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Omar Di Felice in Canada per l’ultima parte del suo Artic World Tour

Dopo aver attraversato Kamčatka, Lapponia, Isole Svalbard e Groenlandia Omar Di Felice si è trasferito in nord America per affrontare la parte più lunga e importante del suo Artic World Tour: un viaggio a pedali di oltre 1600 chilometri attraverso Canada e Alaska.

La partenza è fissata da Whitehorse, in Canada, l’arrivo a Fairbanks, in Alaska. In mezzo le difficoltà della celebre Dalton Highway, una delle strade invernali più estreme e remote del Pianeta. “Siamo ormai in primavera, ma nella zona artica la coda della stagione può presentarsi quasi più estrema rispetto al cuore dell’inverno” commenta l’ultraciclista romano, che fin qui se l’è cavata bene.

Le Svalbard e l’orso polare

Dopo aver terminato la sua pedalata superando il confine tra Russia ed Europa, in Lapponia, Di Felice è volato verso le isole Svlabard, il punto più a nord di tutto il suo viaggio. Ho dovuto seguire regole restrittive, imposte dalla presenza dell’orso polare, ma ho comunque avuto modo di vivere una delle esperienze più intense di tutta la mia vita”. Alle Svalbard è vietato il campeggio libero e per la notte bisogna fare ritorno nel lodge indicato dai responsabili. “Per questo non ho fatto una vera e propria traversata, ma ogni giorno mi sono mosso in esplorazione di una diversa area facendo poi sempre ritorno al punto di partenza. Oltre a vivere un ambiente incredibile, è stato un bel test per la bici in previsione della Groenlandia.

La Groenlandia e le ruote grasse

Anche in Groenlandia c’è l’orso polare, ma la sua presenza è distribuita su una superficie maggiore per cui non vengono messe in atto particolari restrizioni. Qui Omar, che sta cambiando bici a seconda del terreno di gioco, ha portato la stessa che aveva alle Svalbard: una fat bike con slitta. “Era l’unica scelta possibile per affrontare le piste innevate” spiega. “Con lei ho dovuto rivedere il mio concetto di velocità, cercando di non ragionare più sui chilometri percorsi, ma sulle ore in sella. Ore difficili, costantemente sottoposto alla forza degli elementi, che in questa terra dominano incontrastati. Ho affrontato oltre 200 chilometri attraverso l’Arctic Circle Trail. Una settimana dura e difficile con giornate di totale whiteout che mi hanno obbligato a fermarmi ad aspettare, altrimenti sarebbe stato impossibile trovare la traccia. Nell’ultimo tratto poi sono stato letteralmente stato investito da delle forti bufere di vento e neve. Un’esperienza sicuramente diversa da quelle a cui sono abituato”. Non essendoci villaggi Omar ha dovuto portare con se tutto il necessario per essere semi-autossuficiente durante la traversata. “Gli unici appoggi sono dei piccoli rifugi che si incontrano lungo il cammino, cercare ogni giorno di raggiungerli è stato fondamentale”. Per il resto tutti i materiali utili erano sulla slitta ancorata alla sua bici. Un vero calvario quando le salite si facevano dure. “Sugli strappi o sui colli dovevo salire con la bici a spinta, poi tornare giù e recuperare la slitta. Perdevo un sacco di tempo, ma era l’unico modo”.

Ritorno in Islanda

Completata la lunga pedalata attraverso le piste innevate della Groenlandia, Di Felice si è trasferito in Islanda, una terra che conosce bene e dove ha già sperimentato la forza dell’inverno. Conoscendolo ha saputo come gestirlo e come approcciarsi alle sue condizioni. “Mi sono mosso in esplorazione del Parco nazionale di Snæfellsjökul” spiega. “Fissando l’arrivo alla testata del ghiacciaio Okjökull, un luogo simbolo”. Omar parla del ghiacciaio scomparso a causa dei cambiamenti climatici, quello per cui è stato anche celebrato un simbolico funerale.

“Nonostante conoscessi già il terreno su cui pedalavo, proprio qui mi sono trovato a vivere la giornata più dura di tutta l’avventura: venti furiosi e tempeste di neve hanno accompagnato il primo giorno di pedalata. Gli ultimi venti chilometri della prima tappa sono stati pesantissimi, sono stato costretto a scendere e spingere la bici fino a un piccolo villaggio. Impossibile stare in sella”. Poi? “Fortunatamente nella notte gli elementi si sono calmati e dal giorno dopo l’Islanda ha potuto mostrarmi la sua grande bellezza”. Ora rimangono gli ultimi 1600 chilometri per chiudere questo giro del mondo artico, tracciato come la linea di un compasso fisso sul Polo Nord geografico.

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Un commento

  1. Bravo . Sicuramente.
    Ma foto e commenti sono tutti uguali, e non mi trasmette nessuna emozione, ripetitivo in tutto.

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