FotoNewsSpeciali

Come fotografare e proteggere l’attrezzatura quando fa freddo

Freddo, batterie scariche e condensa i principali “nemici” da sconfiggere quando il termometro scende sotto lo zero. Ecco come fare per evitare brutte sorprese

Nella stagione invernale sono molti i soggetti fotografici interessanti. Ho parlato di “fotografia invernale” in diversi capitoli di questa rubrica Fotografare in Montagna. Vi ho raccontato come si fotografano: paesaggi, alberi, impetuosi torrenti e animali durante una nevicata. In ogni caso, nella stagione fredda è sempre importante prestare molta attenzione alle condizioni meteo, non tanto per fotografare con il cielo azzurro e delle coreografiche nuvole bianche, ma soprattutto per usufruire al meglio dell’attrezzatura fotografica e per minimizzare i rischi di problemi o malfunzionamenti dovuti alle temperature basse. Sulle nostre Alpi e sugli Appennini non è poi così raro che le temperature scendano di diversi gradi sotto lo zero, a volte anche di 10, 20 o più, con buona pace dei tanti media che urlano il loro stupore, dichiarando i 30 sottozero nel placido comune di Rocca Pietore! Nulla di strano se si misura la temperatura in cima ai 3343 metri della Marmolada. Metto le mani avanti, evitando polemiche sulla “proprietà” della cima della regina delle Dolomiti che, da anni, è oggetto di una sorta di diatriba tra Trentino e Veneto. Per me, la Marmolada è la Marmolada! Senza limiti o classificazioni politiche. Non è colpa mia se, in TV, citano più spesso Rocca Pietore, rispetto a Canazei.   

Basse temperature, buone notizie

Che siate in cima alla Marmolada o meno, la buona notizia è che le fotocamere di oggi, mi riferisco soprattutto a reflex e mirrorless, reggono piuttosto bene le basse temperature. Ogni produttore dichiara il range di temperature entro le quali la fotocamera funziona regolarmente, rispettando le varie tabelle che ne descrivono le prestazioni, con riferimento ai gradi, alla velocità di scatto a raffica e così via. Prenderei questi dati con le molle, in verità. Non tanto per mancanza di fiducia, ma semplicemente perché è quasi impossibile che le condizioni di test e prove di funzionamento al freddo siano sempre le stesse o molto simili le une alle altre. Intervengono, infatti, anche altri fattori, come l’umidità, la tipologia di utilizzo e lo stato delle batterie. In linea di massima, si può dire che le fotocamere professionali reggano temperature intorno ai meno 30 o meno 40, con umidità inferiore a 80 / 85%, però. Non significa che all’86% la vostra fotocamera esploderà, però eviterei di metterla alla prova, in situazioni così estreme.  

Un notturno. Troppo facile con digitale, quindi vi presento uno scatto in pellicola, quando non potevi certo vedere il risultato, sin da subito. Le stelle sono lunghe, non puntiformi e il tempo di posa è di conseguenza piuttosto lungo, anche se poi questi fattori dipendono moto dalle condizioni ambientali e anche dalle impostazione della fotocamera. La pellicola era una Kodak Elite 100 iso. Il tempo di posa, per avere le stelle in striscia, era di circa 4 minuti. Un tempo lungo che, al freddo invernale, crea sicuramente problemi allo stato di carica della batteria. Già a circa 15 sottozero, la durata di carica tende a dimezzarsi. Nikon F90X; Nikkor 80-200 2,8 AFD; Il gruppo Rosetta e Becca d’Aran, dalla Valtournenche.
Un notturno. Troppo facile con digitale, quindi vi presento uno scatto in pellicola, quando non potevi certo vedere il risultato, sin da subito. Le stelle sono lunghe, non puntiformi e il tempo di posa è di conseguenza piuttosto lungo, anche se poi questi fattori dipendono moto dalle condizioni ambientali e anche dalle impostazione della fotocamera. La pellicola era una Kodak Elite 100 iso. Il tempo di posa, per avere le stelle in striscia, era di circa 4 minuti. Un tempo lungo che, al freddo invernale, crea sicuramente problemi allo stato di carica della batteria. Già a circa 15 sottozero, la durata di carica tende a dimezzarsi. Nikon F90X; Nikkor 80-200 2,8 AFD; Il gruppo Rosetta e Becca d’Aran, dalla Valtournenche.

