Alpinismo

Grignetta d’oro: trionfa l’arrampicata

immagine

LECCO — Rolando Larcher, Rossano Libera, Giorgio Spreafico e Giovanni Badino. Ecco i nomi dei vincitori del quinto Grignetta d’Oro. Ma chi davvero ha trionfato, è l’arrampicata: quella pura, quella che nasce da un’inquieta ricerca della soddisfazione, della felicità. Quella che vive di esplorazione, sia essa dei propri limiti o di luoghi lontani. 

Il Grignetta d’Oro 2006 si è chiuso sabato notte con grande successo e parecchia fatica nell’individuare i "più meritevoli" tra il mare di stelle dell’alpinismo che si erano radunate ai piedi

GUARDA I VIDEO

Badino, premio Lavoro e Montagna
Spreafico, premio Comunicazione
Larcher e Libera, premio Alpinismo
Menzioni speciali per l’Alpinismo
Karl Unterkicher
Simone Moro
Alex Busca e Marco Farina
Ivo Rabanser
Hervè Barmasse

della Grigna.

 
Il compito era così difficile che, per la prima volta nella storia, il Grignetta d’Oro per l’alpinismo è stato assegnato ex aequo ad un temprato Rolando Larcher e ad un emozionatissimo Rossano Libera, come "rappresentanti delle anime dell’alpinismo che possono davvero motivare le generazioni future”. Accanto ai vincitori, sono state individuate delle menzioni speciali per Ezio Marlier, Maurizio “Manolo” Zanolla e Ivo Rabanser. Per la Comunicazione, è stato premiato il giornalista Giorgio Spreafico e per Lavoro e Montagna lo speleologo e docente universitario Giovanni Badino.
 
La premiazione, però, è stata solo il coronamento di un una lunga giornata che ha visto correre sul palco dalla Montanina ai Piani Resinelli alcuni dei protagonisti e delle più grandi imprese alpinistiche degli ultimi tre anni (clicca qui per vedere l’elenco delle nomination). Grandi nomi accanto a giovanissime promesse, professionisti della montagna accanto a semplici appassionati, filosofi dell’alta quota accanto a filosofi dello spit, rappresentanti dell’arrampicata sportiva, dell’ice climbing, dell’alta quota e – più spesso – tutt’e tre le cose insieme.
 
Personaggi di valore non solo per il loro curriculum, ma anche e soprattutto perchè non si sono limitati ad un’operazione auto-referenziale, lasciando invece ai presenti perle di saggezza e spunti di riflessione mentre sul video scorrevano le splendide immagini dei loro viaggi.
 
C’è stato chi, come Manolo, ha dato una lezione di vita, più che di alpinismo. Richiamando l’attenzione alla voglia di esplorare, alla passione che c’è dentro ogni alpinista: perché dire che non si può vivere l’avventura se non si è lontano da casa, è segno di pigrizia nei sogni e di ipocrisia. Perché quello che rende le imprese preziose e vere è la capacità di evitare scorciatoie e di avventurarsi nell’incertezza, sempre nel rispetto della montagna, della via e di chi l’ha aperta.
 
Chi, come Elio Orlandi e  Silvestro Stucchi, ha ricordato che le meraviglie regalate dall’alpinismo sono soprattutto le amicizie, perché – parole di Ezio Marlier – il resto sono solo righe tracciate sulle montagne che non valgono niente.
 
Chi riesce a stento a frenare l’entusiasmo, il talento, la passione, promettendo un futuro di grandi gesta alpinistiche, come i giovanissimi Adriano Selva e Matteo della Bordella. Chi ha dimostrato che di questa passione è possibile farne un lavoro, come la Scuola Militare Alpina dell’Esercito Italiano, con Remo Armano, Alex Busca e Marco Farina.
 
Chi, come ha raccontato Simone Moro, l’alpinismo è varietà, è sofferenza, è anche esporsi alle polemiche ma è soprattutto felicità. Chi, come Libera, lo apprezza per i sacrifici che richiede, che costringono a essere sè stessi fino in fondo.
 
Chi ne richiama le radici d’esplorazione, come Karl Unterkircher ed Hervè Barmasse. Chi, dall’alto del suo 9a come Cristian Brenna, resta di una semplicità disarmante: “l’arrampicata alla fine è solo trovare gli appigli e tirarsi su” (beato lui).
 
E infine, c’è chi è anche un po’ poeta, come Ivo Rabanser, che cita St. Exupery: “È il tempo che tu hai perduto con la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante”. Le vie sono già segnate sulla roccia, all’alpinista resta solo da interpretarla risolverla, rispecchiando non solo il suo stile ma anche la personalità della montagna.
 
Sara Sottocornola
I VINCITORI
Rolando Larcher, 41 anni, è la sintesi vivente tra l’alpinismo delle grandi pareti e l’arrampicata sportiva. La sua carriera nasce "con gli scarponi ai piedi" per passare alle scarpette d’arrampicata e finire ad aprire delle impressionanti vie nuove sulle pareti prima delle Dolomiti e poi di paesi lontani. Tra i suoi capolavori in libera dal basso, la prima solitaria invernale della Cima Ovest di Lavaredo e la prima salita in libera de "La Grande Onda – Big Wave aperta sulla parete sud-ovest della Torre Sprit (Pale di San Martino), con Michele Paissan e Manolo.
 
Rossano Libera, 37 anni, originario della Val Chiavenna, ha al suo attivo un’attività alpinistica intensa soprattutto sulle Alpi e sulle montagne di casa, costellata da sette anni a questa parte, di solitarie invernali. Il suo gioiello è prima solitaria invernale sulla Nord-Ovest del Pizzo Badile (via Ringo Star), del 2004, che lo ha visto balzare agli onori della cronaca, forse ingiustamente, per essere rimasto tre giorni bloccato sulla vetta da una bufera.
 

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close