Storia dell'alpinismo

La conquista degli ottomila

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A qualche anno dalla conclusione della seconda guerra mondiale, si risveglia lo spirito esplorativo e riprendono le scalate sulle montagne extraeuropee. Tra il 1950 e il 1960, vengono conquistate tutte le montagne della Terra che superano gli ottomila metri, fatta eccezione per lo Shisha Pangma, nel Tibet dominato dalla Cina.

L’evoluzione dei materiali e delle attrezzature dà la possibilità agli alpinisti di spingersi oltre il limite di quello che allora era creduto l’impossibile. E di conquistare vette oltre gli ottomila metri, a volte anche senza ossigeno.

Il primo a cedere, sotto un attacco francese, è l’Annapurna, cima himalayana di 8.091 metri che viene raggiunta da una spedizione francese senza l’utilizzo di ossigeno, al contrario di quello che accadde per quasi tutti gli altri ottomila.
 
Poi, una dopo l’altra, vengono raggiute le vette degli altri tredici giganti tra cui anche il più alto – l’Everest, nel 1953, ad opera di Hillary e Tenzing – ed il più difficile – il K2, nel 1954, ad opera di Compagnoni e Lacedelli -.
 
Sono spedizioni che videro larghissimo dispendio di mezzi, l’uso sistematico di ossigeno e di corde fisse, un grande impegno organizzativo dei club alpini nazionali e degli stessi governi. Rappresentarono, con la loro organizzazione che prevedeva una disciplina di tipo militare, un’eccezione nel panorama generalmente libertario
del grande alpinismo.
 
Si trattò, tuttavia, di imprese di indubbio valore, che richiesero ai loro protagonisti immani sacrifici ed un tributo di vite notevole. Questo tipo di spedizione rimase l’unico considerato possibile fino agli anni ‘70, nonostante già alcuni precursori avessero dimostrato la possibiltà di muoversi in modo più leggero, per esempio Buhl e Diemberger sul Broad Peak.
 
I due celebri alpinisti austriaci, infatti, completarono la prima salita dell’ottomila pakistano senza l’uso di ossigeno, senza portatori d’alta quota e senza aiuto dal campo base: tutti e quattro i membri della spedizione raggiunsero insieme la vetta, il 9 giugno del 1957.
 
Una curiosità. Quella che raggiunse per la prima volta la vetta del Dhaulagiri nel 1960, fu la prima spedizione himalayana supportata da un aereo che si schiantò durante l’avvicinamento. Il mezzo, un Pilatus PC-6, venne abbandonato sulla montagna.
 
 
 
Elenco delle conquiste degli ottomila (dal più alto al più basso):
1953 – Everest, 8.848 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 29 maggio 1953 dal neozelandese Sir Edmund Hillary e dallo Sherpa Tenzing Norgay, dalla parete sud.
 
1954 – K2, 8.611 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 31 luglio da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, lungo lo Sperone Abruzzi (Sud), con la spedizione guidata da Ardito Desio.
 
1955 – Kanchenjonga, 8.586 metri. La sommità fu raggiunta per la prima volta dagli inglesi Joe Brown e George Band, scalando la parete sud Ovest, con lla spedizione britannica guidata da Charles Evans.Per rispetto alla credenza locale la vetta è inviolata, a tutto’oggi non vi sono bandiere o altri contrassegni.
 
1956 – Lhotse, 8.501 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 18 maggio dagli svizzeri Ernst Reiss and Fritz Luchsinger, via Colle Sud dell’Everest.
 
1955 – Makalu, 8.462 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 15 maggio da Lionel Terray and Jean Couzy, della spedizione francese guidata da Jean Franco.
 
1954 – Cho Oyu, 8.201 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 19 ottore da Herbert Tichy, Joseph Jöchler e lo Sherpa Pasang Dawa Lamalla, lungo la cresta nordest. Facevabi parte di una spedizione austriaca.
 
1960 – Dhaulagiri, 8.167 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 13 maggio dalla spedizione svizzero/austraiaca guidata da Kurt Diemberger, insieme a Peter Diener, Ernst Forrer, Albin Schelbert, Nyima Dorji e Nawang Dorji.
 
1956 – Manaslu, 8.163 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 9 maggio da Toshio Imanishi e Gyalzen Norbu, che facevano parte di una spedizione giapponese.
 
1953 – Nanga Parbat, 8.126 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 3 luglio dall’alpinista austriaco Hermann Buhl, che faceva parte di una spedizione austro-tedesca: è la prima scalata di un ottomila in solitaria.
 
1950 – Annapurna, 8.091 metri. È stato il primo 8.000 ad essere conquistato dall’uomo. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 3 giugno dai francesi Maurice Herzog e Luis Lachenal. Non fu mai usato ossigeno.
 
1958 – Gasherbrum I, 8.068 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta 5 luglio da Pete Schoening e Andy Kauffman, della spedizione statunitense guidata da Nich Clinch.
 
1957 – Broad Peak, 8.047 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta il 9 giugno da Fritz Wintersteller, Marcus Schmuck, Kurt Diemberger, ed Hermann Buhl, della spedizione austriaca guidata da Marcus Schmuck.
 
1956 – Gasherbrum II, 8.035 metri. La vetta fu raggiunta per la prima volta l’8 luglio dagli austriaci Fritz Moravec, Josef Larch e Hans Willenpart.
 
1964 – Shisha Pangma, 8.027 metri. Il più basso degli ottomila fu l’ultimo ad essere conquistato, per ragioni politiche: si trova infatti sul suolo tibetano. La vetta fu toccata la prima volta il 2 maggio da una spedizione cinese.
 
 
 
Da un testo di Ermanno Filippi – Istruttore di Alpinismo CAI. Tratto da "Brevi cenni di storia dell’Alpinismo", dispensa della Scuola di Alpinismo del CAI Bolzano.
Foto: Achille Compagnoni sulla vetta del K2. Courtesy Archivio Fondazione Desio.

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