Curiosità

Papà e compagno, chi è Matteo Della Bordella oltre l’alpinismo

Occhi e riccioli sono quelli della mamma. “Per fortuna!” commenta ironico lui. Da pochi giorni è tornato in Italia Matteo Della Bordella, dopo due mesi trascorsi a El Chalten, ai piedi del Cerro Torre, la montagna su cui ha aperto una nuova via insieme ai compagni Matteo De Zaiacomo e David Bacci. Con lui Arianna Colliard, la compagna, e il figlioletto di due anni, Lio. Non si è voluto separare da loro nemmeno in spedizione, questa volta. Dopo il Torre se l’è anche portato al campo base dell’Aguja Guillaumet, che poi ha salito insieme ad Arianna lasciando ovviamente il piccolo nelle sicure mani di un amico.

La vita è questo. È innamorarsi, cercarsi, trovarsi, rivedersi negli occhi chiari di un bambino e vederlo già grande camminare da solo nel mondo. La vita è un carico di responsabilità che spesso riempie di dubbi e domande. Potrò ancora fare l’alpinista dopo essere diventato padre? Ha senso rischiare? Famiglia, passione e vita. Cosa scegliere?

Matteo, hai cambiato modo di vivere la montagna da quando è nato Lio?

“Per ora no. Quando parti e vai in montagna il pensiero è concentrato su quello che stai facendo. Le decisioni le prendo allo stesso modo di sempre, basandomi sulle sensazioni del momento, sulla conoscenza della parete, sulla consapevolezza dei rischi e sulla predisposizione ad accettarli o meno in quel momento. Tutto questo non dipende da chi ti aspetta a casa.”

Anche sul Cerro Torre è stato così?

“Quando lasci El Chalten stacchi da tutto. Fino a quel momento sei in famiglia, condividi con tuo figlio e la tua compagna momenti e luoghi bellissimi, a volte ti senti anche più sicuro di te, ti senti più a casa. Poi parti e dai un taglio netto a tutto. Entri in un’altra dimensione, dove c’è solo la montagna. Succede anche qui sulle Alpi, ma in Patagonia senti tutto con maggiore intensità perché il progetto è più grande e anche il rischio. Ne sei consapevole.”

Oltre a essere consapevole non ti senti egoista?

“Andare in montagna e fare un alpinismo ad alto livello comporta per forza una certa dose di egoismo, è imprescindibile. In un momento della tua vita decidi consapevolmente di sottoporre le persone a cui vuoi bene a delle tue scelte di cui loro potrebbero pagare le conseguenze.”

Hai riflettuto sulla cosa…

“Si, soprattutto dopo le esperienze degli ultimi anni. Sono stati pesanti e difficili. Quando vedi certe cose da vicino, quando perdi degli amici, devi capire cosa vuoi davvero fare. E devi farlo prima di iniziare un nuovo progetto. Quando sei lì ha poco senso dire ‘lascio perdere’. Se vai al Cerro Torre, sul K2 o su altre montagne devi essere consapevole fino in fondo di quel che stai facendo, ponderando tutto prima di partire.”

Con Arianna hai mai discusso per le tue scelte?

“No. Lei sa come sono fatto. Sa che le scelte sui miei obiettivi alpinistici, sui rischi, sono molto personali. Anche lei scala, e capisce. E si fida. Ovviamente si preoccupa, ma la vive in modo diverso. Non mi ha mai imposto limiti, non abbiamo mai discusso su una decisione che riguardasse il mondo della montagna.”

Aver perso tuo papà in montagna, da giovane, cambia qualcosa nel rapporto con Lio e la montagna?

“Quando sei giovane non hai una vera consapevolezza di quelli che potrebbero essere i rischi. Vai in montagna, senti parlare di incidenti, leggi qualche articolo. Senti un’eco lontana che ti ricorda la costante comunione tra momenti belli e momenti brutti. Ma se non ti toccano da vicino, non li vivi allo stesso modo.”

Poi?

“Ti piomba addosso un macigno. Capisci cosa vuol dire, concepisci davvero il rischio. La perdita di mio padre è stata come una doccia di consapevolezza. Allo stesso modo la scomparsa di Bernasconi e Pasquetto. È sempre difficile, forse l’aver già vissuto momenti così duri mi aiuta ad andare avanti, superando tutti i pensieri che affollano la mente.”

In Patagonia con Lio non hai solo condiviso i momenti di El Chalten, ma sei anche salito a un campo base…

“Si, l’abbiamo portato con noi al campo di Piedras Negras, a 5 ore di cammino dal paese. Un posto magnifico, da cui si gode di una vista incredibile sul Fitz Roy. Si respira l’aria delle grandi salite, pur essendo un accampamento tranquillo e senza rischi. Siamo stati su qualche giorno così ne ho approfittato per fare prima una salita con Giorgio, un amico sardo, e poi con Arianna. È stato bello essere lì tutti insieme, trovare Lio al campo subito dopo la discesa.”

Speri che tuo figlio segua la tua strada?

“Spero di metterlo nelle condizioni migliori perché possa seguire la sua strada.”

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Un commento

  1. I conti si fanno dopo gli innamoramenti dei figli…e l’influenza ambientale antropologica( vedi ad esempio gli sport in palestra e territorio rettangolare inerente con misure codificate o primo gruppo musicale…)

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