Alpinismo

Agostino Da Polenza: non ci sto

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BERGAMO — "Potete anche  pensare che con questo mio scritto io applichi una qualche forma di outing o semplicemente che sia sarcastico, nella realtà io sono solo incazzato. Con chi? Con gli alpinisti". E’ questo l’amaro e accorato sfogo di Agostino Da Polenza dopo l’ennesima illazione sui soccorsi non richiesti e il calvario mediatico dei due alpinisti sul Nanga Parbat, apparsa  qualche giorno fa sul magazine del Corriere della Sera, dove Aldo Grasso riporta in primo piano le vicende Himalayane che hanno tenuto banco durante l’estate.

“Sono incazzato con quelli che pensano di essere dei fenomeni e sono schiappe e con i fenomeni veri e pochi che si comportano come schiappe, quelli che non sanno quello che  fanno e dove sono ma dicono sempre la loro, quelli che sperano  sempre che qualcuno li porti in cima per poi dire che loro sono andati in vetta, quelli che non amano farsi  vedere, non amano la pubblicità, la notorietà, ma se non parli di loro e se tu parli e loro stanno zitti  perché non sanno cosa dire, allora si incazzano come bestie.
 
Quelli che i soldi pubblici sono quelli per i soccorsi in Himalaya, ma non quelli delle loro serate pagate profumatamente dai comuni o dalle biblioteche pubbliche, quelli che si scandalizzano per l’ambiente e poi  hanno salito i loro ottomila grazie a spedizioni commerciali, con l’ossigeno e sherpa. Quelli che quando aiuti, sembra che non serviva e quelli che se non aiuti ti danno del criminale e cinico. Quelli che si considerano i depositari di tutti i saperi e le conoscenze della montagna e continuano a dirci che dobbiamo essere semplici, rinunciare al superfluo, accontentarci della natura, comprare i loro libri e pagare per le loro serate e conferenze.
 
Sono incazzato con gli ipocriti, i sepolcri imbiancati di tutte le montagne, quelli che pensano e agiscono per luoghi comuni, in modo retorico e demagogico. Con i falsi moralisti a tutte le ore e di tutte le cime. Anche se so che di alpinisti “buoni” ce n’è ancora in giro.
 
Certo che chiedo scusa. Con tutta l’ironia del mondo. Scusa per avere voluto dare una mano a mie spese a Karl, Walter e Simon. Scusa per aver parlato al telefono a Marco nelle peste sugli ottomila metri del K2. Scusa per aver risposto, insieme ai miei collaboratori, con cortesia e professionalità (ci abbiamo provato) ai  giornalisti e aver fornito loro notizie e approfondimenti. Per poi sentirsi dire che "i media entrano in scena sottoforma di aiuti non richiesti".
 
Scusa a Maurizio Gallo e Gnaro Mondinelli, per aver concertato con loro la missione  al campo base del Nanga Parbat, loro in ferie, per dare un’occhiata a “quei  due” che erano rimasti in parete. Scusa all’Ambasciata d’Italia per averli tediati con informazioni tecniche e logistiche da parte di due esperti come Gallo e Mondinelli.
 
Scusa al Comando Generale dei Carabinieri per averli tenuti informati su un loro uomo in difficoltà o presunta tale. Scusa al Ministero degli Esteri per esserci preoccupati noi e loro “dei due” dopo la morte di Karl. Scusa al presidente Napolitano che ha voluto far conoscere la sua apprensione a loro e alle loro famiglie. Scusa per aver assistito, anche solo per telefono, Roberto Manni, compagno di Marco nella complessa gestione del rientro dalla vetta e dalla spedizione al K2. Scusate per l’indigestione di montagna e di soccorsi sulla  stampa e la tv, è colpa mia, non lo faccio più.
 
Mai più, lo prometto! Dovessero urlare nel satellitare mille volte aiuto. Mai più mi occuperò di alpinisti in  pericolo o supposti tali, dispersi, congelati, esausti o moribondi. Dovesse morire il loro capo spedizione e essere loro nel silenzio, nell’incertezza delle famiglie e degli amici. Mai più! Non vale la pena dargli una  mano, tanto se la cavano da soli. E se non se la cavano al massimo muoiono o rimangono invalidi. Chi se ne frega. Forse sono assicurati e comunque spero che nessuno, tantomeno lo stato tiri fuori un euro per  soccorrerli. Che crepino questi incoscienti. 
 
Si, scusatemi se mi sono permesso di pensare che anche gli alpinisti meritassero attenzione come le altre  persone. Che potessero contare sull’aiuto di qualcuno, forse anche dello stato che ha pagato e paga prezzi esorbitanti, anche con la vita di suoi funzionari, per la ricerca e il recupero di turisti per caso, cooperanti più o meno abili, giornalisti a volte azzardati, migranti a migliaia in navigazione, e perfino cetacei e plantigradi.
 
Chiudete le montagne! Vi prego. Mettete l’esercito non a Napoli, ma all’imboccatura della Valle d’Aosta. Fermate gli alpinisti diretti al Monte Bianco. E se cadono non soccorreteli. Guai recuperare i corpi, sarebbe un inutile costo per lo stato. Mai più visti per chi osa chiedere un permesso per salire una montagna in  Himalaya . E mai più permessi per salire montagne.
 
Che il Club Alpino promuova gite fluviali e al massimo la  lettura di testi di geografia e cultura montana, senza azzardi nella letteratura d’azione alpinistica, che i libri di Messner vengano messi al rogo. Guai agli emuli. Che “Ragni di Lecco” e “Scoiattoli di Cortina”  vengano riportati a categorie delle scienze naturali. Che il Soccorso Alpino venga trasformato in un’associazione di sostegno agli infermi e anziani, ma rigorosamente di pianura. Aboliamo le montagne e i  montanari per legge. Ma questo, almeno in parte, è già stato fatto".
 
 
Agostino Da Polenza

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