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Come proteggere l’attrezzatura fotografica durante un’escursione in montagna

Consigli, rimedi e precauzioni per preservare fotocamera, obiettivi e accessori da intemperie, eventi poco prevedibili ed errori di distrazione

La ferrata allo Zucco di Sileggio, in zona Lecco, è veramente piacevole e divertente: tratti attrezzati con corde fisse e gradini di ferro si alternano a punti di sentiero più semplici, sempre a contatto con le rocce chiare di queste montagne che sovrastano il Lago di Como. Il punto finale richiede di superare un passaggio piuttosto aereo con due scale consecutive che portano alla vetta. Un ultimo sforzo. Il passaggio tra una scaletta e l’altra è il punto più delicato. Con attenzione stacco il moschettone di destra, dalla prima scala e lo aggancio alla scala successiva. Guardo giù, per vedere dove si trova Michelangelo e, improvvisamente, una pietra scivola: sassooooo! Questione di un attimo e mi rendo conto che la pietra, in realtà, altro non è che la mia fotocamera; un crepitio sinistro annuncia il termine del plastico volo, la caduta rovinosa della piccola compatta, a pellicola, Fujifilm e la conseguente apertura del dorso, con il rullino di diapositive che si espone, irrimediabilmente, alla luce, rendendo inutili gli scatti ottenuti durante la salita. La fotocamera era in una mini custodia, attentamente legata all’imbragatura. Infatti la suddetta custodia è rimasta saldamente agganciata. E’ la fotocamera che è “uscita” dal suo contenitore volando verso il basso, non sono certo io che ho perso la presa e l’ho lasciata cadere. Questo, però, è proprio un caso sfortunato, almeno credo. Uno dei tanti infortuni di materiale fotografico che hanno costellato il mio girovagare per monti e valli, tra ottiche, fotocamere distrutte o danneggiate. Queste, però, sono altre storie. D’altronde, fotografare in esterni, soprattutto in montagna, significa esporre la propria attrezzatura a qualche rischio, dovuto magari a disattenzione, ma anche agli elementi. Più che elencare i numerosi danni alle mie strumentazioni, in anni e anni di utilizzo professionale, proverei a raccontarvi come evitare problemi e come minimizzare il rischio. 

Stoccaggio in borsa o zaino

Che scegliate uno zaino fotografico, una borsa fotografica o un marsupio assicuratevi che l’attrezzatura sia ben riposta negli scomparti e che non balli e non si muova all’interno degli stessi. Durante una camminata, fotocamera e obiettivi sono sottoposti a parecchi sbalzi. Se lo stoccaggio negli scomparti non è adeguato (per esempio scomparti troppo larghi) il continuo ondeggiare può danneggiare la strumentazione. Assicuratevi che i tappi degli obiettivi, anteriore e posteriore, siano ben saldi. Se, invece, utilizzate uno zaino da montagna e riponete ottiche e fotocamere nelle tasche laterali o avvolte, per esempio, in indumenti, prestate ancora più attenzione. Se vi viene freddo e vi serve la giacca, è un attimo dimenticarsi che l’avete usata per avvolgere il vostro prezioso zoom 70-200 che volerà allegramente a terra. Esistono anche custodie singole, per ogni ottica, utili se volete riporre l’attrezzatura nello zaino da montagna. Per approfondire l’argomento zaino, borsa o similari, puoi guardare questo capitolo: Hai un mulo per trasportare fotocamere e obiettivi?

Spallacci, lacci e cerniere 

Sembra banale, ma qualsiasi sia il contenitore per l’attrezzatura fotografica, è importante controllare, periodicamente, lo stato di spallacci, cinghie e cerniere. In una delle mie borse fotografiche, per esempio, ho sostituito, gli agganci di plastica, tra la borsa e la tracolla, con dei robusti moschettoni. La plastica, negli anni, tende a consumarsi, così come le cerniere, soprattutto quelle di tasche voluminose. Se avete lo zaino fotografico in spalla e si apre da sola la cerniera principale.  