Una raffica differente

Personalmente non scatto quasi mai utilizzando la raffica, ovvero la possibilità della fotocamera di scattare parecchie foto al secondo. Preferisco sempre avere il perfetto (quasi) controllo di ogni singolo scatto. Per gli appassionati di fotografia di animali o avifauna, però, lo scatto a raffica è sicuramente molto utile, secondo le proprie idee e abitudini. Ecco…può essere che impostando 10 foto al secondo, magari, la vostra reflex o mirrorless sia un po’ più pigra del solito e vi consenta di ottenere qualche immagine in meno. Questa “problematica” può essere causata anche dalle batterie.

Lo stato della batteria, o meglio delle batterie

La resa di alcune tipologie di batterie cala alle basse temperature. Vale per tutti gli strumenti che utilizzano energia elettrica, anche per gli smartphone e per le macchine fotografiche e pure per le auto. L’importante è muoversi con la batteria ben carica e con una scorta di una o due, da conservare in una tasca vicino al proprio corpo, dove la temperatura dovrebbe essere meno gelida. E’ anche importante lo stato di usura della batteria stessa. Ogni batteria, infatti, è progettata per un certo numero di cicli di ricarica, al termine dei quali la sua resa energetica tende a diminuire progressivamente. Come fare, quindi, per allungare la vita delle proprie batterie? Non lasciarle in carica per un tempo più lungo del necessario, caricarla solo quando è parecchio scarica. Molte fotocamere, nel loro menu, consentono di verificare lo stato di usura della batteria. Non è uno strumento matematicamente efficace, però può essere un riferimento utile. Non è un caso, infatti, che i rivenditori di materiale usato non forniscono la garanzia delle batterie delle varie fotocamere. Per risparmiare un po’ di energia è possibile usare con parsimonia il live view, togliere lo stabilizzatore e, in casi estremi, mettere a fuoco a mano, senza autofocus, oppure cercare un buon rifugio e mettere le gambe sotto al tavolo!

Condensa, il vero problema 

E proprio mente entriamo nel suddetto caldo e buon rifugio, ecco formarsi uno strano e curioso strato di umidità sulla nostra preziosa attrezzatura fotografica: è la famigerata condensa! Capita anche quando si esce da un posto caldo, all’esterno, al freddo. E’ questo il maggior pericolo per fotocamera e obiettivi. Entrando in un ambiente caldo, provenendo da uno freddo (o viceversa), come l’esterno, si può formare questa “patina di umidità”. La cosa migliore è non scattare per qualche minuto, finché l’attrezzatura non si adatta alla differenza di temperatura. Sicuramente la cosa peggiore che possiamo fare è cambiare l’obiettivo, lasciando il sensore esposto facendo sì che la condensa si addensi anche al suo interno. Una precauzione, prima di entrare al caldo, è riporre l’attrezzatura nello zaino o nella borsa fotografica e poi attendere qualche minuto, o qualche decina di minuti o molto di più, a seconda della differenza di temperatura e soprattutto della percentuale di umidità. Il vero problema, però, non è tanto la condensa che si vede all’esterno, abbarbicata alla carrozzeria della fotocamera, ma quella che eventualmente potrebbe insinuarsi all’interno, nei circuiti elettronici della strumentazione e creare aloni all’interno delle lenti delle ottiche. Il problema è quindi dovuto alle variazioni di temperatura che si possono mitigare con passaggi graduali: per esempio posare l’attrezzatura nell’atrio di casa e farla stazionare in loco per un po’ di tempo, prima di rientrare nella propria calda e confortevole abitazione. Attenzione! Se vivete in condominio e avete un atrio comune, la probabilità che, al vostro ritorno, non troverete più alcuna fotocamera non è certo da sottovalutare! “Valla” a spiegare al ladro che se si forma la condensa la fotocamera si rovina e non può certo più essere riutilizzata o venduta!

