Gente di montagna

Jean Antoine Carrel

“Egli è un camminatore di prima forza, effettivamente bravissimo in roccia, e bravissimo in qualsiasi cosa. Egli è l’uomo più desiderabile per chiunque voglia intraprendere nuove ascensioni”.

Appunto di Edward Whymper sul libretto di guida di Carrel

Nell’iconografia dell’alpinismo italiano Jean Antoine Carrel è divenuto un simbolo dell’orgoglio montanaro e dell’emancipazione dei valligiani dalla sudditanza culturale rispetto ai “monsieur” e all’alpinismo cittadino. Nel suo contrastato rapporto con Edward Whymper viene spontaneo leggere qualcosa di più della semplice competizione per la conquista del Cervino. Le sue ritrosie, e anche i suoi “tradimenti”, sebbene nascano probabilmente più da motivazioni economiche che da slanci idealistici, appaiono come un’affermazione di autonomia e identità della figura della guida alpina, finalmente in grado di essere protagonista della propria azione alpinistica. La sua stessa morte, giunta per sfinimento dopo aver condotto i compagni fuori dalla tempesta, riportandoli al sicuro, lo consegna definitivamente al mito, facendone per antonomasia la Guida Alpina del Cervino.

La vita e l’alpinismo

Jean Antoine Carrel nasce il 17 gennaio 1829 nel villaggio di Crétaz, frazione di Valtournenche, nella vallata valdostana sopra la quale incombe la mole inconfondibile del Cervino, la Gran Becca, come viene chiamata dai locali.

La chiamata al servizio militare nell’esercito sabaudo coincide con il periodo della Prima e Seconda guerra di indipendenza. Carrel partecipa alla Battaglia di Novara ed anche a quella di Solferino e San Martino, rimanendo lontano dalla sua valle per ben otto anni. In virtù di questa lunga militanza nell’esercito sabaudo (dal quale si congeda col grado di sergente) gli viene attribuito il soprannome di “Bersagliere”, che lo accompagnerà per tutta la vita. Al ritorno dalla guerra deve ingegnarsi per mantenere la numerosa famiglia (avrà in tutto 12 figli), dandosi da fare con i più diversi lavori caratteristici dell’economia valligiana: l’agricoltura, l’artigianato, la caccia e, naturalmente, l’attività di guida alpina.

Proprio in quegli anni, infatti, l’attenzione dei migliori alpinisti si va focalizzando sul Cervino, l’ultima delle grandi cime delle Alpi a non essere stata ancora salita e gli uomini con la sua conoscenza del territorio, la sua abilità a muoversi sui terreni più impervi e la sua intraprendenza diventano la chiave di volta per la realizzazione della storica impresa.

Fra il 1857 e il ‘65 Carrel conduce almeno una decina di tentativi di salita del Cervino dal versante italiano, cosa che lo rende in assoluto il più esperto conoscitore della montagna. È lui a spingersi ogni volta un po’ più vicino all’obiettivo, a cominciare dalle prime esplorazioni in cordata con lo zio Jean-Jaques Carrel e l’abate Amé Gorret, che li portano a raggiungere per primi la Testa del Leone, passando per il tentativo del ‘61, sempre con Jean-Jaques, con cui raggiungono la Crête du Coq.

Nel 1862 arriva quello che pare essere l’assalto decisivo. In azione sul Cervino c’è il grande esploratore John Tyndall, che ha portato con sé le sue fidate guide svizzere, ingaggiando Carrel col ruolo secondario di portatore. Il gruppo arriva molto in alto, calcando per la prima volta la sommità di quello che oggi è conosciuto come Pic Tyndall, ma l’ascesa si arresta di fronte al difficile passaggio dell’Enjambée. Le guide di Tyndall non sembrano in grado di risolvere il problema e lui si rivolge a Carrel, ma questi sfodera una risposta degna del suo leggendario senso dell’orgoglio: “Perché chiedete a me? Io sono soltanto un semplice portatore!”. Così il tentativo si arresta ormai a breve distanza dalla cima.