Ho sostituito i ganci di plastica, tra tracolla e borsa, con dei moschettoni robusti e sicuri. Se avete la borsa in spalla e si stacca la tracolla…
Ho sostituito i ganci di plastica, tra tracolla e borsa, con dei moschettoni robusti e sicuri. Se avete la borsa in spalla e si stacca la tracolla…

Armor e sacchetti di plastica

Portare dei sacchetti di plastica da utilizzare in caso di forte pioggia può essere utile per avvolgere ottiche e macchine fotografiche durante l’uso. In caso di forti temporali o precipitazioni notevoli, si può avvolgere l’intera borsa fotografica e riporla poi nello zaino da montagna, aumentando così la protezione. Una volta a casa o all’asciutto, è opportuno controllare l’attrezzatura ed eventualmente asciugarla o comunque verificarne lo stato. Io, in genere, tolgo tutto il materiale dallo zaino per “farlo respirare”. Esistono anche apposite custodie, dette “armor” (armature) dedicate, in maniera specifica, ad alcune macchine fotografiche che, in materiale gommoso, le proteggono dagli urti. 

Pessima giornata per un’escursione, ma sicuramente spunto interessante per suggestivi scatti in bianco e nero. In questi casi ripongo sempre la fotocamera al sicuro, nello zaino, magari avvolgendo la borsa con un sacchetto di plastica. Pic d’Asti, Val Varaita. Nikon D850; Nikkor 70-200 2,8 AFG. Conversione in bianco e nero, con Silver Efex Pro.
Pessima giornata per un’escursione, ma sicuramente spunto interessante per suggestivi scatti in bianco e nero. In questi casi ripongo sempre la fotocamera al sicuro, nello zaino, magari avvolgendo la borsa con un sacchetto di plastica. Pic d’Asti, Val Varaita. Nikon D850; Nikkor 70-200 2,8 AFG. Conversione in bianco e nero, con Silver Efex Pro.

Attenzione alle cose 

In generale è sempre opportuno prestare attenzione ai proprio materiali che, però, sono fatti per essere utilizzati! Quindi non facciamoci prendere da momenti di “terrorismo psicologico” e usufruiamo del nostro materiale. Spesso è sufficiente semplicemente prestare attenzione. Non appoggiare, per esempio, la fotocamera sulle rocce nei torrenti che possono essere infide e scivolose, asciugarla se piove o nevica, riporla nello zaino se le precipitazioni sono eccessive, oppure non utilizzare un treppiede poco stabile. Se vuoi approfondire l’uso del treppiede, ne ho parlato in questi due capitoli: Fotografare con il treppiede e altre tipologie d’appoggio e Fotografare in montagna con un treppiede piccolo piccolo.

La F90x nel torrente. In Valtournenche, in una forra del torrente Marmore. Inverno 2002. Fa un freddo boia, tra neve, ghiaccio e le cascatelle di questo impetuoso torrente valdostano. La mia F90x scatta allegramente, nonostante i 20 gradi sottozero. Ok...il motore di trascinamento della pellicola non è proprio arzillo, ma, con un verso strano, comunica acusticamente tutto lo sforzo climatico che deve sostenere. Però tutto funziona bene. Sto fotografando una serie di cascatelle con stalattiti e parti ghiacciate. Bei momenti, sino all'urlo di dolore, con vari improperi incorporati ed espressioni colorite, per nulla in bianco e nero, del sottoscritto. Un attimo di distrazione, un rapido scivolone su infido verglass che ricopre le rocce del torrente e la caduta, con conseguente e dolorosissimo atterraggio sulla rotula. In quel momento ero pronto a giurare di essermi frantumato una gamba, con annessi e connessi. Un forte dolore, subito mitigato dalla vista della mia Nikon F90x docilmente appoggiata ad una roccia, mezza sommersa dall'acqua, con lo sportello aperto e la pellicola diapositiva ben esposta alla luce, quindi "bruciata" per la parte visibile, anzi pure bagnata. Buone notizie, comunque...non mi sono rotto nulla e, soprattutto, la mia reflex non si è per nulla guastata. Opportunamente asciugata, dopo qualche ora al caldo, ha ripreso a funzionare come nulla fosse. L'acqua dolce perdona. Ovvio, è necessario specificare che il corpo non era totalmente sommerso, ma solo appoggiato sul fondello. Fantastica questa fotocamera, una delle migliori di Nikon, tra le macchine a pellicola.
La F90x nel torrente. In Valtournenche, in una forra del torrente Marmore. Inverno 2002. Fa un freddo boia, tra neve, ghiaccio e le cascatelle di questo impetuoso torrente valdostano. La mia F90x scatta allegramente, nonostante i 20 gradi sottozero. Ok…il motore di trascinamento della pellicola non è proprio arzillo, ma, con un verso strano, comunica acusticamente tutto lo sforzo climatico che deve sostenere. Però tutto funziona bene. Sto fotografando una serie di cascatelle con stalattiti e parti ghiacciate. Bei momenti, sino all’urlo di dolore, con vari improperi incorporati ed espressioni colorite, per nulla in bianco e nero, del sottoscritto. Un attimo di distrazione, un rapido scivolone su infido verglass che ricopre le rocce del torrente e la caduta, con conseguente e dolorosissimo atterraggio sulla rotula. In quel momento ero pronto a giurare di essermi frantumato una gamba, con annessi e connessi. Un forte dolore, subito mitigato dalla vista della mia Nikon F90x docilmente appoggiata ad una roccia, mezza sommersa dall’acqua, con lo sportello aperto e la pellicola diapositiva ben esposta alla luce, quindi “bruciata” per la parte visibile, anzi pure bagnata. Buone notizie, comunque…non mi sono rotto nulla e, soprattutto, la mia reflex non si è per nulla guastata. Opportunamente asciugata, dopo qualche ora al caldo, ha ripreso a funzionare come nulla fosse. L’acqua dolce perdona. Ovvio, è necessario specificare che il corpo non era totalmente sommerso, ma solo appoggiato sul fondello. Fantastica questa fotocamera, una delle migliori di Nikon, tra le macchine a pellicola.

