialle giallo, Rinpoche ci racconta di aver iniziato a meditare alle 3 del mattino fino al momento del nostro incontro avvenuto verso le 8,30; benché non comprendiamo la lingua, le sue parole esprimono serenità.
 
Poi il viso si fa meno sereno, la voce più forte: “Sono addolorato e preoccupato: mai uomini in armi avevano violato questa terra di pace e serenità. Ma ora i militari armati mandati dal governo di Kathmandu stanno salendo al campo base dell’Everest”.
 
Ieri sera li abbiamo incrociati, una trentina armati di fucili mitragliatori, la stessa tenuta e attrezzatura che gli anni scorsi avevamo visto usare quando andavano in guerra contro i maoisti.
“Non abbiamo nulla contro la fiaccola – continua il Rinpoche – anzi è un segno di pace e riconciliazione, ma la pace e l’equilibrio della natura degli uomini devono camminare insieme. Qui in queste terre c’è armonia, ci sono uomini che lavorano, ci sono turisti, c’è benessere, la natura, le montagne, i grandi ghiacciai che ci sono propizi e vanno rispettati. Bisogna proteggere e rispettare la natura, come fanno gli uomini che lavorano, che studiano che vengono qui per salire le nostre montagne in pace. Non c’è ragione di violare tutto questo mandando uomini armati al campo base”.
 
Era come vedere un saggio Cardinale preoccuparsi perché, a titolo preventivo, l’esercito armato entrava in curia fucili alla mano.
 
Si è invecchiato, il Rinpoche, dicendoci queste parole, come se ognuna di esse potesse nascondere l’inizio incombente di un dolore per il suo popolo per la sua terra.Ci ha augurato felicità, ha avuto parole sagge di conforto per la malattia di uno di noi, ci ha dato lo spago rosso da tenere al collo come portafortuna e per ingraziarci le divinità delle montagne.
 
Ma ci lascia con molti pensieri. C’è da chiedersi per davvero quali pericoli potessero rappresentare qualche centinaia di  alpinisti che sono al campo base per salire l’Everest. Che più o meno di buon grado avevano accettato di non usare i loro sistemi di telecomunicazione in danno evidente delle loro tasche, che dipendono dalle notizie che inviano a i giornali. Accettando di non usare gli wolkie- tolkie, per ragioni di incomprensibile sicurezza per la fiaccola, ma di certa insicurezza per la loro vita e quella dei loro Sherpa che si muovono sulla montagna.
 
Avevano accettato tutto questo in palese violazione del diritto internazionale da  parte del governo del Nepal che, accettando le royalties dei loro permessi, aveva garantito loro libero accesso alla montagna.
 
Ci si chiede: chi risarcirà i danni?
 
Ci si chiede cosa ne pensa l’Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche, e se non sia il caso che qualcuno  ufficialmente, meno prono dei lama in adorazione delle loro divinità, chieda conto ai propri consociati Cinesi e Nepalesi di questo sequestro armi in pugno di mille alpinisti occidentali. E che dire dei pavidi Club Alpini delle varie nazioni? Silenzio? Con quale coraggio continueranno a parlare di diritti delle montagne, della cultura, dell’ambiente? E le organizzazioni ambientaliste? Dove sono?
 
Ma forse sarebbe bene che se ne occupassero anche le cancellerie e i governi occidentali e non, visto che i cittadini e i diritti violati son questione loro. Forse qualche voce politica, magari di quelle sempre pronte a farsi avanti nelle fiere, nei salotti e alle camminate non competitive o allo stadio. Qui ci sono mille sportivi sequestrati!
 
Forse  le autorità spirituali di altre religioni potrebbero chiedere rispetto  per un luogo sacro come il territorio che circonda la valle dell’Everest; la fiaccola olimpica e i valori universali che rappresenta si sposa perfettamente con l’essere portata sul punto più alto della terra. Non si capisce perché questo debba essere fatto “sulla punta di una baionetta” di maoista memoria.
Forse ci penserà la montagna,  giudice ultimo. Sarà clemente e tollerante o si incazzerà di brutto? Ognuno esprima il proprio desiderio.
 
Lakhpa Tenzing

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