Alpinismo

McKinley invernale: la Feret rinuncia

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TALKEETNA, Usa — Mancavano ancora due giorni di cammino al campo base, ma la lotta contro le “gelide bufere impazzite” del circolo polare artico era già impossibile. E così Christine Feret, l’alpinista francese di 42 anni che stava tentando di compiere la prima invernale femminile sul McKinley, la cima più alta del Nord America, è stata costretta ad un’amara rinuncia del suo sogno prima ancora di averlo tentato. Insieme a lei c’era il compagno russo Artur Testov, che per primo aveva compiuto l’invernale sulla montagna.

“Siamo tornati ieri dopo essere sopravvissuti a 11 giorni in truna, combattendo contro le bufere di neve – ha annunciato la Feret nel weekend -. Rientrare è stata una delle decisioni più strazianti che abbia mai preso, ma l’unica davvero sicura. In ogni caso, sono contenta di aver avuto un assaggio dell’inverno sul McKinley: l’anno prossimo ci riproveremo, probabilmente partendo un po’ prima, all’inizio di febbraio”.

La Feret e Testov erano partiti il 22 febbraio per scalare la gelida e impervia vetta di 6.194 metri, che sorge nell’Alaska Range vicino al Circolo Polare Artico. Trasportati sul Kahiltna Glacier, a circa 2000 metri di quota, avevano iniziato il lungo cammino di avvicinamento al campo base trainando slitte da 120 chili ciascuno con i materiali alpinistici e le scorte di cibo. Il loro programma era di rientrare con la cima in tasca entro 4 settimane.

Invece, dopo 20 giorni, non erano ancora riusciti ad arrivare al campo base. Sfiniti dalla lotta contro la bufera, che continuava a soffiare con venti fortissimi e a seppellire l’entrata delle trune che scavavano per passare la notte, hanno deciso di rientrare. Avevano toccato 2.800 metri di quota.

“Sono contenta di rientrare senza congelamenti – promette la Feret -. Riproveremo l’invernale l’anno prossimo. Ma già quest’estate tornerò su questa montagna.”.

Nessuna donna è mai riuscita nè ha tentato di salire il McKinley nella stagione fredda, e la storia della montagna pare conti, ad oggi, solo una invernale maschile conclusa con successo, oltre a diversi tentativi falliti alcuni dei quali si sono conclusi in tragedia. L’inverno, a quella latitudine, è infatti una stagione che definire proibitiva è un eufemismo: giornate con 4-5 ore di luce, temperature di oltre 40 gradi sottozero. La traccia non è battuta e non c’è nessun’anima viva al campo base, che d’estate è popolato di ranger e tecnici del soccorso.

Anche un italiano aveva tentato la salita invernale del McKinley in gennaio, e in solitaria. Si tratta di Emanuele Vellati, 21 anni, della provincia di Arezzo. Ma anche per lui l’avventura è durata pochi giorni: toltosi l’autosicura vedendo un tratto liscio e pianeggiante di ghiacciaio, è precipitato in un crepaccio con la slitta. Miracolosamente è riuscito a uscirne, ma dopo un paio di terribili notti in truna con il sacco a pelo fradicio e il rischio di congelamenti ha deciso per il rientro.

Sara Sottocornola

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