Chiunque abbia anche solo sfiorato la storia dell’alpinismo ha negli occhi l’immagine di Toni Kurz, appeso alla corda con i trefoli separati, mentre sussurra “Ich kann nicht mehr”, non ce la faccio più. La sua morte, tra le più drammatiche e struggenti dell’alpinismo, è impressa nella memoria collettiva.
Così come lo è quella di un altro uomo, solo, vestito di rosso, che correva come un forsennato tra ghiaccio e roccia su quella stessa parete. Era Ueli Steck, che nel 2015, con le sue due piccozze, salì la nord dell’Eiger in 2 ore e 22 minuti. Un’impresa che ha cambiato la storia dell’alpinismo contemporaneo. Eppure, anche questa, come molte altre, si è consumata proprio lì, sulle montagne di casa.
Per storie come queste – e per molte altre ancora – la parete nord dell’Eiger è diventata un’icona: una silhouette scolpita nella memoria, un profilo familiare visto in foto, documentari, film. Ma per quanto si possano conoscere a memoria le sue linee severe, trovarsi lì sotto, dal vivo, è tutta un’altra cosa. Lo sguardo si solleva e resta sospeso, schiacciato da una muraglia che pare infinita.
L’Eiger Trail: sotto la parete delle leggende
Il modo più spettacolare per vivere questa sensazione è percorrere l’Eiger Trail, un itinerario ad anello di circa quindici chilometri che conduce fino a contatto con la parete. Un sentiero da affrontare con passo sicuro e fiato corto, ma soprattutto con gli occhi ben aperti.
La partenza è dal centro di Grindelwald, l’attrezzata località turistica ai piedi dell’Eiger. Una ripida salita iniziale porta subito sopra le case, con una vista privilegiata sui ghiacciai del Grosses Fiescherhorn. La seraccata che scende a valle è interrotta solo da cascate di centinaia di metri, alimentate ininterrottamente dalla fusione dei ghiacci.
Il sentiero prosegue in costa, sempre più vicino a quel lungo muraglione che dall’Ostegg si slancia verso la cima dell’Eiger, come uno scudo di roccia severa che esplode dal terreno. Il tracciato ricalca, a una quota più bassa, la direzione della cresta Mittelegi, la più iconica via di salita alla vetta. Man mano che ci si avvicina alla parete, l’emozione cresce. Con un binocolo a portata di mano, si possono spesso individuare cordate all’opera sulle numerose vie tracciate lungo la parete. Sono 1600 metri di parete verticale, un susseguirsi di camini, placche, cenge e traversi. E il sentiero ci passa proprio sotto.
Il trittico leggendario: Eiger, Mönch e Jungfrau
L’itinerario si conclude a Kleine Scheidegg (2061 m), stazione ferroviaria in alta quota posta sul colle che separa Grindelwald dalla valle di Lauterbrunnen e punto di partenza della leggendaria ferrovia che sale ai 3454 metri dello Jungfraujoch. Oltre alla meraviglia dell’ingegneria svizzera – che ha letteralmente scavato binari nella montagna – questo valico offre la vista più spettacolare sul trittico mitico delle Alpi Bernesi: Eiger, Mönch e Jungfrau. Tre colossi di pietra che incorniciano il ghiacciaio dell’Aletsch, il più esteso delle Alpi con i suoi 80 km².
Curiosamente, l’unico dei tre a non superare i 4.000 metri è proprio l’Eiger. Gli mancano appena trenta metri, ma forse è proprio questo dettaglio a renderlo ancora più affascinante: un gigante “minore” che ha fatto la storia.
Da Kleine Scheidegg, la discesa è un’esperienza a sé. Il trenino giallo scende verso Grindelwald attraversando pascoli verdi, boschi ordinati e villaggi intatti, mentre lo sguardo – inevitabilmente – continua a tornare lassù, alla sagoma inconfondibile dell’Eiger, che domina il cielo e riempe il cuore di chi lo sogna.
L’alternativa
Questa è una versione rivisitata e allungata del vero e proprio Eiger Trail, il sentiero classico che parte da Alpiglen e arriva a Kleine Scheidegg, costeggiando la base della parete nord. Un tracciato più breve, ma altrettanto intenso, che in poco più di 6 chilometri regala un concentrato di emozioni e paesaggi vertiginosi.
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