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Le lezioni di Marco Confortola

L’alpinismo è scuola di vita in presenza e “Le lezioni della Montagna – i segreti per raggiungere la vetta nella vita di tutti i giorni”, scritto da Marco Confortola per Sperling & Kupfer, lo dimostra.

L’assunto di Marco che “la salita di una montagna è la metafora perfetta dell’esistenza” fa da contraltare alla constatazione che ogni volta che si sale con le gambe e il cervello concentriamo in poche ore, o giorni, la parabola della vita.

Due le “vie” aperte e descritte nel libro. La prima è quella dell’amore per la montagna nella sua interezza, un sentimento che evolve, si perfeziona e diventa passione per la professione di Guida Alpina, colui che dà sicurezza nella programmazione di un’avventura, che accompagna, insegna e condivide la fatica e lo stupore. La seconda trae invece ispirazione dall’esperienza formativa propria e delle molte persone che Marco ha intercettato sulle montagne di casa sua e su quelle del mondo. Nel raccontarlo ha nel cuore i grandi maestri del ‘900, quelli da cui imparare sempre con umiltà. Alcuni li ha sfiorati, ne ha appreso il coraggio della sfida dell’ignoto, “uomini coraggiosi, capaci di seguire il proprio sogno e di vedere delle possibilità laddove per gli altri c’erano solo un ammasso insuperabile di roccia, ghiaccio, neve”. La forza che si alimenta dall’umanità “perché non puoi essere un grande alpinista se non sei un grande uomo…Prima c’è l’essere umano, sempre. La sua rettitudine. L’onestà. L’umiltà”. Ecco, dalla storia letta con passione di tanti grandi alpinisti, da Cassin a Bonatti, da Herzog a Wielicki, oppure da grandi esploratori come Shackleton, ma anche dai gesti di solidarietà di compagni come Mondinelli e Merelli che si danno da fare per aiutare la gente del Nepal dopo il terremoto, Marco trae l’insegnamento che condivide con il lettore, quello dell’importanza del saper essere leader. Condensa in questa parola tante virtù, che diventano anche servizio agli uomini e ai loro sogni. La leadership la esprimi però solo dentro un rapporto di fiducia, di amore tra i protagonisti di un’impresa, piccola o grande che sia, oppure della vita. È l’umanità di Marco quella raccontata nel libro; un caleidoscopio di pensieri, idee, sentimenti, azioni che si incanalano per raggiungere un obbiettivo.

Tenacia, forza mentale, paura, rinuncia, istinto, regole, comunicazione. Per far capire questi concetti Marco parte dal distinguo tra superstizione e spiritualità. La prima è falsa, la seconda ha le sue radici nel sentimento, nella tradizione, nella cultura dei popoli e nel rapporto leale tra questi e la natura. E dunque ecco di nuovo l’esperienza, la volontà e la lezione del non mollare, mai. E Marco lo sa bene, può a ragione raccontarlo dopo l’amputazione delle dita dei piedi a seguito dei congelamenti intervenuti durante la discesa dalla vetta del K2 nel 2008.

Storie reali che si rincorrono nel libro di Confortola e che si intrecciano per regalare un’altra lezione importante, quella della capacità alla rinuncia. E ancora storie che ci raccontano alcune basilari e peculiari espressioni e atteggiamenti dell’andare in montagna: l’essenzialità (mai abbastanza compresa e praticata), la resilienza, la passione (indispensabile e a volte eccessiva fino all’impudenza e imprudenza), la capacità di soffrire per l’obbiettivo.

La prima cosa che faccio quando arrivo in cima è abbracciare la croce. Non sono un credente né un uomo di chiesa, ma lì sopra, di fronte a tanta grandezza, di fronte a tale vastità, non puoi non provare qualcosa”.

Decine di volte ho letto sul mio telefonino con un sorriso affettuoso i messaggi di Marco dalla vetta del Gran Zebru, sempre con una foto. Mi ha fatto compagnia, allegria, a volte è stato una boccata d’ossigeno nelle giornate ipossiche, una luce nel buio delle stanze cupe. Amore, pietà, compassione. L’alpinismo è l’attività ludica, chiamiamola così, che più si rapporta con la morte. Marco lo sa, metabolizza e trasmette nel suo libro la speranza.  Ci racconta che il rischio in montagna deve essere ridotto il più possibile, deve essere commisurato alla capacità tecnica, all’esperienza, anche alla paura, quella buona, quella che ti aiuta a sopravvivere all’inevitabile pericolosità delle montagne. Prudenza dunque e conoscenza, il libro di Marco Confortola aiuta di certo.

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3 Commenti

  1. Da noi da un po’ di tempo va di moda l’elogio della rinuncia, dell’insuccesso, della mediocrità….. con tanto orgoglio e vengono assegnati anche dei premi nazionali.
    Ai miei tempi c’era la conquista, la realizzazione, l’avanguardia….. con tanta umiltà.
    Devo pensarci, ma mi sembra troppo da persone che si arrendono alla vita.

    Per me il Confortola è un gran bravo ragazzo, penso ottimo sciatore e un volenteroso e bravo alpinista da normali, il lui non ho mai trovato concetti, idee, realizzazioni nuove o particolarmente approfondite.
    Mi piace perché mi comunica una serena tranquillità!

    La mattina per me è sempre difficile da comprendere.

  2. Consiglio a chi volesse farsi un’idea più chiara di chi è Marco Confortola, di guardare “Dalle Alpi al tetto del mondo: In montagna con Marco Confortola”, 4 puntate di una miniserie liberamente visibile su Mediaset Play. L’impressione che ho avuto io è che non solo si tratti di un ottimo alpinista (e ci mancherebbe, 11 8000 all’attivo, di cui quasi la metà col pesante handicap dell’amputazioni alle dita dei piedi), ma ancor prima di una persona davvero perbene e che del bene fa alla montagna ed al suo ecosistema non solo a parole ma con fatti concreti.

    Sicuramente un atleta che definire modello da seguire non credo proprio possa essere cosa da obiettare.

    1. Rispondo per ampliare i pensieri, a me serve.
      Bisogna sempre ricordarsi di quello che diceva Gaber: “la televisiun la ga pura de nisun, la televisiun ga la forsa d’un leun, la televisiun la te indormenta come un cuiun”.
      La realtà è sempre diversa, lì si urla coi lacrimoni sempre. 🙂

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