Medicina e benessere

Ipotermia e congelamenti: cosa fare e cosa no

BERGAMO — Prendendo spunto dal recente incidente accaduto sotto la vetta della punta Walker delle Grandes Jorasses, che ha portato alla morte per sfinimento e assideramento di due alpinisti francesi – una guida di alta montagna con la sua cliente – voglio fare alcune considerazioni circa l’ipotermia ed i congelamenti in montagna. Si tratta di problematiche mediche molto attuali visto il sopraggiunto inverno, che ogni anno causano la morte di alpinisti, sci-alpinisti ed escursionisti.

A proposito di questo tipo di patologie legate al freddo vale molto il discorso della prevenzione, che può salvare molte vite umane, evitando conseguenze talvolta  molto gravi per il corpo umano.

Il sottovalutare, infatti, la severità dell’ambiente in cui si decide di svolgere attività di tipo alpinistico o sci-alpinistico o il non pensare ad un abbigliamento idoneo può provocare danni irreparabili. Alcuni concetti fondamentali riguardanti le patologie legate al freddo sono state illustrate lo scorso 4 ottobre dal Prof. Hermann Brugger, in un suo interessante intervento a “Bergamo Scienza 2011” presso il Palamonti , cui pure faccio riferimento.

Per ipotermia si intende un abbassamento della temperatura centrale del corpo umano al di sotto dei 35°C. Casi di ipotermia sono segnalati in etilisti, in persone anziane e nei frequentatori della montagna  per lo più d’inverno, ma non solo(vento, immersione, valanga, crepaccio).

Esiste una classificazione dell’ipotermia, messa a punto dalla Società Svizzera di Medicina di Montagna, che comprende un’ipotermia lieve (35-32°C), moderata (32-28°C) e  grave (<28°C). Il grado di ipotermia prevede tutta una serie di sintomi che si aggravano con la progressiva diminuzione della temperatura centrale corporea fino all’arresto cardiocircolatorio ed alla morte.

Fattori aggravanti l’ipotermia sono i traumi, lo sfinimento, la disidratazione, l’uso di droghe e di alcool e l’età avanzata. Giusto per dare un esempio, circa l’epidemiologia dell’ipotermia nel Regno Unito si registra una media di trecento decessi all’anno causati dall’ipotermia stessa, dei quali il 66% traumatizzati. Nella valutazione clinica del paziente ipotermico va per prima cosa rilevata la temperatura centrale corporea misurata per via epitimpanica, esofagea (paziente incosciente) o rettale.

Nei casi di ipotermia lieve si osservano brividi, pelle fredda e pallida, aumento della frequenza cardiaca ed aumento della diuresi. Nell’ipotermia di tipo moderato sopraggiungono perdita della memoria, svenimento, difficoltà nel parlare, riduzione dei brividi, riduzione della frequenza cardiaca, aritmie e rigidità delle articolazioni. Tipica la comparsa sul tracciato elettrocardiografico delle cosiddette onde di Osborne. Nell’ipotermia grave il paziente perde conoscenza, ha difficoltà nella respirazione con possibilità di arresto respiratorio; si verifica ipotensione fino all’arresto cardiorespiratorio, con cute fredda e edematosa e pupille midriatiche e perdita dei riflessi.

Per quanto riguarda i provvedimenti terapeutici occorre prevenire in modo assoluto le perdite di calore, isolando il più possibile il paziente e togliendo i vestiti bagnati. Si può ricorrere ad un riscaldamento di tipo passivo(coperte o telini in metallo) ,oppure di tipo attivo, utilizzando dei presidi in grado di riscaldare il corpo in modo artificiale.

Vanno evitati i movimenti eccessivi; può venire somministrato l’ossigeno. Nel paziente cosciente si possono somministrare liquidi caldi. Se il paziente è invece ,incosciente si deve somministrare ossigeno e intubare. Vanno monitorati il polso, l’e.c.g. , tenendo sotto controllo i segni di vita. E’ fondamentale non muovere il corpo, per evitare che il sangue più caldo che si trova al centro del corpo si mescoli con quello più freddo alla periferia (fenomeno dell’“after drop”) provochi la fibrillazione ventricolare e l’arresto cardiaco.

