Medicina e benessere

Arrampicata e rischio di infezioni da epatite e Hiv

handsLe infezioni trasmesse per via ematica come l’epatite virale di tipo B o C e l’Hiv rappresentano uno dei maggiori problemi sanitari a livello globale. Purtroppo il rischio di contagio coinvolge molti ambiti sportivi, tra cui quello dell’arrampicata: per questo la Commissione Medica dell’Uiaa ha deciso, di recente, di pubblicare un paper sulla questione evidenziando le situazioni pericolose e fornendo consigli sulla prevenzione delle infezioni.

Nel 2008 erano segnalati 33,4 milioni di individui portatori di Hiv, con 2 milioni di decessi causati da Aids. Più di 500 milioni di persone sono affette da malattie croniche causate da epatite B ed epatite C, che dureranno per tutta la vita. La possibilità di vaccinazione esiste per l’epatite B, ma non per l’epatite C. L’infezione da epatite C colpisce il 2,2 per cento della popolazione globale, ed è 10 volte più contagiosa dell’Hiv. Si tratta, quindi, di un problema molto diffuso. Ma come affrontarlo a livello sportivo?

Il rischio di trasmissione dell’epatite B risulta alto tra gli atleti che praticano sport di contatto o che prevedono collisioni, tra coloro che assumono sostanze stupefacenti per via venosa, coloro che visitano o vivono in regioni endemiche e coloro che forniscono un primo soccorso senza utilizzare un’idonea protezione. Il rischio di trasmissione di malattie tramite l’arrampicata risulta minore rispetto agli sport di contatto, ma non è comunque da considerarsi trascurabile.

In teoria il rischio di trasmissione tra gli arrampicatori si verifica quando un arrampicatore lascia delle gocce di sangue sugli appigli a causa di ferite o di piccole lacerazioni sulle dita delle mani, cosa piuttosto frequente. Inoltre, l’arrampicata spesso prevede di viaggiare in luoghi esotici o remoti dove magari queste malattie sono endemiche.

Si rende quindi necessario un trattamento sollecito ed appropriato delle ferite sanguinanti, coprendo le lacerazioni che si sono prodotte a livello cutaneo per facilitarne la guarigione. Nel corso di eventi sportivi, i responsabili, gli atleti stessi ed i medici dovrebbero verificare eventuali sanguinamenti non controllati.

Secondo i medici dell’Uiaa, i partecipanti all’evento sportivo soggetti ad un sanguinamento dovrebbero venire subito esclusi dall’evento stesso. Ogni sanguinamento deve essere controllato e la ferita deve essere pulita con acqua e sapone o disinfettante idoneo. Gli appigli contaminati da sangue devono venire puliti e spazzolati, se necessario, con antisettico o disinfettante e devono essere lasciati asciugare prima di venire di nuovo utilizzati.

Test obbligatori per Hiv, epatite B o C per tutti gli atleti dunque? L’Uiaa questo non lo raccomanda. Ma consiglia test volontari per atleti e non atleti che possano essere a rischio, tenendo comunque presente che si tratta di un ambito limitato.

La trasmissione di Hiv è piuttosto improbabile, perché il virus, eventualmente lasciato sull’appiglio con le gocce di sangue, muore in fretta a contatto con l’aria fresca, rendendone difficile la diffusione tramite l’arrampicata. L’epatite B, invece, è più resistente ai detergenti, e all’alcool: può rimanere stabile sulle superfici ambientali per almeno sette giorni.

E’ bene sottolineare che non si parla di allontanare gli atleti positivi all’epatite o all’Hiv, che fra l’altro potrebbero trarre beneficio da una moderata attività fisica. Sarebbe però buona cosa promuovere attività di tipo preventivo e di tipo educativo tra tutti coloro che praticano l’arrampicata.

Una parola va spesa sulle gare. La Federazione Internazionale di Medicina dello Sport e l’Organizzazione Mondiale della Sanità non consiglino l’immunizzazione contro l’epatite B per gli atleti, ma la si dovrebbe comunque prendere in considerazione nell’ambito della medicina dei viaggi. Ciò soprattutto per gli arrampicatori che partecipano a competizioni che vengono organizzate in tutte le parti del mondo.

Le maggiori vie di trasmissione di infezioni per via ematica tra atleti, comunque, risultano simili a quelle di tutta la restante popolazione. Il rischio maggiore per gli atleti come per altre persone è rappresentato dall’attività sessuale e dall’assunzione di droghe per via parenterale e non dall’attività sportiva.

Fonte: Official Standards of the U.I.A.A. Medical Commission vol. 18,U.I.A.A. Med. Com. Schoffi V., Morrison A., Kupper T, 2010Trad. G.C. Agazzi

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Un commento

  1. Circa la possibilità di contrarre infezioni durante un’arrampicata, la Commissione medica UIAA considera il rischio solo teorico e, più che altro, legato non tanto all’arrampicata in sé, quanto
    al fatto che “la categoria degli arrampicatori generalmente è rappresentata da soggetti di bell’aspetto… e questo può accompagnarsi ad un’elevata attività sessuale…”.
    Non sono un arrampicatore ma solo un ferratista da strapazzo e nella mia lunga esperienza di escursioni di questo genere ho potuto constatare più volte la presenza di macchie di sangue in corrispondenza di sfilacciamenti della corda di ferro, magari poco evidenti, ma che possono provocare ferite consistenti sulle mani.
    Gli arrampicatori in fila su una via di roccia possono anche essere molti, ma i frequentatori di ferrate sono in numero enormemente superiore. Riterrei pertanto importante mettere in guardia soprattutto costoro sui rischi per nulla “teorici” di ferirsi su corde infette.

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