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Tornare sul K2 con il libro di Marco Majori e Federico Secchi

Nel loro “K2, due amici e un sogno”, gli alpinisti lombardi narrano la loro avventura del 2024 sulla seconda montagna della Terra, e la caduta in un crepaccio che rischia di costare la vita a Marco. Toni semplici, per raccontare una grande esperienza

Ci sono sfide che vengono preparate per anni, altre che nascono dall’ispirazione di un momento. “Se decido di accettare una sfida è perché ci credo davvero. Anche per questo, quando Federico mi ha chiesto di partire con lui per il K2, ho sentito il bisogno di rifletterci un po’”.
Così scrive Marco Majori, lombardo di Bormio, guida alpina e militare del Centro Addestramento Alpino dell’Esercito, dopo che l’amico Federico Secchi, nato a Valfurva, gli fa la fatidica proposta. I due si conoscono bene e hanno l’esperienza necessaria, maturata con una salita in stile alpino dell’Himlung Himal,  7126 metri, in Nepal, e una spedizione con gli sci dal Manaslu, 8163 metri l’ottava cima della Terra.

Per riuscire nell’impresa, riflette Marco, occorrono tre condizioni: energie sufficienti dopo aver raggiunto la vetta, un buon meteo, neve sciabile e sicura. Poi decide. “Sapevo che l’allineamento di tutte e tre queste condizioni era estremamente improbabile, ma non impossibile”. Così risponde: “va bene, proviamo! Magari ci troviamo nel posto giusto al momento giusto…”.

E’ proprio il tono sereno, adatto a una chiacchierata tra amici, a rendere piacevole K2, due amici e un sogno (Rizzoli, 144 pagine, 29,90 euro), il libro in cui Marco Majori e Federico Secchi raccontano la loro avventura del 2024 sulla seconda montagna della Terra. Attirano il lettore anche le magnifiche foto, molte delle quali scattate dal drone pilotato da Ettore Zorzini, un maestro di questa difficile arte.

All’inizio del libro i due autori si presentano con parole e fotografie. Marco compare a tredici anni, quando viene legato per la prima volta in cordata dal padre, guida alpina, sul Cevedale. Federico, che viene dal mondo dello sci agonistico, ha inserito una foto che lo mostra bambino, durante una gara di sci, sotto una nevicata battente e con lo sfondo di una baita di legno.

Majori ha otto anni più di Secchi, e i due arrivano all’alpinismo con percorsi diversi. Poi si conoscono, compiono insieme le due spedizioni citate, si preparano per il tentativo al K2 – il loro progetto è di compiere la seconda discesa in sci dalla vetta, fino ad allora solo il polacco Andrzej Bargiel ci è riuscito – con un mix di serietà professionale e allegria. Prima di partire per il Pakistan, Federico va per quindici giorni in Corsica, a respirare aria di mare.

C’è folla, sul ghiacciaio Baltoro e sul K2, quando i due componenti della spedizione “Ski in the sky” atterrano nel caldo torrido di Islamabad. Le cose migliorano più avanti, a Skardu e nel pericoloso viaggio in jeep verso Askole. Il trekking verso il campo-base, come spesso accade, è un momento di stacco dalle preoccupazioni della preparazione, dedicato ad acclimatarsi e ad ammirare magnifiche vette come le Torri di Trango e il Masherbrum.

Tra giugno e luglio del 2024, a 70 anni dalla prima ascensione del 1954, sul K2 c’è tanta gente. La spedizione femminile italo-pakistana diretta da Agostino Da Polenza, quella del CAI di Biella che manderà in vetta il lombardo Tommaso Lamantia, vari team commerciali, il fortissimo francese Benjamin Védrines e i suoi compagni, che insieme a lui scenderanno in parapendio dalla vetta.

Majori e Secchi riferiscono del loro tentativo al Broad Peak, interrotto dall’arrivo del maltempo, con una discesa in sci con visibilità quasi zero. Raccontano le prime rotazioni sullo Sperone Abruzzi del K2, e poi la partenza verso l’alto insieme a Federica Mingolla e a Silvia Loreggian, le due componenti della spedizione nazionale che si sentono meglio.

Quando Federica e poi anche Silvia rinunciano, un messaggio di Da Polenza per radio annuncia ai due ragazzi lombardi che la speranza di portare il tricolore sulla cima è affidata a loro. Ma la disponibilità di due portatori d’alta quota pakistani non li aiuta, anzi. Pagina dopo pagina, e senza toni pedanti, si scoprono finalmente molti dettagli della spedizione delle donne che un anno e mezzo fa, per un blackout informativo, non erano stati raccontati.

Poi, insieme e più delle parole, sono le fotografie a raccontare. In quella di pagina 106-107, scattata dalla GoPro di Marco si vedono la traccia e la corda fissa che salgono senza pietà sul pendio, e il puntino colorato di Federico 150 metri di dislivello sopra di lui.

Da Polenza, capospedizione esperto e spietato, sprona Secchi a continuare per la cima, e invita Majori a scendere per non rischiare la pelle. Le foto del drone di Zorzini, che mostrano Federico solo in cresta e sulla cima del K2, fanno capire meglio di qualunque parola al lettore l’isolamento, la pendenza, l’impegno psicologico di quella montagna straordinaria.

Federico continua passo dopo passo, si affaccia sugli altopiani cinesi, alle 16.30 del 29 luglio lancia un urlo di gioia dalla vetta, sventola uno sci a favore del drone, scatta un selfie con il gagliardetto della sezione di Valfurva del CAI. Immagini quasi normali, ma l’impresa rimane. “Era come andare sulla Luna” si è scritto a proposito della spedizione di 70 anni fa. Anche oggi, lassù, le cose non sono molto diverse.

Chi legge un libro come questo sa già cosa è successo in quei giorni, e sa che il momento-clou, potenzialmente fatale, arriva in discesa, quando Marco Majori cade in un crepaccio a 7300 metri di quota a causa della visibilità ridotta a zero. Grande merito del protagonista è di raccontare quei momenti senza sbavature: la caduta, la lussazione al braccio destro, la voglia di lasciarsi andare e morire, la reazione.

Quando Marco riemerge dal crepaccio, sotto choc e ferito, il campo-base e la salvezza sono lontani. Ad aiutarlo a salvarsi sono prima Federico, che scava una truna nel pendio e aiuta l’amico a entrarvi, e poi i francesi Benjamin Védrines e Seb Montaz, risaliti nonostante la stanchezza.

La prima boccata da un respiratore a ossigeno è il segnale che la vita riprende. Poi, nell’interminabile discesa sulla Piramide Nera e lo Sperone Abruzzi, danno una mano anche Silvia Loreggian e gli alpinisti del CAI Biella. Alla fine Lorenza Pratali, medico della spedizione nazionale, somministra a Majori le medicine che lo aiutano a ritrovare la salute.

Sull’elicottero che lo riporta dal campo-base a Skardu, però, Marco Majori viaggia insieme al corpo di Mohammed Hassan Shigri,  il portatore pakistano spedito oltre gli 8000 metri nel 2023 senza attrezzatura né esperienza, e scavalcato – prima agonizzante, poi da cadavere – da decine di alpinisti senza pietà. La vita e la morte, sul K2, sono spesso molto vicine. Grazie a Federico Secchi e Marco Majori per avercelo ricordato con semplicità.         

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