Sentieri vista mare: sulla Cima del Redentore, il belvedere dei Monti Aurunci, in Lazio
Ischia, Ventotene, il Circeo e il Vesuvio. Formia, Gaeta e il golfo che le divide. Verso l’interno, le vette innevate del Parco d’Abruzzo e dei Monti Ernici. Il panorama dalla Cima del Redentore si conquista senza troppa fatica
Uno dei panorami più estesi e spettacolari delle montagne del Lazio attende gli escursionisti che salgono alla Cima del Redentore, la vetta di 1252 metri di quota che domina il golfo di Formia e Gaeta. Dalla vetta, dove sorge una grande statua in ghisa del Redentore portata fin lassù e poi montata nel 1900, nelle giornate limpide appaiono le Isole Ponziane, Ischia, Capri e l’inconfondibile cono del Vesuvio.
Dal vicino Monte Altino, di poche decine di metri più alto, che si raggiunge per un breve e monotono pendio di erba e sassi, il panorama si allarga invece verso la Ciociaria e l’Appennino. L’itinerario, che una volta iniziava da Maranola (frazione di Formia), segue la Strada della Statua, costruita per portare sulla vetta il manufatto, e tocca la cappella rupestre di San Michele.
Sul confine tra la Ciociaria, la valle del Liri e la costa, gli Aurunci segnano la conclusione del Preappennino laziale, che inizia a nord ovest con i Monti Lepini e prosegue con i Monti Ausoni. Solitari e selvaggi, ancora frequentati da boscaioli e allevatori, sono protetti dal 1997 da un Parco Regionale esteso su 19.374 ettari, e sono da tempo noti ai geologi, ai botanici e agli zoologi.
A poca distanza dalla cima più alta, la catena si alza nelle pareti calcaree del Monte Fammera e della Cima del Redentore. Tra le grotte spiccano l’Abisso di Vallaroce (-600 metri), l’Abisso della Ciauchella, l’Abisso di Vate Rutto e la Grotta dei Serini, tutte ad andamento verticale e accessibili solo a speleologi esperti. Sono state censite 1900 specie di piante, con rarità botaniche come la Sternbergia lutea, la Euphobia serrata, la Silene saxifraga e l’Allium sexatile.
Tra i mammiferi, oltre al cinghiale, sono presenti la volpe, il tasso, la faina, la donnola e il riccio. L’aquila reale ha nidificato sul massiccio fino a qualche decina di anni fa, oggi le specie più importanti di uccelli sono il lodolaio, il gheppio, la poiana, lo sparviero, il biancone e il falco pellegrino. Da qualche anno è tornato su queste montagne il lupo, come ben sanno i pastori che allevano bovini e capre negli alti valloni tra la Cima del Redentore e il Monte Ruazzo.
A lungo difficili da seguire a causa della fitta vegetazione e della mancanza di segnavia, i sentieri degli Aurunci sono stati oggetto di interventi delle Sezioni CAI di Latina e di Esperia e del Parco, realizzati con fondi dell’Unione Europea. Accanto alla Strada della Statua, sono stati montati chilometri di staccionate. Un intervento che ci sembra francamente eccessivo.
L’itinerario: dal rifugio di Pornito alla Cima del Redentore e al Monte Altino
Punto di partenza: rifugio di Pornito, Maranola (LT)
Dislivello: + 550 metri
Tempo: 3.15 ore a/r
Difficoltà: E
Periodo consigliato: tutto l’anno
Il viottolo, indicato dai segnavia 360, scavalca un costone roccioso e ci si affaccia sullo spettacolare vallone dominato dal Monte Altino e dalla Cima del Redentore. Si sale a mezza costa accanto a un’interminabile staccionata, si superano delle ripide svolte, poi si riprende a traversare fino all’antro dov’è la chiesa-santuario di San Michele, quasi sempre chiusa a chiave.
Altre svolte per un ripido pendio ghiaioso portano alla Sella Sola (1226 m), che è in realtà l’orlo dell’altopiano oltre il quale compaiono le vette più alte degli Aurunci. Verso destra, bastano pochi minuti per raggiungere la Cima del Redentore (1252 m, 1.30 ore) e la sua statua.
Il panorama dalla vetta include il Vesuvio, Ischia, Ventotene, Ponza e la costa da Pozzuoli a Gaeta.
Ridiscesi alla Sella Sola si riprende a salire per il largo crinale sovrastante, per tracce di sentiero indicato da segnavia bianco-rossi non sempre ben visibili. Il percorso è evidente. In breve si raggiunge la vetta del Monte Altino (1367 m, 0.30 ore), da cui il panorama si allarga verso le faggete del versante frusinate degli Aurunci, la Ciociaria e il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. In discesa si segue l’itinerario dell’andata (1.15 ore).
Dalla Preistoria alla Linea Gustav
La storia dell’uomo su questi monti è ricchissima, come raccontano i molti insediamenti preistorici, il lastricato della Via Appia romana, le ville e i sepolcri dei dintorni di Formia e le poderose fortezze medievali di Itri, Roccaguglielma e Maranola. Masserie e capanni di pastori degli Aurunci sono stati utilizzati, con pochi cambiamenti, dal Medioevo fino al secondo dopoguerra.
A rendere celebre la zona ha contribuito anche il brigantaggio, espressione del malcontento popolare che ha spesso assunto un carattere politico. Il suo protagonista più noto è stato Michele Pezza detto Fra’ Diavolo, che si batté contro le truppe francesi e venne impiccato a Napoli nel 1806. Durante la Seconda Guerra Mondiale, passava per i Monti Aurunci la Linea Gustav, sulla quale si è combattuto duramente tra il 1943 e il 1944. Trincee e postazioni sono visibili soprattutto intorno al Monte Fammera.
Come arrivare
Dal borgo di Maranola, che si raggiunge da Formia, si segue la stretta strada asfaltata che s’inerpica sui ripidi pendii degli Aurunci. Traversato un vallone il tracciato si alza a tornanti, torna a destra in una conca e porta al bivio di Campone, dove sono varie costruzioni e un’area da picnic. Altre svolte portano al posteggio (819 m, 6,6 km) del rifugio di Pornito, aperto con servizio di bar-ristorante dalla primavera all’autunno. Un cartello indica l’inizio del sentiero.
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