Tropicalizzazione

Fotocamere di fascia alta e alcune ottiche di qualità possono usufruire della tropicalizzazione. Hanno, infatti, specifiche sigillature e protezioni in tutte le guarnizioni e negli spazzi tra i pulsanti e le altre parti della carrozzeria, e tra le ghiere. Resistono bene in caso di umidità, sabbia, pioggia e neve. In realtà è bene ricordare che le fotocamere e le ottiche non hanno esattamente un’affinità elettiva con l’acqua. Il punto critico rimane comunque l’attacco tra ottica e fotocamera e, ovviamente il sensore. 

Una Nikon D800, robusta, professionale, tropicalizzata e “scassata”. Dopo una sessione fotografica sotto la pioggia, ha iniziato ad accusare problemi al sensore, con foto verdi, totalmente verdi. Bene, invece, il 24-70 AFG 2,8 che continua a funzionare bene.
Una Nikon D800, robusta, professionale, tropicalizzata e “scassata”. Dopo una sessione fotografica sotto la pioggia, ha iniziato ad accusare problemi al sensore, con foto verdi, totalmente verdi. Bene, invece, il 24-70 AFG 2,8 che continua a funzionare bene.

Fotocamere Rugged

Avete due mani come due tenaglie? Siete dei terminator di attrezzatura fotografica? Amate scattare in situazioni difficili, nei torrenti e in condizioni meteo tremende? Esistono delle fotocamere compatte, dette RUGGED, che sono protette in particolar modo dai fattori atmosferici, possono essere usate in acqua; non sono vere subacquee, ma resistono per 4, 5, 10 metri a seconda del modello. Caratteristica più che sufficiente anche per rafting o torrentismo. Alcuni produttori garantiscono che possono resistere anche a cadute di qualche metro. Io non verificherei… 

Panoramica in pellicola, scattata con la fotocamera Horizon 202, meccanica e piuttosto robusta. Nonostante la stagione estiva, la giornata era molto fredda, anche per la quota vicina ai 3000 metri dell’altipiano del Sella. Appunto…era freddo e la pellicola si è letteralmente spezzata, durante l’operazione di carica dell’otturatore e avanzamento del rullino. Questa è l’ultima foto che ho scattato in giornata. Poi, ho aperto il dorso della Horizon, in camera oscura, e ho recuperato parte delle foto già impressionate. Ho parlato di questa fotocamera specifica, anche in “La Fotografia panoramica di montagna con la tecnica dello stitching”
Panoramica in pellicola, scattata con la fotocamera Horizon 202, meccanica e piuttosto robusta. Nonostante la stagione estiva, la giornata era molto fredda, anche per la quota vicina ai 3000 metri dell’altipiano del Sella. Appunto…era freddo e la pellicola si è letteralmente spezzata, durante l’operazione di carica dell’otturatore e avanzamento del rullino. Questa è l’ultima foto che ho scattato in giornata. Poi, ho aperto il dorso della Horizon, in camera oscura, e ho recuperato parte delle foto già impressionate. Ho parlato di questa fotocamera specifica, anche in “La Fotografia panoramica di montagna con la tecnica dello stitching”

Filtro di protezione e paraluce 

E’ importante proteggere le lenti degli obiettivi, usando filtri neutri di protezione, per evitare di bagnarli. I puristi protesteranno facendo notare che l’applicazione di un ulteriore superficie davanti all’ottica ne abbassa leggermente la qualità. Tutto vero, ma anche cadute accidentali, gocce d’acqua, crepe e squarci sulle lenti creano non pochi problemi alla nitidezza delle nostre preziose ottiche! Il decadimento di qualità, tra l’altro, è impercettibile. E, comunque, se siete davanti alla foto della vostra vita, basta svitare il filtro. Anche il paraluce, oltre alla sua normale funzione, contribuisce a proteggere le lenti dell’obiettivo. In caso di urto accidentale, infatti, diventa un elemento di protezione fisica dell’ottica. 

