Alpinismo

Nones: polemiche assurde sul Nanga

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BERGAMO — "Non ho mai detto che i soccorsi sul Nanga Parbat sono stati inutili o indesiderati. Agostino Da Polenza, Gnaro Mondinelli e Maurizio Gallo sono corsi laggiù per amicizia e spirito alpinistico. Il loro è stato un gesto bellissimo e prezioso per noi. Non smetterò mai di ringraziarli". Walter Nones vuol mettere la parola fine alle polemiche e alle insinuazioni che, diversi giorni dopo la conclusione dell’odissea sul Nanga Parbat, ancora circolano sulla stampa.

Stavolta a scatenare la bufera sono stati alcuni articoli nei quali sembra che l’alpinista trentino dichiari inutili gli aiuti ricevuti in Karakorum. "Sono stato frainteso" ha dichiarato invece Nones.
 
Nones, in alcuni articoli si dice che l’elicottero di soccorso vi ha solo risparmiato un giorno di cammino e che se aveste saputo del clamore mediatico della vicenda non avreste mai usato il satellitare. E’ stato tutto inutile quindi lo sforzo profuso dall’Italia per darvi supporto?
Assolutamente no. Ho sempre detto che devo solo ringraziare Agostino, Gnaro e Maurizio per esserci corsi incontro. Il loro supporto è stato prezioso, sin dal momento in cui abbiamo ricevuto il telefono nel sacchetto lanciato dall’elicottero.
 
Perchè vi ha consentito di riprendere i contatti col mondo?
Sì. Eravamo isolati da 3 giorni. L’ultimo contatto risaliva al giorno dopo la morte di Karl, quando avevamo avvertito casa dell’incidente, utilizzando la poca batteria rimasta del suo satellitare. Ci hanno poi raccontato che dal nostro campo base era partito un allarme perchè, non essendo in contatto radio con noi e avendoci perso di vista, si erano preoccupati della nostra sorte.
 
Dal punto di vista morale, l’aiuto è servito?
Quando Karl è caduto nel crepaccio è stato come se ci crollasse il mondo addosso. Ci siamo fermati 24 ore a riflettere, poi abbiamo deciso di salire perchè scendere era troppo pericoloso. Siamo riusciti a uscire dalla parete e a chiudere la via sognata con Karl, ma non è stato facile. Nel sacchetto che ci hanno lanciato c’era anche un biglietto di cartone con scritto: "Tenete duro, ciao. Gnaro". E’ stato moralmente importantissimo: l’ho messo in tasca e conservato per tutta la discesa. Per me era troppo importante, non potevo separarmene. L’ho portato a casa.
 
Poi vi siete tenuti in contatto con loro?
Sì, ci sentivamo tutti i giorni, sia con il base sia con Agostino, per scambiarci informazioni tecniche sulla linea da tenere in discesa e le previsioni meteorologiche. Anche se spesso in alta quota è difficile potersi aiutare, era importante sapere che in qualsiasi caso ci sarebbe stato qualcuno laggiù su cui poter contare. Non c’erano due persone qualunque, ma due alpinisti competenti come Gnaro – che non per niente ha fatto i 14 ottomila senza ossigeno – e Maurizio Gallo.
 
Avete deciso con loro anche l’intervento dell’elicottero?
Sì, certo. L’ultimo giorno siamo scesi sugli sci fino a 5500 metri, dove siamo stati recuperati. Per fortuna, perchè nella discesa si è staccata una piccola valanga e io sono caduto in un seracco per 4-5 metri. Ho battuto la schiena e mi faceva male.
 
Avresti preferito che non fosse intervenuto nessuno?
No. L’ho sempre detto e lo ripeto ancora: è stato bellissimo vedere gli amici precipitarsi laggiù per noi. E non capisco le critiche che vengono fatte ad Agostino. Io lo conosco bene e so che è partito per spirito alpinistico e per amicizia nei confronti miei e di Karl. L’atteggiamento dei giornalisti, invece sì, mi ha dato fastidio.
 
A cosa ti riferisci in particolare?
Per esempio, quando sono arrivato a Islamabad, ancora frastornato dopo la difficile esperienza in quota, sono stato assalito da giornalisti che mi hanno chiesto: "Chi paga questi elicotteri?". E’ stato terribile, Avevo appena perso un amico e vissuto un’esperienza durissima. Ancora adesso fatico a capire questo delirio mediatico. Per fortuna dagli uffici di Agostino so che hanno sempre dato informazioni puntuali e corrette, così sono stati evitati molti equivoci. Purtroppo però sembra che qualcuno ne venga creato lo stesso, anche ora.
 
Quale?
Continuano a chiedermi interviste, esclusive e fotografie che finora mi sono sforzato di dare perchè con quello che mi viene offerto vorrei aiutare la moglie di Karl e i suoi bambini. Purtroppo, però, vedo che i racconti non bastano più e si lascia spazio ai fraintendimenti. Spesso vengono tagliate alcune mie frasi e quello che resta da un’idea parziale di come ho vissuto questa storia. Penso che ora smetterò di raccontarla, per non rovinarla.
 
Sara Sottocornola

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