Alpinismo

Barmasse, prima solitaria sul Cervino

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CERVINIA, Aosta — Tra nebbia e scariche di sassi, venerdì 14 settembre Hervè Barmasse ha messo a segno la prima ripetizione solitaria dello Spigolo dei Fiori, una delle vie simbolo della parete Sud del Cervino. Aperta nel 1970 da Gianni Calcagno e Guido Machetto, è la prima via che su questa montagna va alla ricerca delle difficoltà su roccia, e non della vetta. Ecco il video e il racconto della salita, firmati dallo stesso Barmasse.

"Nella vita di un alpinista possono esistere castelli per aria, sogni, capricci, progetti, sentimenti, donne, competizione, invidie, amicizie, solitudine. Ma sempre, c’è la speranza un pizzico di fortuna: quella che mi ha accompagnato in questa avventura. Già, perché quando arrampichi slegato, e sotto i piedi hai qualche centinaio di metri, un sasso che cade su di te o a pochi centimetri da te, fa la differenza e può significare vita o morte.
 
Quando a settembre arriva l’alta pressione che aspettavi ad agosto per poter lavorare, e hai un giorno libero, prepari veloce lo zaino e ti dirigi entusiasta verso una nuova avventura. E così eccomi, venerdì 14 settembre, andare verso lo Spigolo dei Fiori della "Grande Becca".
 
La sveglia è sempre una noia, come l’avvicinamento. Parto dal rifugio Duca degli Abruzzi e mi avvicino a questo pilastro di settecento metri, passando sotto la parete Sud del Cervino. Attraversando il ghiacciaio e la morena trovo una giacca, poi uno scarpone, poi una piccozza… E mi chiedo: sarà un avvertimento?
 
Già, perchè arrampicare solo, senza auto assicurarsi, è di per sé un bel rischio. Più che il fisico si prepara la testa, che è quella che comanda. Io la abbasso e continuo, mentre intanto inizia a nevischiare. Un altro segno? No, penso, per fortuna solo umidità.
 
Alle sette e mezzo parte la salita. E metro dopo metro mi ritrovo alla fessura fiorita che veniva riassunta così da Calcagno… “Ti si para davanti l’ostacolo inatteso e sperato. Chiazzata di splendidi fiori gialli e cuscinetti di muschio di un tenue verde, la fessura diedro si drizza nel cielo con placche levigate. Cercavi le difficoltà? Eccotele! Un cuneo, qualche chiodo, una staffa: scintillano nel sole, e non resta che il ricordo di quei fiorellini splendidamente gialli”.
 
Superatala, continuo su passi più facili per arrivare ad un pilastro appoggiato molto instabile e poi ad uno strapiombo e una placca, dove lo Spigolo dei Fiori (nella foto, in giallo) che sto salendo incontra la via "Padre Pio prega per tutti" (nella foto, in rosso). Un punto così descritto dai primi salitori: "L’ultimo chiodo è ormai qualche metro sotto. Le mani avvinghiate a quello che la mente rifiuta di credere un masso appena appoggiato al bordo dello strapiombo, cominciano a esser stanche di sopportare quasi tutto il peso del corpo. I piedi su appoggi minuscoli, iniziano la loro esotica danza. Un attimo di concentrazione: tutti i muscoli vibrano e rispondono al comando di una mente ancora controllata. Colpisci ciò che prima era l’incognita… Ti ergi vincitore incurante delle ferite del monte".
 
E poi, incontri la placca. ”Qui il gioco d’equilibrio raggiunge vertici elevatissimi – scriveva Calcagno -. La minima mossa deve essere il risultato di un severeo controllo. Tutto vagliato: Perdere il Pedone per mangiare l’alfiere. Tessere delicatamente la ragnatela di movimenti che permette il progredire: piccoli passi, calmi regolari… Gioco d’astuzia… Scacco alla regina".
 
Continuo a salire su terreno facile e un fischio ben conosciuto da noi appassionati di montagna annuncia l’arrivo di un sasso. Per fortuna finisce qualche metro a destra, appena sotto di me, ma proprio dove prima – slegato – salivo concentrato. Altro segno? Io continuo. E dopo quattro ore dalla base arrivo alla fine dello spigolo e della via.
 
Forse non è una vera vetta: è senza croce, senza cartacce, senza orma di piede umano… però non ha nulla da invidiare alle vere cime. E’ la fine del nostro arduo cammino.
 
Ma l’avventura non finisce qui. Nei miei pensieri e nei miei progetti del mattino, ho in mente un altro obiettivo per la giornata. Ripetere, da solo e slegato, anche la via "Padre Pio Prega per tutti", sulla quale ero stato con Massimo Farina compiendone la prima ripetizione e la prima invernale.
 
Scendo, torno nel punto dove le vie si incrociano a due terzi o poco più del pilastro, riparto sugli ultimi tiri della via aperta da Gabarrou e Ravaschietto, che negli ultimi 150 metri sale alcuni metri più a destra dello spigolo. Lo faccio con l’idea poi, di ridiscendere fino alla base della via e riniziare a salire per raggiungere di nuovo quell’esatto punto e concludere la mia avventura.
 
Ma l’imprevisto mi attende. Arrivo in cima alla via, ridiscendo in doppia e un sasso mi sorprende per la seconda volta. Faccio finta di niente, ma la concentrazione non torna…
 
Continuo le doppie nella nebbia e un altro sasso, anche se di dimensioni molto piccole, mi arriva proprio sul casco. Rimango ad una sosta sotto ad uno strapiombo per un’ora esatta. E penso, rifletto. La mia avventura si conclude qui. Inutile e superfluo rischiare. Il potere divino di deviare possibili scariche di sassi non ce l’ho, e la testa, quella che serve per questo tipo di salite, ora manca.
 
E’ inutile rischiare dopo che un obiettivo, la prima solitaria della via Spigolo dei Fiori, è stato raggiunto con successo. Come dire, vinco uno a zero e un pizzico di amaro in bocca rimane. Ma forse rende anche più bella e più umana questa storia, che a distanza di tanti anni mi è sembrato di poter condividere con i primi salitori attraverso il racconto di Gianni Calcagno.
 
Sono sempre rimasto affascinato dai racconti sulle tante avventure che rendono famoso il Cervino: la montagna di casa, quella che hai nel cuore. E quello di Calcagno su questa mitica via mi ha spesso incuriosito, affascinato. Ora, dopo averne compiuto la prima solitaria, quella sua avventura la sento ancor più mia.
 
E’ ora di scendere, Un pensiero a Massimo, una telefonata a Cervinia a mio fratello ed alcune guide e amici che mi seguono con il binocolo. E poi giù il più veloce possibile. Una birra a Cervinia mi aspetta… e grazie alla fortuna". 
 
Hervè Barmasse
 
Si tratta della quarta prima solitaria di Barmasse sul Cervino, dopo quella sulla Casarotto-Grassi del 2002, quella sulla Deffeyes del 2005 e sulla Direttissima della Parete Sud l’anno scorso. Ma l’attività del 30enne alpinista valdostano sulla “Grande Becca” conta anche una via nuova (Per Nio, 2000) e una prima ripetizione invernale (Padre Pio prega per tutti, 2002).

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