Cronaca

Tir in panne: portava 16 chili di cocaina

AOSTA — Era fermo al traforo del Monte Bianco per un guasto al motore, ma quando le autorità si sono avvicinate al tir per verificare la situazione, hanno trovato qualcos’altro di cui preoccuparsi: 16 chili di cocaina erano in viaggio verso l’Italia. Subito è scattato l’arresto per l’autista, un romeno di 27 anni.

Il tir incriminato aveva avuto problemi all’interno del Traforo del Monte Bianco, dove si era dovuto fermare per via del congelamento del carburtante. Poi era riuscito a ripartire, e l’autista del mezzo pesante, Cosmin Gheorghe Pirvu, romeno di 27 anni, aveva forse tirato un sospiro di sollievo. Ma era presto per cantar vittoria.
  
Dopo pochi metri infatti, il tir è rimasto nuovamente in panne: sono intervenuti così gli addetti alla sicurezza stradale e le  squadre anti incendio, che lo hanno trainato fino al piazzale italiano. E a questo punto ogni speranza di farla franca è andata in fumo.
  
Le forze dell’Ordine alla frontiera infatti, sopraggiunte per verificare il guasto del tir, sono state insospettite dal nervosismo dell’autista e hanno deciso di perquisire il mezzo.
  
Sedici chili di cocaina purissima suddivisi in trentacinque panetti, avvolti in più strati di nastro da imballaggio, il tutto nascosto in un borsone. Oltre alla droga, probabilmente proveniente dall’Olanda, la Guardia di Finanza ha anche trovato tre bancali di componeti elettronici destinati ad un’azienda lombarda.
  
L’autista, immediatamente arrestato per traffico internazionale di stupefacenti, ha dichiarato al pubblico ministero del Tribunale di Aosta, Luca Fadda, di non sapere nulla della borsa in questione, nè tanto meno della droga. Attualmente l’uomo è stato trasferito nella Casa circondariale di Brissogne, a disposizione degli inquirenti.
  
"Riteniamo che l’autista arrestato è probabilmente il più piccolo ingranaggio" – ha dichiarato Fadda alla stampa. Le autorità indagano ora per risalire all’intera organizzazione che gestisce il traffico internazionale. L’indagine è stata denominata "operazione Vulcano".
 
 
 
 
Valentina d’Angella

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