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Scialpinismo, l’importanza di pensare con i piedi

Familiarità, eccesso di determinazione, consenso sociale, effetto gregge, competitività, euforia, abitudine all’apprendimento senza cogliere i segnali d’errore e tanti altri fattori possono facilmente metterci nei guai

L’elenco dei buoni consigli per la pratica dello scialpinismo e dello sci fuoripista è vastissimo. Si trovano, infatti, tantissime informazioni riguardo la scienza della neve, le tecniche di salita e discesa, il meteo, la pianificazione dell’escursione, la preparazione fisica, gli strumenti di autosoccorso.

Si trovano persino tante ingegnosità pratiche che aiutano a risolvere diversi inconvenienti o riparare guasti e rotture all’attrezzatura che possono capitare durante l’escursione. Tutte queste informazioni però non sempre risultano realmente efficaci per aiutarci a sapere cosa sta succedendo intorno a noi.

Una delle convinzioni più ostinate riguardo il processo decisionale è che se pensiamo abbastanza intensamente, e siamo razionali, obiettivi e abbastanza efficaci, possiamo fare scelte migliori. Questo consiglio funziona bene quando le nostre decisioni sono chiaramente definite e il tempo che abbiamo a disposizione per decidere non manca.

Ma negli ambienti selvaggi, dove le nostre decisioni sono offuscate da fattori molteplici e il tempo per fare qualcosa e trarsi d’impaccio è davvero poco, i consigli standard diventano piuttosto ingombranti e, in alcuni casi, pericolosamente fuorvianti.

Durante le nostre avventure nella neve il nostro cervello viene sistematicamente sviato. Familiarità, eccesso di determinazione, consenso sociale, effetto gregge, competitività, euforia, abitudine all’apprendimento senza cogliere i segnali d’errore e tanti altri fattori condizionanti possono facilmente metterci nei guai. Quante volte il timore di perdere qualcosa che si desidera già come proprio (per esempio la cima o la polvere intonsa) ci fa mutare atteggiamento nei confronti del rischio?

Per questo la scelta delle curve migliori non dipende solo da quante capacità abbiamo o dagli attrezzi che indossiamo, ma da un fitto intreccio di variabili come gli elementi naturali e meteorologici in continua evoluzione, il tempo a disposizione per decidere, la pressione psicologica, la comprensione di ciò che accade, la complessità organizzativa, tecnica e umana…

Forse per questo vale la pena di recuperare dal sottoscala delle conoscenze la capacità di pensare ai nostri pensieri durante le uscite nella neve ed analizzare le nostre emozioni per comprenderne le radici e gli effetti in modo da poterli gestire e orientare.

Tutti ci arrabbiamo, in alcuni casi ci lasciamo travolgere, lasciando che tale stato emotivo influenzi le nostre scelte. In altre occasioni, per fortuna, cerchiamo di capire perché ciò accade, neutralizzando i potenziali effetti negativi su scelte e comportamenti.

Non di rado questo approccio migliora l’attivazione della sensorialità e a mettere a fuoco le relazioni con l’ambiente circostante, utili a ricordare che ciò che abbiamo a disposizione non è smisurato, così da ritrovare un senso della realtà e, perché no, anche del limite.

Emanciparsi dall’esperienza sarebbe un grande traguardo.

Mentre attraversiamo queste superfici irregolari, che cambiano di continuo, la presunzione di essere maestri costituisce il miglior inganno. Quanto siamo realmente esperti o unicamente assidui frequentatori della montagna? Ritrovarsi ancora studenti in questa pratica è forse la migliore risorsa di cui disponiamo.

Muoviti secondo quel che ti senti. E’ il miglior consiglio che mi sento di dare, oltre a ricordare che c’è tanto da scoprire, piuttosto che imparare.

Senza dimenticare di pensare con i piedi. Osservare la neve non è affatto sufficiente per aver prova della realtà, non per caso le migliori informazioni tattili e spaziali sono raccolte a livello del piede mentre si scivola, per poi essere convogliate all’istante al nostro cervello.

La stessa immediatezza che proviene dalla dimensione sonora, l’unica capace di raccogliere sottili tonfi, schiocchi e brontolii prodotti dalla neve che raccontano il flusso di eventi che accadono intorno e sotto di noi.

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