Scarterei anche la possibilità di spegnere il riscaldamento in casa, così da diminuire la differenza di temperatura. La fotocamera e l’ambiente ringrazieranno, ma la vostra famiglia non tanto! Rischiate di trovarvi fuori, magari sul balcone se siete fortunati, con la vostra preziosa attrezzatura in mano e, ottima cosa, senza rischio di condensa. Qualcuno utilizza dei sacchetti gelo, per riporvi l’attrezzatura (come quelli per il freezer) appena prima di rientrare al caldo, con dentro delle bustine di silica gell che “assorbono” l’umidità. Si narra anche di strane leggende, tra le quali, quella del fotografo Norbert Rosing, specializzato in ambienti artici, che lasciava la propria attrezzatura all’esterno del suo igloo, in modo da eliminare il problema della condensa. Tanto lì non passa nessuno a rubare l’attrezzatura! Senza arrivare a situazioni così estreme, devo dire che in tanti anni di fotografia invernale non ho mai avuto gravi problemi. In caso di condensa, ho atteso una mezzoretta, prima di riutilizzare la fotocamera. L’unico vero problema da freddo, l’ho avuto con il blocco dell’otturatore di una Nikon FE, dopo una gelida notte nell’invernale del Rifugio Vittorio Emanuele (25 / 30 sottozero), in Valsavarenche. Ho potuto comunque continuare a scattare, utilizzando il tempo meccanico di 1/90 di secondo che ha funzionato correttamente. Qualche problema col motore di trascinamento di Nikon F90X e Nikon F5, a 20 sottozero che, comunque, hanno fatto egregiamente il loro dovere, senza mai bloccarsi. Nessun inconveniente, invece, con le Nikon D800, D810 e D850, anche se io uso raramente il live view e quasi mai lo scatto a raffica. Ho registrato, invece, un consumo di batteria molto più elevato, con le mirrorless di Fujifilm, negli anni, le varie XE1, XT2 e XT3. Niente di invalidante, però, o di strano, visto che il mirino elettronico tende a consumare più energia. 

Il gelo dell’altipiano delle Pale, in pieno inverno. Nessun problema di condensa. Non ci sono luoghi caldi aperti in cui entrare. E’ tutto chiuso! Nikon D800; Nikkor 24-120 f4 AFG; focale 35 mm. Temperatura molto sotto zero.
Il gelo dell’altipiano delle Pale, in pieno inverno. Nessun problema di condensa. Non ci sono luoghi caldi aperti in cui entrare. E’ tutto chiuso! Nikon D800; Nikkor 24-120 f4 AFG; focale 35 mm. Temperatura molto sotto zero.

Lo strano caso dello strappo della pellicola 

Per chi utilizza la pellicola, è necessario prestare attenzione al riarmo dell’otturatore. Se avete una fotocamera senza il motore di trascinamento, dopo lo scatto, dovrete riarmare l’otturatore, facendo scorrere il rullino al fotogramma successivo, pronto per essere impressionato. Se la temperatura è molto sotto lo zero, potrebbe capitare che il rullino si spezzi. Mi è capitato sul massiccio del Sella, con una fotocamera panoramica Horizon 202, il cui sistema di caricamento dell’otturatore è, in effetti, piuttosto macchinoso. Un rumore sordo di strappo e il gioco è fatto…Un modo per ovviare al problema può essere quello che cercare di muovere molto armonicamente e docilmente la levetta di ricarica dell’otturatore.     

Giusto per ricordare che la montagna stupisce sempre, così come il suo clima e le sue temperature: una panoramica in pellicola, scattata con la fotocamera Horizon 202, meccanica e piuttosto robusta. Nonostante la stagione estiva, la giornata era molto fredda, con temperature sotto lo zero, anche per la quota vicina ai 3000 metri dell’altipiano del Sella. Appunto…era freddo e la pellicola si è letteralmente spezzata, durante l’operazione di carica dell’otturatore e avanzamento del rullino. Questa è l’ultima foto che ho scattato in giornata. Poi, ho aperto il dorso della Horizon, in camera oscura, e ho recuperato parte delle foto già impressionate. Ho parlato di questa fotocamera specifica, anche in “La Fotografia panoramica di montagna con la tecnica dello stitching”
Giusto per ricordare che la montagna stupisce sempre, così come il suo clima e le sue temperature: una panoramica in pellicola, scattata con la fotocamera Horizon 202, meccanica e piuttosto robusta. Nonostante la stagione estiva, la giornata era molto fredda, con temperature sotto lo zero, anche per la quota vicina ai 3000 metri dell’altipiano del Sella. Appunto…era freddo e la pellicola si è letteralmente spezzata, durante l’operazione di carica dell’otturatore e avanzamento del rullino. Questa è l’ultima foto che ho scattato in giornata. Poi, ho aperto il dorso della Horizon, in camera oscura, e ho recuperato parte delle foto già impressionate. Ho parlato di questa fotocamera specifica, anche in “La Fotografia panoramica di montagna con la tecnica dello stitching”

Ultime precauzioni: non respirate! 

Ovviamente non possiamo fotografare in apnea! Mica siamo subacquei! Nel caso il problema maggiore sarebbe la salsedine, ma stiamo veramente andando fuori tema. E’ opportuno respirare lontano da lenti e fotocamera. E’ sufficiente non alitarci sopra direttamente, creando condensa.  

