Alpinismo

Silvia Parente e Kevin Ferrari, climber disabili alla conquista di inviolate pareti nella Cordillera Blanca

Parte da Brescia, grazie ad un gruppo affiatato di appassionati di arrampicata sportiva, l’idea di regalare l’emozione di una parete verticale in ambiente a due atleti italiani disabili, Silvia Parente e Kevin Ferrari.

La spedizione si propone di recarsi il prossimo agosto nella Quebrada Rurec nel massiccio del Huantzàn (6.113m.) situato nella Cordillera Blanca – zona Huaraz – per aprire delle nuove vie d’arrampicata su alcune pareti inviolate. L’obiettivo è sostenere la “Fondazione per lo Sport Silvia Rinaldi”, la Onlus bolognese che promuove progetti che favoriscono e rendono possibile la pratica di tutti gli sport dilettantistici da parte di portatori di handicap.

Lo Huantsán. Foto @ Profilo Facebook ArrampicAnde

ArrampicAnde nasce la scorsa estate dall’incontro di diversi sportivi, principalmente arrampicatori della provincia di Brescia, tra cui Pietro Rago, che conosce la zona di Ollero – Huaraz dal 2015, innamorato di questi luoghi e delle pareti non ancora scalate, né tantomeno attrezzate per l’arrampicata sportiva.

I casi della vita vogliono che Pietro, oggi capospedizione e scintilla quotidiana del team, incontri Silvia e Kevin, lei cieca e lui amputato sopra il ginocchio, due sportivi pieni di grinta e voglia di fare e che al racconto di Pietro sulle vie da aprire nella valle di Huaraz non esitano a dare la loro adesione al nascente progetto di attrezzare alcune vie di arrampicata proprio in Perù.

 “A volte l’idea è come una folgorazione, come un lampo, come la lampadina di Archimede nei fumetti di Topolino – racconta Pietro – a volte no, a volte è come un mosaico, tanti piccoli accadimenti, piccole storie come tessere che portano ad un disegno diverso e inaspettato. Arrampicande è uno di quei casi. Vogliamo che persone che per disabilità, poca esperienza o difficoltà logistiche non possono permettersi una spedizione andina, possano essere aiutati a vivere un’esperienza unica, che sia l’apertura di una via estrema, arrampicare una parete più semplice – seppure a oltre 6.000 metri – o semplicemente fare “vita da campo base”, partecipando in ogni caso alla spedizione”. Partiamo con Silvia e Kevin, ma stiamo già pensando alla prossima spedizione, vogliamo infatti che questa iniziativa diventi periodica e perseguibile da chiunque voglia realizzare un’avventura – concedetemi il termine – molte volte ritenuta erroneamente impossibile”.

 Il progetto oggi è molto ampio e sta coinvolgendo altri attori, oltre al gruppo base, come Mirko Sotgiu fotogiornalista e filmmaker professionista che realizzerà il film di tutta la spedizione; da viaggiatore sensibile intravede nell’idea un’occasione di condivisione e rapporto sociale che va al di là della semplice impresa sportiva: “Una spedizione alpinistica non ha solo un motivo sportivo, tecnico. Secondo noi, una spedizione deve lasciare qualcosa a chi vive il territorio. La zona di Olleros, dedicata principalmente al bestiame, può diventare in un futuro prossimo una specie di piccola Yosemite peruviana, dove natura, sport, tradizione si uniscono. Attrezzare delle vie di arrampicata vuol dire rendere possibile l’arrampicata delle pareti a molte persone, che non hanno l’esperienza di aprire nuove scalate. Inoltre rendere a conoscenza il pubblico degli sportivi, italiani ed europei delle nuove vie attrezzate può portare un incremento di un turismo rispettoso dell’ambiente, sostenibile per la valle e chi vi vive”.

 L’intenzione della spedizione, oltre l’apertura e chioduratura delle vie, sarà infatti quella di fornire assistenza, sostegno e informazioni alle guide locali in modo da renderli consapevoli della ricchezza che il loro territorio offre, oltre farli diventare I gestori di questi luoghi accompagnando poi in modo autonomo I turisti-arrampicatori nelle magnifiche vallate intorno a Olleros.

Arrampicande, da semplice “pazza idea” oggi diventa un progetto molto ben strutturato, con un sito, una pagina Facebook, uno staff tecnico e un ufficio stampa, senza allontanarsi dalla limpidezza di intenti dei suoi fondatori, che hanno ben presente la meta finale: non un territorio, bensì un viaggio. Un viaggio, è il caso di dirlo, nel mondo della condivisione, oggi prezioso e sempre più raro status sociale.

 

Il saluto di Thomas Huber agli alpinisti di ArrampicAnde

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