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“Ho realizzato un sogno”, Omar Di Felice è il primo Italiano a vincere la “Trans Am Bike Race”

Omar Di Felice ce l’ha fatta! Intervista al vincitore della “Trans Am Bike Race”, la gara di ultracycling più conosciuta al mondo. Ed è la prima volta di un italiano

Ci sono voluti 18 giorni, 10 ore e 13 minuti per portarla a termine. Non solo. Ci sono voluti 18 giorni, 10 ore e 13 minuti per essere il primo italiano a vincerla. Omar Di Felice, atleta di ultracicling che ha dedicato la sua vita ad allenarsi per partecipare a gare o imprese su lunghe distanze e attraversare il mondo in bicicletta, si è aggiudicato una vittoria che vale una carriera. Tagliando in solitaria il traguardo della “Trans Am Bike Race”, la gara no-stop di 7000 km che da Astoria (Oregon) porta a Yorktown (Virginia) attraversando tutti gli Stati Uniti d’America. La vittoria è  la prima assoluta raggiunta da un italiano in quella che è considerata la gara di ultracycling più importante al mondo.

“Ho dedicato alla bici la mia vita e come in tutti i percorsi non sono mancati i momenti difficili e quelli in cui domandarsi se fosse la cosa giusta. Questo successo ora mi ripaga dei tanti anni di sacrifici e di impegno. È stata una corsa dura che mi ha messo alla prova su un terreno non sempre adatto alle mie caratteristiche fisiche, per questo motivo la vittoria assume un sapore ancora più dolce per me”, queste le sue parole, a caldo, non appena tagliato il traguardo.

Ma a noi non bastava, lo abbiamo raggiunto telefonicamente in America, dove ancora si trova, per porgli alcune domande.  Facciamo la premessa che il successo è arrivato a margine di una gara condotta quasi sempre in testa sin dalle prime battute, e proseguita con il duello tra le montagne di Montana, Wyoming e Colorado con l’atleta canadese Henri Do e la successiva lunga traversata delle pianure del Kansas. Una sfida serrata che ha visto, oltre ai due, anche un terzo contendente: il polacco Pawel Pulawski. Omar è riuscito ad avere la meglio lungo le salite del Missouri. Gli ultimi giorni sono serviti ad aumentare il gap con gli inseguitori e ad acquisire un margine attraverso cui gestire le difficoltà rimanenti, tra cui gli eventi meteo estremi verificatisi in Virginia proprio durante le ultime 48 ore di gara e che hanno rallentato il suo arrivo.

Come hai gestito la gara, il sonno e l’alimentazione?
La gestione di alimentazione e riposo ha seguito quella che era la mia tabella di marcia, chiaramente orientativa e dipendente da quel che sarebbe accaduto ogni giorno. Avevo quindi previsto una sosta quotidiana della durata di tre-quattro ore per poter dormire un numero di ore congrue rispetto allo sforzo. In gare così lunghe privarsi del sonno i primi giorni potrebbe essere deleterio e condizionare la performance successivamente. Quindi ho attuato una strategia conservativa e ha funzionato. Per l’alimentazione bisogna far tesoro di quel che si trova. Mi fermavo nelle stazioni di servizio e acquistavo (e quindi mangiavo) quel che trovavo. Da questo punto di vista l’ultracicling richiede massima adattabilità.

Hai dovuto battagliare parecchio… hai sentito la pressione oppure hai fatto il tuo ritmo e via?
È stata una gara con ritmi molto serrati. Siamo partiti forte e subito si è scremato un gruppetto di 7/8 atleti dal quale si capiva che, salvo imprevisti, sarebbe poi uscito il nome del vincitore. Nell’ultima settimana in Virginia abbiamo trovato condizioni davvero al limite del fattibile, con pioggia, freddo e temperature intorno ai 5-6 gradi. Il vantaggio accumulato in precedenza mi ha permesso poi di gestire meglio questa situazione. Se consideriamo che su quasi 20 giorni di gara i primi tre sono arrivati nell’arco di 24 ore si capisce che siamo stati sempre davvero vicini.

C’é stato un momento di maggiore difficoltà? E il momento più bello invece?
Il momento più difficile è stato l’ultimo weekend, molto freddo. E io avevo già spedito altrove tutto il materiale invernale, in quanto mai mi sarei aspettato queste condizioni in Virginia in Primavera. Il clima era da ipotermia, con piogge continue ed eccezionali. Avendo fatto diverse traversate artiche, conosco bene i segnali del mio corpo e davvero sono arrivato al limite. Una notte mi sono fermato presso un’abitazione chiedendo di poter asciugare me stesso e tutto il materiale perché ero davvero congelato. Il tutto nel minor tempo possibile perché il secondo nel frattempo guadagnava terreno…

Il momento più bello, gli ultimi 15-20 km quando ho capito che stavo finalmente realizzando un sogno.

Consideri questa vittoria la ciliegina sulla torta, che corona una carriera di successo?
Questo successo, che è il più prestigioso che ho ottenuto, arriva quando davvero non potevo più chiedere altro alla mia carriera, lunga e ricca di soddisfazioni. Non lo considero tuttavia un punto di arrivo ma piuttosto uno stimolo verso nuovi grandi obiettivi.

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