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“Nanga Parbat”, l’ultima tragica spedizione dei fratelli Messner

Il ritrovamento del secondo scarpone di Günther Messner riapre un cassetto doloroso, di una storia lunga 52 anni. Era il 1970 quando i fratelli Reinhold e Günther Messner, all’epoca poco più che ventenni, raggiungevano insieme il Pakistan, con l’intenzione di salire in vetta al Nanga Parbat. Il desiderio divenne realtà e, risalendo dall’inviolata parete Rupal, conquistarono l’Ottomila, toccando quota 8126 m. Il 29 giugno, nel corso della discesa lungo il versante Diamir, Günther restò indietro e scomparve.

Reinhold provò disperatamente a cercarlo, conscio di essere su una parete spazzata dalle valanghe, ma non ne trovò traccia. Stremato e in preda a congelamenti ai piedi, tornò a valle dopo 6 giorni all’addiaccio, trascorsi senza mangiare e con due bivacchi in altissima quota. Una vicenda che, al dolore per la morte del fratello, ha visto Reinhold dover affrontare l’accusa di averlo abbandonato per inseguire il successo personale.

La versione di Messner, portata vittoriosamente in tribunale, e confermata dal ritrovamento del corpo del fratello a circa 4600 metri di quota, ai piedi della Diamir, nel 2005, è raccontata in una pellicola dal titolo “Nanga Parbat” (Germania, 2010, 104′).

Il film, diretto dal tedesco Joseph Vilsmaier, con Florian Stetter nei panni di Reinhold e Andreas Tobias in quelli di Günther, è disponibile su Youtube (in lingua italiana o sottotitolato). Una pellicola che il diretto protagonista, Reinhold Messner, definì in occasione dell’uscita nelle sale, “un film epico, un’avventura e una tragedia greca. Che racconta fatti e non interpretazioni“.

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