Scienza e tecnologia

Rapporto Wwf: l’opinione degli esperti

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BERGAMO — Ha impegnato per due anni numerosi esperti mondiali, l’ultimo rapporto WWF “Living Planet Report”. Per analizzare il ritmo di consumo, da parte dell’uomo, delle risorse naturali. Ovvero dei terreni fertili, dell’acqua, delle risorse forestali, delle speci animali, delle risorse ittiche.

Per quantificare il “danno” sono stati compilati due indicatori dello stato di salute del pianeta. Il primo, l’indice del Pianeta Vivente (Living placet Index), si è basato su trend di oltre 3600 popolazioni e di 1300 specie di vertebrati, nel lasso di tempo degli ultimi trent’anni. Il risultato, le specie terrestri si sono ridotte del 31 per cento, quelle di acqua dolce del 28 e quelle marine del 27.
 
Il secondo indice, l’impronta ecologica, ha misurato la domanda in termini di consumo di risorse naturali da parte dell’umanità, fra il 1961 e il 2003. Questo ha rilevato che l’impronta umana ha già superato il 25 per cento della capacità bioproduttiva dei sistemi naturali da noi utilizzati per il nostro sostentamento.
 
Insomma, l’impronta umana sta schiacciando la natura e ci stiamo avviando in una fase critica di crollo delle risorse. I paesi con l’impronta ecologica più vasta calcolata su un ettaro globale a persona, sono gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti, la Finlandia, il Canada, il Kuwait, l’Australia, l’Estonia, la Svezia, la Nuova Zelanda e la Norvegia.
 
La Cina si trova al sessantanovesimo posto, ma la sua crescita economica ed il rapido sviluppo economico, giocherà un ruolo chiave nell’uso sostenibile delle risorse del pianeta nel futuro. Questo uno dei motivi per cui il “Living Placet Report” è stato lanciato proprio in Cina.
 
“Le informazioni dell’ultimo rapporto WWF Living Planet Report – spiega il presidente del Consiglio Scientifico del Comitato Ev-K²-CNR, Gianni Tartari – confermano che la presenza delle attività del Comitato in Himalaya ed anche in Pakistan può avere un ruolo strategico nello studio e nella tutela dell’ambiente”.
 
“Non a caso – prosegue Tartari – i due grandi progetti Abc dell’Unep e Ceop del Wmo, a cui il Comitato partecipa da oltre 5 anni attraverso Share ASia, hanno raggiunto un peso scientifico che  travalica la semplice importanza accademica e trova sempre più rilievo nel quadro dello sviluppo sostenibile”.
 
“L’azione di questi progetti, verso l’appoggio di iniziative di capacity building rappresenta il naturale destino, verso cui indirizzare i risultati ottenuti, in un’ottica estremamente concreta di trasferimento immediato dei risultati in ricerche di carattere applicato, le uniche che possano contribuire a risolvere i problemi citati nel rapporto WWF”.
 
“La situazione è realmente preoccupante – sostiene lo scienziato – alla luce dello sviluppo incredibile che quelle aree della Terra stanno producendo. Tant’è che si può affermare che tali aree potranno e dovranno essere in grado di attrarre le migliori tecnologie per la soluzione di problemi che assumono un peso specifico rilevante a scala globale”.
 
“I problemi della Cina e dell’India vanno risolti insieme, in un quadro di sviluppo sostenibile la cui complessità solo oggi iniziamo a comprendere. Il Comitato, per conto suo, sta quindi già agendo lungo una strada che dovrà vedere presto molti più protagonisti di quelli attuali”, conclude Tartari.

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