Molto utile la determinazione del potassio serico ai fini della prognosi. Nei casi gravi i pazienti vanno trasportati in modo rapido presso centri ospedalieri dotati di apparecchiature per la circolazione extra-corporea in grado di riscaldare in modo artificiale il corpo. Da poco è stato messo a punto dal Prof. Beat Walpoth, cardiochirurgo a Ginevra in Svizzera, un registro internazionale che raccoglie tutti i casi di ipotermia(www.hypotehermia-registry.org), che costituisce una grande sfida per il futuro, con l’intento di raccogliere il maggior numero possibile di dati.

Fondamentale quindi  la prevenzione, utilizzando indumenti adeguati che siano idonei ad isolare il corpo dal freddo e tenendo conto di tutti quei fattori che possono far diminuire la temperatura corporea.

Altra importante patologia causata dall’esposizione al freddo è rappresentata  dai congelamenti. L’evitare i congelamenti dovrebbe essere un’importante preoccupazione per coloro che frequentano la montagna d’inverno. In caso di temperature vicine o inferiori a 0°C è opportuno vestirsi in modo idoneo con indumenti che mantengano il corpo al caldo, proteggendosi dal vento, bevendo e mangiando correttamente.

L’ipotermia sopraggiunge in genere prima dei congelamenti, lesioni che colpiscono per lo più mani , piedi, naso ed orecchie. Il freddo causa la formazione di cristalli di ghiaccio a livello dei vari tessuti dell’organismo umano che causano danni cellulari. Inoltre anche la circolazione sanguigna subisce un rallentamento. La parete dei vasi sanguigni viene danneggiata con la formazione di trombi (piccoli coaguli ematici) e di una conseguente reazione infiammatoria. I congelamenti vengono classificati in superficiali(1° e 2° grado) e profondi (3° e 4° grado) a seconda che danneggino la pelle,piuttosto che le parti più profonde (muscoli, tendini, nervi, ossa e di 1°, 2, 3° e 4° grado a seconda della gravità del danno prodotto.

La comparsa di dolore durante la fase di riscaldamento rappresenta un segno piuttosto favorevole che depone per un congelamento di tipo superficiale, che non ha causato una lesione dei nervi sottocutanei . Il riscaldamento va effettuato soltanto nel caso si sia sicuri che la parte congelata non si raffreddi più . I tessuti vanno protetti da qualsiasi aggressione di tipo meccanico; non è consigliato camminare qualora i piedi siano congelati.

Il rischio maggiore per i congelamenti è costituito dalle infezioni. Il congelamento va trattato come una piaga con bende sterili, antibioticoterapia,visita medica specialistica presso centri di riferimento. E’ fondamentale saper riconoscere un congelamento in base alla colorazione biancastra della pelle,alla perdita di sensibilità ed al dolore della parte del corpo congelata. Utile la somministrazione di liquidi per migliorare la circolazione. Evitare l’uso del tabacco.

Nel caso dei due alpinisti francesi morti sotto la Punta Walker della Grandes Jorasses il freddo intenso, lo sfinimento, l’alta quota, il vento, oltre forse alla scarsa alimentazione, hanno provocato la loro morte.

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2 Commenti

  1. Ringraziamo tutti Gege Agazzzi per questo importante contributo in un campo fonte di molti incidenti mortali, ma non molto noto. Mi permetto di aggiungere alcune considerazioni. Lo scambio termico e’ fattore fondamentale per l’insorgere di ipotermia/assideramento. Basta una pioggia intensa ed insistente ad innescare il fenomeno. Quindi attenti anche in estate ed al livelllo del mare, in tali condizioni: sempre bene avere con se’ le opportune protezioni.
    Inoltre mai assopirsi in condizioni di pericolo: l’autodifesa del corpo viene ridotta assopendosi. AT

  2. io nel mio periodo delle invernali sul Bianco nelle esperienze ho sempre ritenuto che quando hai un freddo intenenso ,poi non riesci a muoverti, ma quando cominci a sentire caldo e voglia di dormire vuol dire che ti manca poco ad andartene.
    io logicamente a quei tempi non avevo fatto tanti studi sulla cosa pero’ ci sono passato
    saluti a tutti

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