Nel frattempo in scena è entrato l’altro protagonista dell’epopea della conquista del Cervino: il giovane inglese Edward Whymper, col quale Carrel aveva già effettuato un tentativo l’anno precedente. Whymper comprende da subito che il valdostano è il compagno giusto con cui allearsi per raggiungere il successo e lo vuole con sé nei tentativi del 1862 e ‘63, purtroppo infruttuosi. Nel 1865 Whymper torna al Breuil nei primi giorni di luglio, convinto di trovarvi la sua fidata guida pronta ad effettuare con lui l’assalto decisivo. Scopre però che Carrel lo ha “tradito” ed è stato ingaggiato per un tentativo di salita al servizio di quella che viene indicata misteriosamente come una “distintissima famiglia”.

Quelli che seguono sono giorni in cui si decide la storia dell’alpinismo. Velocissimo Whymper si trasferisce a Zermatt, sul versante svizzero del Cervino, e da lì, fra il 13 e il 14 luglio, porta a termine la salita lungo la cresta di Hornly, con Lord Francis Douglas, Robert Hadow, Charles Hudson e le guide Michel Croz e Peter Taugwalder padre e figlio. Alle 13,30 del pomeriggio le loro sagome si stagliano sulla vetta, di fronte agli occhi attoniti di Carrel e dei compagni Jean Joseph Maquignaz, Cesar Carrel e Charles Gorret, che, pur essendo ormai giunti all’altezza della Brèche, decidono di rinunciare, demoralizzati dall’evidente sconfitta.

Solo tre giorni dopo, il 17 luglio, anche Carrel sarà finalmente sulla cima della Gran Becca, dopo aver completato con Amé Gorret, Jean-Baptiste Bich e Jean-Augustin Meynet, la prima salita del versante italiano, lungo il difficile itinerario della Cresta del Leone.

La rivalità e il “tradimento” di Carrel non scalfiscono per nulla l’immensa fiducia e stima di Whymper nei suoi confronti. L’inglese lo vuole, infatti, come sua guida nella spedizione in Ecuador del 1880, nel corso della quale salgono insieme il Chimborazo (6310 m.), l’Antisana (5753 m.), il Cayambe (5790 m.) e diverse altre cime di 4 e 5000 metri.

Nel corso della sua carriera di guida Carrel salirà il Cervino per ben cinquantuno volte.

Scompare il 26 agosto del 1890, all’età di 61 anni, proprio sulla sua montagna. Dopo aver lottato per sedici ore nella tormenta, portando in salvo da una terribile tempesta il proprio cliente (il giovane alpinista e musicista torinese Leone Sinigaglia) e il portatore Charles Gorret, si accascia al suolo poco sotto al Colle del Leone a 2915 metri di altitudine, e lì muore di sfinimento, proprio nel punto dove oggi si trova la croce eretta in suo ricordo.

A lui è dedicato anche il rifugio che accoglie gli alpinisti impegnati ad affrontare la salita del Cervino dalla Cresta del Leone.

La conquista dietro le quinte

Le vicende legate alla prima salita del Cervino rappresentano probabilmente il primo episodio della contaminazione dell’alpinismo da parte del grande gioco della politica.

Dietro la rivalità di Carrel e Whymper non ci sono solo motivazioni e ambizioni personali ma un ben più vasto scenario storico e sociale, nel quale entrano in gioco quelli che oggi chiameremmo i poteri forti.

Come lo stesso Carrel aveva sperimentato sulla sua pelle, combattendo sui campi di battaglia di Solferino e San Martino, quelli sono gli anni in cui “o si fa l’Italia o si muore” e, come aveva compreso l’élite culturale e politica sabauda, per fare una nazione non bastano le conquiste territoriali, ma serve un’identità comune, un mito in cui tutti si possano identificare e di cui si possa essere orgogliosi. In questo scenario il sogno di una conquista italiana del Cervino (l’ultima grande vetta inviolata, la più difficile di tutte) è il prototipo dell’utilizzo nazionalistico e ideologico dello sport e dell’alpinismo, che avrà la sua apoteosi nei regimi autoritari degli Anni 20 e 30 del ‘900.

