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Pizzo Badile

Il vicino Pizzo Cengalo lo supera in altezza di ben 66 metri, ma il protagonista più ambito rimane lui con la sua imponenza verticale solcata da vie di grande fascino. Parliamo del Pizzo Badile, il re della Val Bondasca, il mito per gli alpinisti che ne conoscono la storia. La sua parete nord-est, una delle sei classiche nord delle Alpi, appartiene alla storia, di qui sono passati i migliori di ogni tempo, a partire da Riccardo Cassin nel 1937, passando per Hermann Buhl e Mike Kosterlitz, fino ai giorni nostri con Matteo Della Bordella.

A dare il nome alla montagna è l’elegante parete nord-est, dalla forma trapezoidale che ricorda un badile.

Geografia

Localizzato tra i monti della Val Bregaglia, nelle Alpi Retiche occidentali, il Pizzo Badile si trova al confine tra Italia e Svizzera. Il gruppo montuoso di appartenenza è quello della Bondasca, dove svetta il Pizzo Cengalo più alto di 66 metri rispetto al Badile.

La parete nord-est si innalza per oltre 700 metri sopra al ghiacciaio, ed è incastonata tra due lingue glaciali: il vadrec da la Turbinasca, a ovest, e il il vadrec dal Cengal, a est.

La prima salita

La prima salita del Pizzo Badile è avvenuta per mano dello statunitense William Auguste Brevoort Coolidge, dotato alpinista che avrebbe messo a segno numerose prime ascensioni tra Alpi centrali e occidentali, iniziando la sua carriera proprio sul Pizzo Badile. È il 27 luglio 1867 quando Coolidge, con i compagni Henry e Francois Dévouassoud, affronta la salita. Il trio sceglie di percorrere la cresta sud, oggi via normale. Una salita lunga ed elegante, non banale ma nemmeno troppo difficile. Un’esperienza perfetta per la cordata che senza intoppi riesce a portarsi a casa la prima salita di questa superba montagna.

La prima della nord-est

Se la prima salita assoluta al Pizzo Badile non offre spunti per epici racconti d’alpinismo, di tutt’altro spessore è la narrazione della prima via lungo la parete nord-est. Circa 800 metri di parete, levigata dagli elementi, dov’è praticamente impossibile salire dopo una pioggia o una nevicata. I protagonisti di questa salita verticale e delicata sono alcuni dei nomi più importanti per l’alpinismo degli anni Trenta del Novecento: Riccardo Cassin, Gino Esposito, Vittorio Ratti, Mario Molteni e Giuseppe Valsecchi. Quando arrivano sotto la parete non fanno parte della stessa cordata, anzi. Da un lato abbiamo i comaschi Molteni e Valsecchi, dall’alta parte Cassin con Esposito e Ratti.

Il gruppo di Cassin attacca la parete nord-est alle 8 del mattino del 14 luglio 1937, è lui a guidare la cordata e tutto sembra andare per il meglio fino al tramonto, quando trovano un ottimo posto per bivaccare e lo condividono con i due comaschi. È qui che le due cordate decidono di unirsi in un’unica squadra e proseguire insieme verso la vetta. All’alba del 15 luglio riprendono a salire con la stessa rapidità del giorno precedente, proseguono fino agli ultimi raggi del sole, ma ancora la cima non è raggiunta. Così cercano una piazzola dove poter trascorrere la notte. Improvvisamente la meteo cambia e dal cielo inizia a soffiare vento di bufera. Un temporale feroce scuote la notte dei 5 fino all’alba del nuovo giorno, quanto tutto si placa e il cielo torna sereno. È tempo di proseguire. Molteni e Valsecchi sono stanchi e spossati dalla terribile notte, in più quando ormai il gruppo è prossimo al punto più alto le condizioni tornano a peggiorare. In breve si trovano avvolti da una fitta nevicata e da un banco di nebbia che annulla la percezione dello spazio, ma alle 16 tutto sembra essere finito. Cima, la nord-est del Badile è vinta. Ora però bisogna scendere, e in fretta. Non sarebbero in grado di reggere un nuovo bivacco sulla montagna. Prendono così la via normale, puntando al rifugio Gianetti. Ma seguire un percorso senza poterle vedere, nascosto dalla nebbia e dalla neve, è difficile. A buio ormai fatto sono ancora in marcia e andranno avanti per tutta la notte, fin quando l’alba del quarto giorno non riporta sole e pace. Solo ora trovano la salvezza del rifugio, ma ormai è tardi. Nella notte Molteni e Valsecchi hanno ceduto allo sfinimento.

Vie di salita

Il principale itinerario di salita al Pizzo Badile è rappresentato dalla via dei primi salitori, oggi considerata normale alla montagna. Il percorso segue la cresta sud con uno sviluppo d circa 400 metri e difficoltà che raggiungono il terzo grado superiore.

Nel corso degli anni sono state aperte numerose altre vie di grande interesse alpinistico, tanto da essere considerate delle vere e proprie classiche per le Alpi centrali.

Guida al Pizzo Badile

Salire il Pizzo Badile non è facile. Tutte le vie di salita presentano caratteristiche di stampo alpinistico, compresa la via normale. Se si ha esperienza è sicuramente un’ascensione stimolante e grandiosa, sia per il tipo di linea che per l’ambiente in cui ci si immerge seguendo le orme dei primi salitori lungo la cresta sud.

Per raggiungere il Pizzo Badile è prima di tutto necessario seguire le indicazioni per la Valtellina, quindi proseguire per la Val Masino e per l’omonimo comune. Una volta raggiunto si prosegue per la frazione Bagni di Masino. Dalla frazione parte il sentiero che raggiunge il rifugio Gianetti (3 ore 30 min), alla testata della Val Porcellizzo. Davanti a noi abbiamo ora il Pizzo badile, solitamente la salita viene divisa in due giornate con pernotto al rifugio.

Vaste pietraie accompagnano fino ai piedi della cresta sud, che risale tra gradoni e lisce placche sfruttando i naturali punti deboli della roccia. Ricordiamo, sebbene si tratti di un itinerario relativamente facile, che la salita al Pizzo Badile è di stampo alpinistico e si svolge in ambiente di alta montagna. Pertanto è necessario avere esperienza e saper gestire la progressione oltre ad avere buone doti di orientamento, fondamentali su questo tipo di vie. Se si fosse in dubbio riguardo la fattibilità della salita il consiglio è quello di rivolgersi a un amico con esperienza o ai professionisti della montagna per un consulto o per l’organizzazione della salita.

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