Se non c’è non si rompe

E’ un concetto un po’ estremo, in effetti, come per le auto: se non hai vetri e specchietti elettrici, non si può guastare il motore di servizio. Alcune fotocamere mirrorless, ma anche alcune reflex entry level non sono proprio robustissime. Il monitor posteriore orientabile è efficace e comodo, ma più fragile. Obiettivo con l’utilissimo stabilizzatore e con motore di messa a fuoco interna sono più fragili di ottiche più semplici ed essenziali, di qualche anno fa. Una Nikon FM2 o una Pentax K1000 erano, e sono, fotocamere robustissime, meccaniche. Zoom che estendono di molto il proprio barilotto sono più fragili degli altri. Districatevi voi da considerazioni e luoghi comuni.    

Caldo e freddo  

Bella gita! Il sole caldo spunta tra le guglie di roccia e invita ad una pausa, con un panino, un po’ d’acqua e una bella pennica sull’erba, con lo zaino usato a mo’ di cuscino. E la fotocamera? Anche lei adagiata sul bel prato fiorito; anche lei al sole. Provate a toccare la carrozzeria, per lo più nera, della vostra macchina fotografica, dopo averla esposta al calore di un bel sole limpido, magari anche a quote medio alte: sarà bella calda! Anche troppo. Non potendo metterle la crema da sole, meglio riporla nello zaino. A volte basta proteggerla, coprendola con una felpa o una camicia. Anche il freddo può creare qualche problema, anche se le fotocamere moderne sono in grado di funzionare egregiamente anche con diversi gradi sotto lo zero. Sicuramente le batterie diventano meno performanti e durano molto di meno, un fattore da tenere presente, munendosi di una batteria di riserva, soprattutto per le mirrorless che tendono, in genere, a consumare molto di più delle reflex. Il nemico peggiore, però, è la condensa. Entrando da un ambiente freddo a uno caldo, per esempio in un rifugio, si forma quella leggera patina di umidità che ricopre l’attrezzatura. E’ sufficiente aspettare qualche minuto, senza usare la fotocamera, e il fenomeno scomparirà. Non cambiate mai l’ottica quando la fotocamera è coperta dalla condensa che si insinuerebbe anche sul sensore.

Proteggere il sensore 

Questa estate, sulle Pale di San Martino, ho assistito all’impetuoso soffio, tipo Eolo sull’Olimpo, di un’escursionista che soffiava sul povero sensore della sua Canon! Tanto valeva versarci sopra una secchiata d’acqua! Non fatelo mai! Il sensore va pulito solo con appositi strumenti e da persone competenti. In montagna, per evitare che si sporchi e che le immagini siano afflitte da punti neri e macchie, è necessario prestare attenzione al momento del cambio ottica: orientate la fotocamera verso il basso e, se c’è vento, proteggete il tutto con il vostro corpo. Anche la pulizia della borsa fotografica o dello zaino è importantissima, poiché se riponiamo la fotocamera in un luogo sporco, contribuiamo a far sì che polvere e simili si insinuino al suo interno.

In zona Livigno, fotografando le cascate di Val Nera. Classica situazione in cui, avvicinandosi alla cascata, è probabile che schizzi e gocce d’acqua bagnino l’attrezzatura. Attenzione, soprattutto, al cambio dell’ottica e alla protezione del sensore. Nikon D800; Nikkor 24-70 2,8 AFG, focale di 24 mm; f 11; 1/8; iso 64; treppiede.
In zona Livigno, fotografando le cascate di Val Nera. Classica situazione in cui, avvicinandosi alla cascata, è probabile che schizzi e gocce d’acqua bagnino l’attrezzatura. Attenzione, soprattutto, al cambio dell’ottica e alla protezione del sensore. Nikon D800; Nikkor 24-70 2,8 AFG, focale di 24 mm; f 11; 1/8; iso 64; treppiede.
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