Rifugio Falier, storia e panorami ai piedi della Marmolada
Inaugurato nel 1911 dalla Sezione di Venezia del CAI con il nome di Rifugio Ombretta, ma distrutto durante la Grande Guerra, il Falier offre un’accoglienza genuina e una storia appassionante. Il panorama sulla parete Sud è magnifico
Negli ultimi anni dell’Ottocento, le sezioni CAI delle grandi città italiane si dedicano ad attrezzare le montagne nelle zone di loro competenza. Quella di Torino, dov’è anche la Sede centrale del Club, costruisce rifugi nelle Valli di Lanzo e in Valle d’Aosta. Da Milano si punta alla Valtellina e al Cevedale, da Roma al Gran Sasso e al resto dell’Appennino centrale.
La sezione di Venezia, fondata nel 1890, indirizza i suoi sforzi verso i massicci delle Dolomiti venete. La prima struttura, che porta il nome della città, nasce nel 1892 ai piedi della via normale del Pelmo. Lo seguono il San Marco, base per l’ascensione al Sorapiss (1895), il Coldai alla Civetta (1905), il Mulaz nel cuore del versante agordino delle Pale (1907).
Un anno dopo l’inaugurazione del Mulaz, un alpinista milanese propone a Giovanni Chiggiato, presidente della sezione di Venezia, di edificare un rifugio in Val d’Ombretta, ai piedi della Marmolada. Si chiama Arturo Andreoletti, e qualche anno prima ha compiuto la prima ascensione italiana della parete Sud, per la via tracciata nel 1901 dalle guide Michele Bettega e Bortolo Zagonel (entrambi di Primiero, e quindi sudditi dell’Austria-Ungheria) con l’inglese Beatrice Tomasson.
La guerra è ancora lontana, ma sulla Marmolada le tensioni ci sono già. Qualcuno ipotizzerà che l’impresa della Tomasson e dei due primierotti servisse anche a spiare la zona, più volte le guide di Rocca Pietore e dintorni per salire alla Punta Penìa traversano senza controlli il Passo d’Ombretta, e continuano verso Forcella Marmolada e la vetta, sulla cresta Ovest della quale è stata attrezzata una delle prime ferrate delle Alpi.
Chiggiato accoglie il suggerimento, e affida la direzione dei lavori a Emanuele Murer, che ha costruito anche il rifugio Mulaz, che sotto il regime fascista verrà dedicato a Giuseppe Volpi, industriale, ministro e ideatore della Mostra di Arte Cinematografica di Venezia. Gli anni in cui è il governatore della Libia valgono a questo intraprendente signore il titolo di conte di Misurata.
Alla costruzione del rifugio Ombretta contribuisce il Comune di Rocca Pietore, che fornisce gratuitamente il legname necessario. La struttura viene inaugurata il 15 agosto del 1911, con una festa di cui la Rivista Mensile del CAI riferisce nel numero di ottobre. Coordina l’incontro il nuovo presidente sezionale Giovanni Arduini, si brinda con “vino, birra e spumanti”.
Partecipa all’evento una delegazione della SAT, la Società degli Alpinisti Tridentini, guardata con sospetto dalle autorità austro-ungariche. C’è anche una compagnia di artiglieria da montagna del 7° Alpini, che durante la festa fa echeggiare in val d’Ombretta delle “salve festose e augurali”. Ad aprire il numero della Rivista, d’altronde, è un saluto alle truppe alpine impegnate nella guerra di Libia.
Meno di quattro anni dopo arriva la Prima Guerra mondiale e la Val d’Ombretta si ritrova in prima linea. Il rifugio viene militarizzato, e dalla primavera del 1916 ospita Arturo Andreoletti, ora capitano degli alpini, che comanda la 206ª compagnia e il settore Ombretta-Ombrettola del fronte.
Da lì, fin dall’estate precedente, pattuglie in grigioverde occupano le Cime e il Passo d’Ombretta. L’artiglieria italiana prende più volte di mira e poi distrugge la Contrin Haus, lo storico rifugio del versante trentino che dal 1915 ospita il comando di zona austro-ungarico.
Dalle ceneri del rifugio Ombretta rinasce il Falier
All’alba del 27 aprile 1917, però, quattro cannoni da montagna austriaci piazzati sulla cresta della Marmolada aprono il fuoco con granate incendiarie verso il rifugio Ombretta, che viene completamente distrutto. Per un’ironia della storia, nel dopoguerra, sarà proprio Andreoletti, da presidente della neonata Associazione Nazionale Alpini, a far ricostruire il rifugio Contrìn, che appartiene all’ANA anche oggi.
Tarda qualche anno, invece, la ricostruzione del rifugio Ombretta, che viene resa possibile dall’entusiasmo e dai fondi di Onorio Falier, alpinista ed erede di una ricca famiglia veneziana. L’inaugurazione arriva solo nel 1939, e il nuovo rifugio viene dedicato proprio a Falier. Ma un nuovo conflitto è alle porte, e per il rifugio sono di nuovo tempi grami.
