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Patagonia, Pedeferri e compagni rinunciano alla via nuova sulla Mermoz

Aguja de la S, Aguja St Exupery, Aguja Rafael, Cerro Poincenot, Monte Fitz Roy, Aguja Mermoz, Aguja Guillaumet (Photo David Futyan - Picasaweb)
Aguja de la S, Aguja St Exupery, Aguja Rafael, Cerro Poincenot, Monte Fitz Roy, Aguja Mermoz, Aguja Guillaumet (Photo David Futyan - Picasaweb)

EL CHALTEN, Argentina — Nessuna via nuova sul pilastro Ovest dell’Aguja Mermoz, nel gruppo del Fitz Roy,  per la spedizione italo-svizzera composta dal Ragno di Lecco Simone Pedeferri, dallo svizzero Lorenzo “Pala” Lanfranchi e dal milanese Mirko Masè, a cui si è aggiunto nella salita Carsten von Bikhdhahn. Il gruppo era partito per la Patagonia per aprire un nuovo itinerario su quegli 800 metri di granito molto ripido, ma la settimana scorsa ha deciso di rinunciare: dopo 10 tiri infatti, si sono trovati in un punto in cui per proseguire nella progressione avrebbero dovuto piazzare troppi spit, così hanno preferito tornare indietro e ripetere nei giorni successivi altre vie.

Pedeferri, Lanfranchi e Masè sono partiti per la Patagonia il 10 gennaio scorso con l’idea di aprire una nuova via che passasse lungo il pilastro evitato invece da tutte e quattro le altre linee già esistenti sulla parete ovest dell’Aguja Mermoz, ovvero dalla via Argentina, dalla Cosas Patagonicas, dalla Hypermermoz e dalla Barriga Patagonica. Nelle scorse settimana hanno potuto approfittare di una finestra di bel tempo straordinariamente lunga, così in 11 giorni hanno realizzato diverse salite, tra cui i 10 tiri sull’Aguja Mermoz.

“Siamo partiti in 4 per la Mermoz – spiega il valtellinese sul sito dei Ragni di Lecco -, parete ovest: io, Mirko, Pala e Carsten (Von Birkhahn). Abbiamo stabilito il campo base al passo Mermoz, in 2 giorni abbiamo scalato 10 tiri fantastici di 7a+ A3 con tratti in fessura bellissimi e altri passaggi in artificiale su Sky hook. Purtroppo però la parete si è difesa alla grande e ci ha giocato un brutto scherzo: la zona centrale si è rivelata strapiombantissima e liscia, quindi ci si è posto un problema ‘etico-morale’: se forzare per 2 o 3 tiri la parete (con molti spit e largo uso di artificiale) o rinunciare al progetto. Il nostro modo di scalare ci ha sempre portato a salire delle linee logiche in montagna e a tutti e 4 questa è sembrata una linea troppo forzata per il nostro stile; non è facile rinunciare ad una salita del genere dopo che hai fatto cosi tanta fatica a portare il materiale e scalare tutta la prima parte, avendo avuto anche il tempo bello per poter continuare; per questi motivi la nostra scelta è stata ben ponderata. Dopo di che abbiamo passato due giorni di brutto tempo al passo Mermoz a tenere le tende per il vento, una delle due ha ceduto. Il terzo giorno fino alle 4 della mattina ha piovuto, alle 5 il cielo era tutto stellato e siamo partiti per il pilastro Est della Mermoz, per salire la via “Red pillar” o “Vela y viento” (700m, 7b+ max), aperta da Kurt Albert e Bernd Arnold”.

“Erano anni che volevo salire questa via e sognavo questa linea purissima in fessura – continua il Ragno di Lecco -; l’abbiamo salita tutti e 4 e posso assicurare che la via era veramente dura. Gli ultimi tiri ci hanno impegnato duramente a cause del ghiaccio nelle fessure ed ho dovuto tirare fuori tutta la mia esperienza per passare. Dopo la cumbre e la discesa ci siamo trovati sul ghiacciaio di notte, perdendo le tracce di salita, quindi abbiamo vagato per 2 ore tra i crepacci prima di ritrovare la strada giusta verso il passo Guillamet”.

Il gruppo in seguito ha fatto rientro a El Chalten, ma dopo un giorno di riposo Pedeferri, Lanfranchi e Masè sono ripartiti per la valle del Torre dove avrebbero voluto tentare un concatenamento. Alla fine però non hanno valutato in condizioni il percorso che avrebbero voluto salire, così hanno deciso di ripetere la via “Chiaro di luna” (800 m, 6c) alla Aguglia St. Exupery.

“Abbiamo salito questa via in velocità e dalla cumbre abbiamo deciso di traversare verso la punta Ovest per calarci verso la Aguglia S. La discesa si è rivelata più impegnativa del previsto e siamo arrivati alle ultime luci del giorno nel canale tra le due aguglie e siamo scesi. E’ stato fatto tutto in 11 giorni filati”.

 

Info: www.ragnilecco.com/

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