Tor des Géants: conclusa l’edizione più dura di sempre
Il maltempo ha flagellato i corridori per l’intera settimana di gara, ma nonostante tutto non sono mancati i record. La soddisfazione degli organizzatori, messi più che mai a dura prova
L’edizione più dura di sempre. Mai in quindici anni il meteo aveva flagellato in modo tanto pesante e continuo i concorrenti del Tor des Gèants. Per gran parte della settimana di gara neve, pioggia, temperature molto spesso sotto lo zero e, soprattutto, un vento gelido hanno messo a dura prova i concorrenti, come se non bastassero le difficoltà previste, ovvero i 330 km del percorso e i 24mila metri di dislivello.
“In altre occasioni per diversi tratti me la sono goduta, quest’anno invece è stata lotta dura, durissima, dall’inizio alla fine” è stato il ritornello dei concorrenti che già in passato avevano concluso la corsa. L’endurance trail più duro del mondo quest’anno ha fatto registrare il record del numero di ritirati: meno del 50 % degli atleti al via è riuscito a tagliare il traguardo di Courmayeur. 529 finisher a fronte di 556 concorrenti che non ce l’hanno fatta. Sa di beffa, quindi, il sole che ha riscaldato la cerimonia di premiazione di domenica scorsa, il giorno dopo la conclusione delle gare. Già, al plurale, perché il TorX with Kailas, titolo completo dell’evento, non è solo Tor des Géants, ma un sistema di gare che si svolgono nella stessa settimana lungo i sentieri della Valle d’Aosta con distanze di 450, 330, 130, 100 e 30 km.
Il meteo avverso non ha però frenato i campioni, che in diversi casi hanno stabilito tempi record. E’ il caso di Katarina Hartmuth, vincitrice del Tor des Géants nel tempo di 79h10’40, migliorando di oltre un’ora il tempo stabilito nel 2022 dalla britannica Sabrina Verjee (quest’anno seconda all’arrivo). Record migliorati anche al TOR 130- TOT Dret – grazie alle super performance di Gionata Cogliati e Fabiola Conti, quest’ultima quarta assoluta – e al TOR 30 Passage au Malatrà: nella gara più breve della settimana è stato Nadir Maguet ad abbassare il record maschile, mentre tra le donne è stata la nepalese Sunmaya Budha a iscrivere il suo nome nell’albo d’oro. Prestazioni, queste, che vanno valutate anche tenendo conto del meteo avverso che ha rallentato la marcia degli atleti .
C’era grande attesa per la partecipazione di Francois d’haene, uno dei mostri sacri del trail running capace di vincere per ben quattro volte l’Ultra Trail du Mont Blanc. Con una gara in controllo – anche per lui il timore di non riuscire a finire era sempre presente – l’asso francese ha sferrato l’attacco decisivo nel tratto finale della gara quando ha raggiunto e superato il connazionale Benat Marmissole, poi secondo all’arrivo dove è giunto quattro ore dopo il vincitore. La presenza al via di D’haene ha comunque ulteriormente nobilitato la gara suscitando curiosità e interesse in tutto il mondo. Chissà se tornerà su questi sentieri, magari con l’idea di abbattere il record del percorso detenuto da Franco Collè?
Alla maggior parte dei finisher, tutto questo importa poco. Per loro ciò che conta è poter disputare il TOR in tranquillità, vegliati da un imponente sistema di sicurezza, accuditi dagli insostituibili VolonTOR (oltre2000) e, magari baciati da un meteo favorevole. La macchina organizzativa, capitanata al solito da Alessandra Nicoletti, presidente dei VDA Trailers, quest’anno è stata messa a durissima prova: sono stati complessivamente circa 2500 i concorrenti da seguire nell’arco della settimana, ma nonostante le cattive condizioni dei sentieri spesso coperti da neve, ghiaccio e fango non si registrano problemi particolari: la “strage” di articolazioni delle ginocchia fa da sempre parte del TOR, nessuna novità quindi. Inoltre avere imposto abbigliamento termico e uso dei ramponcini ha messo al riparo da incidenti anche gli immancabili sconsiderati.
Una nota negativa va però evidenziata. E, non si può ascrivere agli organizzatori. Quest’anno uno sponsor aveva distribuito grandi quantità di gel energetici, che i concorrenti trovavano nei punti di ristoro. Purtroppo molti di loro hanno scelto di gettare gli involucri lungo i sentieri. Le foto diffuse dalle “scope”, che chiudevano la gara mostrano sacchi pieni di questi reperti recuperati lungo la via. Forse una maggior sensibilità ambientale da parte di tanti atleti non guasterebbe.