Nella Seconda Guerra mondiale le Dolomiti non vengono toccate da scontri. Il rifugio Falier, però, non viene più gestito ed è completamente abbandonato. Nel 1949, quattro anni dopo il ritorno della pace, il CAI di Venezia deve ristrutturare nuovamente l’edificio.
La seconda ripartenza nel 1953, grazie a Nino Del Bon
La storia cambia nel 1953 quando Nino Del Bon, un boscaiolo di Forno di Canale (l’odierna Canale d’Agordo) accetta la proposta del CAI, s’incarica della gestione del rifugio e lo raggiunge insieme alla moglie Agnese Zuliani e al figlio Dante, che allora ha appena sei mesi.
È l’inizio di una vicenda professionale e umana che dura più di settant’anni, e che vede sfilare nella sala da pranzo, nei cameroni e sul terrazzo del Falier migliaia di camminatori villeggianti che salgono fino al rifugio, gli escursionisti che proseguono per il Passo d’Ombretta e il Contrin, o verso la ferrata della cresta Ovest e la Punta Penia.
Si affiancano loro decine di grandi nomi dell’alpinismo dolomitico, da Hans Vinatzer ad Armando Aste, da Reinhold Messner a Maurizio Giordani, da Hans Mariacher a Igor Koller, da Manolo a Hansjörg Auer. Tutti, all’interno o sul terrazzo del rifugio Falier, si cimentano con l’ottima cucina di Agnese, e, una volta impegnati sulla Sud, vengono seguiti con il binocolo da Nino e poi da suo figlio Dante, che gli subentra nella gestione nel 2023 insieme alla moglie Franca.
“Era tardi, ma il custode ci preparò ugualmente una minestra e del tè” racconta Messner della serata che precede la prima ripetizione della Via dell’Ideale, capolavoro di Aste e Franco Solina sulla Marmolada d’Ombretta. “La Via dell’Ideale? Attenti all’acqua” avverte i quattro giovani altoatesini Nino Del Bon, che li ascolta “con entusiasmo e con spavento”.
Nonostante le previsioni del gestore (“due giorni non bastano, impossibile!”), Reinhold e i suoi amici escono con un solo bivacco. All’uscita, in un camino, si ritrovano “in una fogna e nella merda” lanciate sulla parete dalla stazione della funivia. Per fortuna, però, “quella domenica il gestore non aveva rovesciato la pattumiera nel camino”. Due anni dopo, da solo, Messner ripete la via Vinatzer, e traccia una variante di uscita.
“Mio padre ci chiese se uno dei noi due figli fosse intenzionato a continuare la gestione del Falier. Io risposi “ci provo io”. Non ero convinto al cento per cento ma mi dispiaceva vedere il tanto lavoro dei miei genitori di quei quarant’anni passare di mano senza provarci” spiega Dante Del Bon al quotidiano Il Gazzettino, che nel 2023 dedica una pagina ai 70 anni di questa straordinaria gestione familiare. Al Festival di Trento del 2025, nella grande serata dedicata alla “Parete d’argento”, insieme a decine di alpinisti viene salutato e applaudito proprio Dante, che ha preso il posto del padre come custode ufficiale della parete.
Gli escursionisti di oggi, oltre che con il binocolo in mano, lo incontrano mentre sale verso il rifugio alla guida del suo quad carico di provviste, affrontando con perizia una lunga cengia artificiale protetta da una solida ringhiera d’acciaio, ma anche un tratto a mezza costa e dei tornanti dove un errore di guida potrebbe avere conseguenze molto serie. Il mestiere del gestore, però, è fatto anche di questo.
Come arrivare al rifugio Falier
Partenza: Malga Ciapela (BL)
Dislivello: + 640 metri
Tempo necessario: 4.30 ore (a/r)
Difficoltà: E
Quando andare: da giugno a ottobre
L’itinerario inizia dalla conca di Malga Ciapela, alla base della funivia della Marmolada. Seguendo le indicazioni per il Camping Marmolada si raggiungono un posteggio (1455 m) e il divieto di transito. A piedi, sulla strada asfaltata, si sale alla Malga Ciapela, a un ponte e a un bivio (1559 m, 0.30 ore).
Si va a destra sulla strada sterrata (segnavia 610) che sale con delle ripide rampe e torna a sinistra in diagonale. Dove la strada finisce si continua per la mulattiera militare della Grande Guerra, che si alza in diagonale e poi a tornanti. Un tratto scavato in una parete verticale (esposto ma largo, e protetto da una ringhiera) porta ai magnifici prati di Malga Ombretta (1915 m, 1.15 ore), dominati dalla parete Sud della Marmolada.
Qui il percorso si divide. Consigliamo di salire per il “sentiero alto” che sale a destra a mezza costa, traversa delle scomode colate di ghiaia e poi sale tra i larici al rifugio Falier (2074 m, 0.45 ore). La prosecuzione verso il Passo d’Ombretta è lunga e faticosa (3 ore a/r), se si segue brevemente quello per il Passo d’Ombrettola il panorama sulla Marmolada migliora.
In discesa si può seguire il “sentiero basso” che si abbassa fino ai prati del fondovalle, tocca il monumento (1950 m) che indica il centro geografico delle Dolomiti e riporta a Malga Ombretta. Fino al posteggio occorrono due ore.