Storia dell'alpinismo

La traversata dell’Antartide di Reinhold Messner e Arved Fuchs

La storia dell’Antartide cambia il 7 novembre del 1989. Quel giorno, l’altoatesino Reinhold Messner e il tedesco Arved Fuchs volano verso sud su un Twin Otter di costruzione canadese. Decollano da Punta Arenas, in Cile, atterrano sulla pista di Patriot Hills, sulle rive del Mare di Weddell, nella parte dell’Antartide più vicina al Sudamerica. 

Nelle settimane precedenti, per due volte, le cattive condizioni meteo hanno costretto l’aereo a rientrare alla base. Il terzo tentativo ha successo, e alle 13.13, ora del Cile, Fuchs e Messner mettono piede sul ghiaccio. Il Polo Sud è a 3000 metri di quota, ma la pista di Patriot Hills è a soli 120 metri. La temperatura è di 16 gradi sottozero. Il primo giorno i due uomini, che viaggiano sugli sci trascinando delle slitte che pesano 120 chili, camminano solo per tre ore. “In tenda stiamo comodi” annota Messner nel suo diario. Seguono due giorni di White-out, di visibilità zero che impedisce di muoversi. Il loro viaggio inizia il 16 novembre. 

L’esplorazione dell’Antartide

L’Antartide, la Terra australis dei navigatori del Cinquecento, viene sfiorata per la prima volta nel 1773 dal capitano britannico James Cook, che traversa con le sue navi il Circolo Polare, scopre la Georgia del Sud, ma fa dietrofront prima di avvistare i ghiacci del Continente bianco. Mezzo secolo dopo, nel 1820, l’Antartide viene avvistata a pochi giorni di distanza da tre navi, al comando del capitano russo Fabian von Bellingshausen del suo collega britannico Edward Bransfield, e del cacciatore di foche statunitense Nathaniel Palmer. Da allora, per un secolo e più, sulle coste dell’Antartide e delle isole che la circondano, cacciatori di foche e balenieri saranno attivi quanto le navi delle marine nazionali. Gli anni d’oro dell’esplorazione antartica sono i primi del Novecento, quando norvegesi e britannici fanno a gara per raggiungere il Polo Sud. Nel 1902 Robert Falcon Scott, Ernest Shackleton ed Edward Wilson fanno dietrofront a 700 chilometri dalla meta, cinque anni dopo Shackleton tocca il Polo Sud magnetico. Anche giapponesi e francesi compiono dei tentativi.  

Il 14 dicembre del 1911, cinque norvegesi guidati da Roald Amundsen toccano per primi il Polo Sud. Un mese dopo, cinque britannici della spedizione Scott arrivano al Polo e scoprono di essere stati battuti. Al ritorno, privi di forze e di viveri, muoiono in una tenda sul ghiaccio. Anche la spedizione successiva, che parte nel 1914 al comando di Shackleton, si trasforma in una lotta per la sopravvivenza. Il suo obiettivo, la prima traversata dell’Antartide, viene realizzato tra il 1957 e il 1958 da un team guidato dal geologo inglese Vivian Fuchs e dall’alpinista neozelandese Edmund Hillary. Per farlo, vengono usati dei trattori cingolati. Nel 1985 tre inglesi, Robert Swan, Roger Mear e Gareth Wood, ripercorrono con cani e slitte l’itinerario di Scott verso il Polo, per poi tornare alla civiltà in aereo.

La sfida di Messner

Reinhold Messner vuol fare di meglio e di più, traversando da una costa all’altra il Continente bianco. Un viaggio di quasi 3000 chilometri. Da alpinista, Messner non vuole usare slitte e cani ma gli sci da telemark, e delle slitte al traino su cui caricare i bagagli. Quando il vento lo consente, utilizzerà come vela un paracadute agganciato a un imbrago. Un sistema che consente di accelerare, ma che espone al rischio di rovinose cadute.

Il progetto di Messner s’ispira al viaggio di tre altoatesini, Robert Peroni, Sepp Schrott e Wolfgang Thomaseth, che nel 1983 hanno traversato sugli sci la Groenlandia, percorrendo 1100 chilometri in 80 giorni. Come compagno di viaggio, Reinhold sceglie il tedesco Arved Fuchs, 36 anni contro i suoi 45. Ha all’attivo una traversata della Groenlandia e la circumnavigazione di Capo Horn, nell’inverno australe e su una barca pieghevole. 

L’abbigliamento dei due è fondamentalmente lo stesso che Messner ha usato sugli “ottomila”. La tenda, alta per consentire di vestirsi senza contorcersi troppo, è scura, per riposarsi anche nell’estate antartica, quando il sole non tramonta. I due hanno un GPS che trasmette la loro posizione, e che consente di inviare un SOS. Il cibo include delle capsule ipernutrienti inventate dalla Enervit, a base di olio d’oliva, che ricordano a Messner e Fuchs il grasso di foca ingerito dai pionieri. Lo speck e il pane secco dell’Alto Adige vanno bene anche con 30° sottozero. 

