Cronaca

Tragedia nel Vallese: “Avevano cambiato percorso”. Messner: erano nel whiteout. Salgono a 7 le vittime

Si è aggravato ulteriormente il bilancio della tragedia sulle Alpi svizzere. Nel tardo pomeriggio di ieri è deceduta una donna, Francesca Von Felten, italiana di 44 anni, che si trovava in gravi condizioni in ospedale nel Canton Vallese. Intanto si è resa nota l’identità della sesta vittima, si tratta di Andrea Grigioni, 45 anni, residente a Lurate Caccivio (Como), che lavorava come infermiere in Svizzera.

Hanno cambiato percorso nella speranza di raggiungere il rifugio ancora con il bel tempo, ma a 550 metri dalla meta sono rimasti bloccati dalla tempesta“. È quanto Giovanni Paolucci, fratello di Betti, una delle tre vittime bolzanine, ha appreso dalla polizia del canton Vallese in merito al tragico incidente sulle Alpi svizzere, a riportarlo l’ANSA. “800 metri di dislivello in salita e 1.000 in discesa non sono davvero tanti, il problema è stato la quota, visto che il punto massimo si trovava a 3.800 metri, che mi sembra un po’ tanto“, spiega Paolucci, che come la sorella è uno scialpinista esperto.

Le foto scattate alle 9 del mattino – racconta – mostrano il cielo sereno, mentre due, tre ore dopo è arrivata la tempesta con raffiche a 100 km/h“. 

Prosegue inchiesta, che “è ancora in corso” e per ora “non vi sono ipotesi di reato: è stato semplicemente aperto un fascicolo per determinare le circostanze dei decessi“, come precisa Nicolas Dubuis, procuratore generale del Cantone Vallese. Nel frattempo è arrivato il nulla osta per il rientro delle salme, previsto però solo nei prossimi giorni.

Quanto ti trovi nel whiteout, una sorta di nebbia di neve e vento gelido fortissimo, non c’è colpa, perché non si vede più niente. Da quello che ho capito le condizioni erano queste e purtroppo è accaduta una tragedia“. A dirlo all’ANSA, a proposito di quanto accaduto sulle Alpi ieri in Svizzera, è Reinhold Messner.

In quelle condizioni – spiega l’alpinista – se metti una mano sul viso, la vedi, ma i piedi no. Basta essere a 100 metri da un rifugio ed è impossibile trovarlo. È una condizione che io ho vissuto almeno cento volte, ma il problema è che se ti trovi in Antartide è grave, però non hai dei crepacci, mentre in montagna sì. Col vento forte e il freddo, come ho capito che è successo in Svizzera, se non hai un’esperienza estrema perdi la testa. La bufera ti butta giù e la morte è la conseguenza. Pensiamo che i vestiti, le scarpe e i GPS  che ci sono adesso ci rendano sicuri, ma la montagna è sempre pericolosa“.

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