Cronaca

Processo per la morte di Tito Traversa, condannato a due anni l’istruttore

Si è chiuso il procedimento penale per la morte della giovane promessa dell’arrampicata Tito Traversa, 12 anni, a causa di una caduta in una falesia di Orpierre nel luglio 2013.

Il giudice Maria Iannibelli ha condannato Nicola Galizia, l’istruttore del giovane ragazzo, a due anni di carcere perché avrebbe dovuto controllare l’attrezzatura. La causa della caduta fu infatti un montaggio errato dei rinvii.

Assolti per non aver commesso il fatto Luca Gianmarco, responsabile della scuola Bside che aveva organizzato l’uscita, e Carlo Paglioli, legale rappresentante della Aludesign, azienda produttrice dei gommini dei moschettoni montati male.

«Mio figlio è morto a causa di un concatenarsi di responsabilità di cui solo una parte è stata dichiarata con la sentenza odierna», ha detto a La Stampa Torino il padre Giovanni, costituito assieme ai famigliari come parte civile. «Dal giorno della tragedia al giorno della sentenza si sono verificati una serie di inceppi della Giustizia che hanno consentito l’impunità di alcune figure. Il pm titolare, che aveva iniziato il procedimento, ha dovuto abbandonare l’accusa perché è andato in pensione e le risultanze testimoniali raccolte e cristallizzate in fase di indagine, a mio avviso non solo per il tempo trascorso, non hanno avuto conferma dibattimentale, così che il giudice si è trovato a dover giudicare su basi molto diverse dalla realtà».

«Mi è rimasta la grande amarezza di non aver sentito nessuno, se non il signor Paglioli, dire: “mi spiace di non aver fatto di più per evitare la morte di Tito, magari non so cosa, ma qualcosa”» ha affermato in fine il padre.

Il giudice ha disposto un risarcimento 100 mila euro ai famigliari, soldi che, come raccontato dal papà di Tito, saranno destinati a progetti in memoria del ragazzo e dedicati all’infanzia.

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3 Commenti

  1. Viste le premesse da un punto di vista giudiziario non penso che potesse finire in maniera molto diversa.
    Personalmente spero che i produttori facciano loro l’uso di includere le istruzioni su tutti i prodotti della catena di sicurezza, anche se non dpi.

  2. Credo che i produttori qui non abbiano nessuna responsabilità, chi utilizza materiali di arrampicata ne deve conoscere le caratteristiche corrette, ancora di più se si tratta di una figura che intende insegnare a principianti e minori. C’è un po troppa inprovvisazione in alcuni settori dell’arrampicata sportiva e indoor.

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