La “distintissima famiglia” con cui Carrel “tradisce” Whymper altro non è, dunque, che la stessa dirigenza del neonato Regno d’Italia. Già nel 1864, infatti, il valdostano si impegna a guidare un tentativo di scalata dal versante italiano da parte dello stesso Quintino Sella, ministro delle finanze, nonché fondatore del Club Alpino Italiano, e dell’ingegner Felice Giordano, anch’egli fra i fondatori del CAI. Le condizioni meteorologiche in quell’anno non consentono di effettuare il tentativo, ma nell’estate successiva tutto è pronto.

Sella e Giordano, sebbene alpinisti provetti, non sono della partita, probabilmente per timore di essere in qualche modo di ostacolo al compimento di un’impresa così ardua. Giordano però si trova al Breuil e spedisce dispacci “in tempo reale” (con tutti i limiti dell’epoca) al ministro, informandolo sui progressi dell’impresa.

L’11 luglio Carrel inizia l’ascesa con con i conterranei Jean Joseph Maquignaz, Cesar Carrel e Charles Gorret e il 14 raggiunge il punto massimo delle scalate precedenti, ma l’ora è troppo avanzata e il gruppo scende a bivaccare in un punto più basso per completare la salita il giorno seguente. La decisione è fatale: il 15 luglio alle 13,30 alcune sagome umane si profilano sulla cima. Giordano si affretta a comunicare a Quintino Sella la grande notizia: “[…] Oggi alle 2 pomeridiane con un buon cannocchiale vidi Carrel e soci sull’estrema vetta del Cervino; con me li videro altri; dunque il successo pare certo […]”. La certezza però si infrange con il ritorno a valle degli italiani e Giordano è costretto ad una mesta rettifica: “Caro Quintino, ieri fu una cattiva giornata e Whymper finì per spuntarla contro l’infelice Carrel… Io procuro di fare come Terenzio Varrone dopo la battaglia di Canne […]”.

Proprio come il console romano sconfitto da Annibale, Giordano si prodiga, infatti, per riorganizzare le fila del suo “esercito”, risollevare il morale delle truppe e salvare l’onore italico.

Riesce a convincere Carrel appena rientrato dalla montagna ad effettuare un nuovo tentativo. Il 16 luglio il Bersagliere riparte, in compagnia di Amé Gorret, Jean-Baptiste Bich e Jean-Augustin Meynet. Dopo aver bivaccato alla Gran Torre, il 17 luglio 1865 il gruppo raggiunge rapidamente la base della Testa del Cervino trovando una via sul versante nord. Gorret e Meynet attendono lì, per facilitare il rientro di Carrel e di Bich che rapidamente raggiungono la vetta.

L’orgoglio nazionalista non può ascrivere a sé alcun primato di conquista, ma la via del versante italiano del Cervino è divenuta realtà ed è lì, grandiosa e difficile (ben più difficile di quella tracciata da Whymper e compagni sul versante svizzero), testimonianza della tenacia e del talento della più grande guida alpina del Cervino e di un momento cruciale della storia dell’alpinismo.

Libri

  • La salita del Cervino, Edward Whymper, Vivalda Editori, 2004 (prima edizione originale 1880)
  • Cervino – il più nobile scoglio, Reinhold Messner, Corbaccio, 2015
  • La battaglia del Cervino. La vera storia della conquista, Pietro Crivellaro, Laterza, 2016
  • L’ombra del Cervino. Vita e imprese di Edward Whymper, Ian Smith, Hoepli, 2019

Film

  • La conquista del Cervino, Luciano Viazzi, Italia, 1962, 20’
  • La grande conquista, Luis Trenker, Germania, 1938, 95’

 

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close