Il gelo della Val Ferret e anche l’umidità, visto i bellissimi arabeschi di galaverna sulla vegetazione. L’umidità è dovuta anche al fatto che il soggetto si trova sulle rive del torrente. Nikon D810; Sigma 15 2,8 AFD; f 16; 1/125; iso 100
Il gelo della Val Ferret e anche l’umidità, visto i bellissimi arabeschi di galaverna sulla vegetazione. L’umidità è dovuta anche al fatto che il soggetto si trova sulle rive del torrente. Nikon D810; Sigma 15 2,8 AFD; f 16; 1/125; iso 100

E se nevica?  

Se sta nevicando non sarà poi così freddo. Il problema è che neve e attrezzatura fotografica non vanno molto d’accordo. E’ necessario, quindi, asciugare frequentemente il tutto, facendo soprattutto attenzione alle ottiche zoom che, estendendosi e poi accorciandosi potrebbero portare umidità e neve all’interno, magari anche sul sensore. Sono anche questi casi piuttosto rari, comunque. Attenzione anche agli interstizi della fotocamera, presenti dove ci sono i vari pulsanti.  

In valle di Braies, una delle zone più fredde delle Alpi e delle Dolomiti. Il problema certo non era per l’attrezzatura, ma per il fotografo e per le mani. Scattare con i guanti è sempre piuttosto complicato, soprattutto con le fotocamere moderne, in particolar modo con alcune mirrorless che hanno tasti piccoli e miniaturizzati. Non tutte, certo. Nikon D810; Sigma 15 2,8 AFD; f 16; 1/250; iso 64. Il diaframma chiuso consente di ottenere il sole a stella. In quei giorni, in Val Pusteria e limitrofi, le temperature oscillavano tra i meno 10 e i meno 15 e, comunque, non sono mai salite sopra lo zero.
In valle di Braies, una delle zone più fredde delle Alpi e delle Dolomiti. Il problema certo non era per l’attrezzatura, ma per il fotografo e per le mani. Scattare con i guanti è sempre piuttosto complicato, soprattutto con le fotocamere moderne, in particolar modo con alcune mirrorless che hanno tasti piccoli e miniaturizzati. Non tutte, certo. Nikon D810; Sigma 15 2,8 AFD; f 16; 1/250; iso 64. Il diaframma chiuso consente di ottenere il sole a stella. In quei giorni, in Val Pusteria e limitrofi, le temperature oscillavano tra i meno 10 e i meno 15 e, comunque, non sono mai salite sopra lo zero.

Tropicalizzazione?  

Due parole sulla tropicalizzazione. Alcuni obiettivi e alcune fotocamere sono definite “tropicalizzate” . Potete usarle ai topici? Sì anche. Non c’entra nulla, però! Non è una definizione letterale. Per tropicalizzazione, invece, si intende un sistema di protezione da sabbia, polvere, umidità, salsedine, pioggia ed eventi catastrofici vari (non proprio, sto esagerando). Ogni interstizio è protetto e isolato dall’esterno. In linea di massima, quindi, una fotocamera o un obiettivo tropicalizzato sono robusti e affidabili. Le varie case produttrici, però, non sempre sono chiare sul significato e sulle doti di protezione della loro tropicalizzazione. Questo solo per dire che, in definitiva, è sempre opportuno cercare di prestare attenzione al proprio materiale anche se definito tropicalizzato.  

Nei pressi del Passo Valles. Non cambiate l’ottica! Freddo, vento, nevischio e polvere di neve svolazzano per ogni dove, con il solo scopo di insinuarsi nel vostro sensore! Lasciare scoperto il sensore, mentre si cambia l’ottica, è sicuramente un problema. Meglio evitare. In questi casi può essere utile utilizzare uno zoom tuttofare, tipo un 24-120 o un 28-200 o similari. Nikon D800; Nikkor 70-200 mm f/4; 1/800 sec; f/8; iso 200.
Nei pressi del Passo Valles. Non cambiate l’ottica! Freddo, vento, nevischio e polvere di neve svolazzano per ogni dove, con il solo scopo di insinuarsi nel vostro sensore! Lasciare scoperto il sensore, mentre si cambia l’ottica, è sicuramente un problema. Meglio evitare. In questi casi può essere utile utilizzare uno zoom tuttofare, tipo un 24-120 o un 28-200 o similari. Nikon D800; Nikkor 70-200 mm f/4; 1/800 sec; f/8; iso 200.

Ho parlato di protezione dell’attrezzatura fotografica, non necessariamente in inverno, anche in questo capitolo: Come proteggere l’attrezzatura fotografica durante un’escursione in montagna. 

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close