Dopo il 16 novembre, i due trovano rapidamente il ritmo. A creare problemi sono i sastrugi, le creste di neve create dal vento, che sbarrano il cammino, e la vera o presunta lentezza di Fuchs. “Io riuscirei a camminare 3-4 ore di più al giorno” annota l’altoatesino il 24 novembre.

Il 30 novembre compaiono all’orizzonte le Thiel Mountains, il 4 dicembre Messner fa un capitombolo a causa della scarsa visibilità, due giorni dopo i viaggiatori raggiungono il deposito di viveri lasciato da un aereo. Il 13 dicembre, per la prima volta, riescono a farsi spingere dal vento. “Andiamo a vela!” annota Messner. Poi, salendo verso i 3000 metri del Polo, si fa sentire la quota, e la temperatura si abbassa. A Natale si cammina nella bufera. Il 30 (il 31 per l’ora della Nuova Zelanda) i due arrivano al Polo. 

Nella base Amundsen-Scott, la festa per l’inizio del 1990 diventa una celebrazione in onore dei due esploratori. “Birra, vino e champagne, andiamo a letto verso l’una. Non riesco ad addormentarmi perché c’è troppo caldo, e c’è un continuo via vai di gente” annota Messner. Al Polo, per la seconda volta, un Twin Otter ha lasciato dei rifornimenti. Ora, invece, per gli ultimi 1400 chilometri, i due dovranno fare da soli. Il 21 gennaio, i due iniziano la discesa del ghiacciaio Beardmore, lungo 200 chilometri e larga 30, che a tratti ricorda la seraccata dell’Everest.

Confesso che me l’aspettavo più facile” racconterà Messner a chi scrive in una intervista per Repubblica. “Ho avuto paura, cadere in un crepaccio legati alla slitta ci avrebbe costretto per uscire a mollare il carico, e quindi a morire di fame”. 

L’8 febbraio, provato dalla fatica, Messner annota “solo Scott si è trovato peggio di noi da queste parti”. Ma ormai la fine è vicina. Quattro giorni dopo, Arved e Reinhold passano tra la Black e la White Island, e proseguono sulla banchisa fino alla base di Mac Murdo, dove i neozelandesi della Base Scott preparano un’accoglienza tumultuosa. 

Quando chiedo a Messner cosa può insegnare l’Antartide a un uomo che ha già toccato le cime più alte e crudeli della Terra, l’alpinista diventato esploratore non ha dubbi. “Sulle Alpi, e poi in Himalaya, ho imparato a soffrire. In Antartide, camminando nel deserto bianco, ho scoperto la tranquillità, e la pace con me stesso”.

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3 Commenti

  1. E’ interessante vedere sulle mappe gli itinerari seguiti dai vari traversatori dell’Antartide.
    L’Antartide non è rotondo e molti lo attraversano, passando dal polo sud, dove la distanza fra costa e costa è “corta”..
    Ora leggo che si fa anche da soli ma con tecnologie incredibili e come loro sempre col “telefono”.
    Ambizione, coraggio, curiosità, con tanta volontà: ogni tanto l’uomo stupisce.

  2. SCI DA TELEMARK CON ATTACCHI ROBUSTI E SCARPONI ( di pelle suola tripla cucitura e vibram, placchetta metallica con 3 fori in corrispondenza dei tre pioli ),DOPPI CON SCARPETTA INTERNA..THERMICA.
    LI FARANNO ANCORA ??
    Una carozzina per bici porta bimbi trasformabile da neve togliendo ruote o aggiungendo ad esse degli sci (2 o 3 uno su ruota anteriore , due sulle posteriori affiancate), si vede sul web, industriale o fai da te., con stanghe per traino.Se non si hanno bimbi,si carica con tenda ecc.e si puo’provare su nevi nostrane .Leggi e regolamenti statali regionali ,comunali ,permettendo . Anche nella landa innevata apparentemente piu’solitaria qualche agente puo ‘ fare cucu’ e sanzionare. Tutto cio’ che non e’permesso, e’ vietato!

  3. Interessante l’accostamento con la traversata di Rober Peroni, Wolfie e Pepi che vidi partire per la traversata. Quella fu veramente in autonomia totale, dopo anni di preparazione. Se non sbaglio, Enervit cooperò ad un certo momento sia con Peroni che Messner, tra l’altro quasi coetanei. Uno dei fratelli di Messner, credo Gunther, fu ad un certo punto associato nello stesso gruppo di Peroni, Die Bozner. Trovai il loro opuscolo al Rifugio dei Forni, sotto il Palon de la Mare, alla mia prima uscita di sci alpinismo seria. Robert era lì con un gruppo, fu un’esperienza molto importante. Vederlo sciare fu una lezione memorabile.

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